Capire il nuoto con la fisica

Il nuoto è uno sport relativamente giovane e ancora in evoluzione. Le tecniche di nuotata moderne si sono evolute in anni tutto sommato recenti e stanno ancora cambiando. Sebbene molti ricercatori si siano occupati dello studio del movimento del corpo umano nell'acqua, molto resta ancora da scoprire e diversi fenomeni devono ancora essere chiariti.

 

 

In questo articolo analizzeremo il nuoto dal punto di vista della fisica, con una particolare attenzione riguardo le proprietà fisiche dell'acqua, con le quali si deve confrontare il nuotatore: capire quali sono e come si comportano è molto importante per avere una comprensione più profonda riguardo a cosa sia il nuoto e, in ultima analisi, su quali aspetti ci si deve concentrare per migliorare le proprie prestazioni.

Spinta verticale statica

Quando un corpo viene immerso in un fluido, ne sposta una quantità pari al suo volume (se vi immergete in una vasca piena d'acqua, il livello di acqua nella vasca aumenta perché avete spostato una quantità di acqua pari al vostro volume). Ogni corpo immerso in un fluido è soggetto alla spinta di archimede: una forza diretta verso l'alto uguale al peso del fluido spostato. Il corpo galleggia se la forza di Archimede è maggiore della forza di gravità che spinge il peso verso il basso, al contrario affonda.

La forza di gravità agisce in un punto preciso del corpo umano: il centro di gravità. La forza di Archimede agisce in un punto diverso, il centro di volume. A seconda di dove si trovano questi punti l'effetto delle due forze sarà molto diverso. Come si vede nelle figure qui sotto, gli uomini tendono ad avere il centro di volume spostato più verso la testa, rispetto al centro di massa: l'effetto delle due forze combinate sarà quello di far affondare i piedi, e l'affondamento sarà tanto più pronunciato quando più distante sono i due punti di applicazione delle forze, visto che il punto di equilibrio si raggiunge quando sono allineate. Per quanto riguarda l'intensità della forza, e dunque la tendenza più o meno pronunciata ad affondare, le differenze riguardano soprattutto la composizione corporea, visto che i tessuti magri del corpo hanno una densità maggiore rispetto al grasso, dunque i soggetti con una massa grassa maggiore tenderanno a galleggiare meglio (perché hanno un maggior volume, a parità di peso, rispetto a una persona più magra).

 

 

Nel caso delle donne, accade il contrario (mediamente): il centro di massa è più spostato verso i piedi, ed è più vicino al centro di volume rispetto agli uomini. Come conseguenza, le gambe non affondano e in generale le donne hanno una maggior facilità nel mantenere una posizione orizzontale in acqua.

Galeggiamento

Un altro aspetto molto importante riguarda l'influenza delle parti del corpo che emergono dall'acqua. Qualunque parte del corpo non si trovi immersa, fa diminuire la spinta di Archimede, rendendo maggior le differenza tra la forza di gravità e la spinta idrostatica. Come conseguenza, il corpo tende ad affondare. Per questo motivo la posizione della testa è fondamentale durante la nuotata: iperestendendo la testa (guardando avanti invece di guardare il fondo) il corpo tende ad affondare (partendo dai piedi). Questo costringe il nuotatore ad utilizzare la gambata per generare la forza verticale necessaria al galleggiamento dei piedi... Ma si tratta evidentemente di uno spreco di energia! Purtroppo molti allenatori insegnano ancora a tenere la testa iperestesa, che guarda avanti, ma se osserviamo gli atleti di elite, si nota che tutti tengono la testa in posizione neutra, nascosta tra le spalle, nel naturale prolungamento della spina dorsale.

Un secondo aspetto interessante riguarda l'influenza della respirazione. Quando riempiamo i polmoni, aumentiamo il volume del tronco, senza aumentare il peso corporeo: come conseguenza, la forza di gravità rimane costante, ma la forza di galleggiamento aumenta. Ma attenzione: aumenta in corrispondenza del tronco, e non dei piedi, dunque il centro di volume si sposterà verso la testa, aggravando la tendenza a far affondare i piedi. Di questo si può tenere conto per adottare diversi stili di respirazione, a seconda degli stili. Nello stile libero, dove cerchiamo di mantenere una posizione orizzontale in acqua, è opportuno iniziare subito l'espirazione, evitando di avere i polmoni pieni in nessuna fase della nuotata. Nel delfino (o nella rana delfinata), al contrario, si ha un accentuato affondamento del petto immediatamente dopo la respirazione, causato dal movimento ondulatorio del corpo, che può giovare di una spinta idrostatica maggiore: in questo caso è opportuno trattenere il respiro ed eseguire l'espirazione violenta, immediatamente prima dell'inspirazione successiva.

Tecnica dorso

Spinta verticale dinamica

Un corpo che si muove nell'acqua è soggetto ad una forza verticale dovuta all'impatto dell'acqua sulle superfici del corpo: tale forza, chiamata spinta verticale dinamica, aumenta all'aumentare della velocità. Dunque più si nuota velocemente, è meno fatica si deve fare per galleggiare. Purtroppo, i principianti non possono sfruttare questo effetto: la loro scarsa velocità non produce una forza verticale dinamica utile per galleggiare, questo si somma alla loro scarsa capacità di galleggiamento e come conseguenza, spesso i principianti assumono una posizione obliqua in acqua (nuotano "in salita"), offrendo una grande superficie frontale che genera una elevata resistenza, la quale impedisce di aumentare la velocità. Questo circolo vizioso, che spesso impedisce al principiante di progredire, si può superare esercitando la gambata: aumentando la spinta delle gambe, si può ottenere una posizione orizzontale in acqua, il che consente di migliorare la tecnica e, successivamente, di ridurre la spinta di gambe necessaria per il galleggiamento.

 

 

Le donne, che hanno un galleggiamento migliore, non a caso consumano fino al 30% di energia in meno per nuotare, a conferma del fatto che nel nuoto una parte importante dell'energia viene impiegata per il galleggiamento.

Pressione idrostatica

Sott'acqua, la pressione aumenta di un'atmosfera (1 bar) ogni 10 metri di profondità. Il volume delle parti solide e liquide del corpo rimane identico, il volume dei gas, invece, si riduce all'aumentare della pressione. Quando ci immergiamo, l'aria contenuta nei polmoni si riduce di volume, e i polmoni di conseguenza. Come conseguenza, la spinta idrostatica diminuisce (diminuisce il volume del corpo): per questo motivo, se vogliamo rimanere seduti, immobili, sul fondo della piscina, dobbiamo espellere parzialmente l'aria contenuta nei polmoni, e sempre per lo stesso motivo è più facile scivolare sott'acqua a 2 metri di profondità, piuttosto che appena sotto la superficie dell'acqua. È anche per questo motivo che, nella tecnica moderna di nuotata, dopo il tuffo e le virate i nuotatori si spingono molto in profondità, cosa controproducente all'apparenza, perché di fatto allungano il tragitto, ma consente loro di scivolare meglio durante la subacquea.

Forza di resistenza dell'acqua

Imparare a gestire la forza di resistenza è la capacità più importante di un nuotatore. Senza la forza di resistenza dell'acqua, infatti, sarebbe impossibile generare le forze di propulsione, d'altro canto la stessa forza di resistenza è quella che limita la velocità del nuotatore, opponendosi all'avanzamento.

La resistenza va dunque cercata e massimizzata per generare la propulsione, va evitata e minimizzata per ridurre le forze frenanti durante la nuotata. Questi due aspetti opposti costruiscono il valore del nuotatore.

Usare la resistenza per la propulsione

Iniziamo parlando di come utilizzare la resistenza per generare le forze di propulsione. Alla base della propulsione c'è il principio di azione e reazione: all'azione di ogni forza, corrisponde una reazione uguale e contraria. Cioè se io sposto una massa di acqua in direzione contraria all'avanzamento, ottengo una spinta nella direzione di avanzamento, uguale e contraria alla forza di resistenza dell'acqua.

Tale principio è stato alla base della teoria del nuoto fino alla fine degli anni '60, quando J. Counsilman, grazie alle riprese video subacquee, notò che i suoi allievi eseguivano dei movimenti curvilinei con la mano, che lui non aveva mai insegnato (fino a quel momento, si insegnava ad eseguire la fase di trazione lungo una linea retta). Chiese una consulenza ad un ingegnere, il quale dimostrò che gli allievi di Counsilman, grazie ai movimenti curvilinei delle mani, generavano delle correnti in grado di sviluppare forze idrodinamiche che contribuivano alla propulsione. Il principio fisico che è alla base di questo fenomeno prende il nome di principio di Bernoulli, lo stesso che consente alle ali di un aereo di generare le forze per sollevare da terra i velivoli, o alle eliche delle navi di generare la propulsione.

Nel disegno vediamo una mano che si muove trasversalmente nell'acqua: l'acqua che passa sul dorso della mano esegue una traiettoria più lunga, e scorre quindi con una velocità maggiore rispetto all'acqua che passa sul palmo (visto che il tempo per arrivare dal pollice al mignolo è identico). Come conseguenza, si genera una depressione sul palmo e quindi una forza di spinta.

Galeggiamento

Dunque, la traiettoria curvilinea della mano che i campioni adottavano naturalmente, e che era apparentemente contro i principi della teoria del nuoto accettata fino ad allora, dipendeva dal fatto che i nuotatori sfruttavano il principio di Bernoulli? Non esattamente, o almeno non solo. In realtà la traiettoria curvilinea si spiega anche considerando solo il principio di azione e reazione: se la trazione avviene in linea retta, una volta messa in moto la massa d'acqua, questa non offre più una resistenza utile per l'avanzamento; se invece la mano si sposta lateralmente, andando a cercare masse di acqua ferme, riuscirà nel decorso del movimento a generare una propulsione molto più efficace.

L'ultimo aspetto da tenere in considerazione sono i vortici, masse d'acqua in rotazione che si generano durante la nuotata. Tali vortici generano una resistenza notevole e possono essere utilizzati per aumentare la resistenza necessaria per la propulsione, soprattutto nella gambata a rana e delfino.

Concludendo, la spinta propulsiva nel nuoto è generata da tre fattori: il principio di azione e reazione, il principio di Bernoulli e la resistenza offerta dai vortici, con un modello misto ancora in gran parte da studiare e capire nel dettaglio. Tuttavia, alcuni aspetti della tecnica di nuotata, per massimizzare la propulsione, sono ormai chiari:

  • la mano e il braccio devono essere il più possibile perpendicolari alla direzione di nuotata, tale posizione si ottiene tenendo il "gomito alto";
  • la traiettoria deve essere curvilinea;
  • la superficie di appoggio deve essere la maggiore possibile;
  • il movimento della mano e del braccio devono essere accelerati durante il decorso del movimento.

Minimizzare l'effetto frenante dell'acqua

L'acqua è un mezzo molto denso, per questo un corpo che si muove in acqua è soggetto ad una notevole resistenza, che varia con il quadrato della velocità. Questo significa che se vogliamo raddoppiare la nostra velocità, siamo costretti a vincere una resistenza quattro volte superiore. Questo concetto è alla base del fatto, spiegato nell'articolo sulle calorie consumate nel nuoto, che nuotando lentamente si consumano poche calorie. E da questo dipende anche il "muro" che si trovano di fronte molti nuotatori, a prescindere dallo sforzo profuso negli allenamenti.

Nel nuoto, ridurre le resistenze è più importante che aumentare le forze propulsive. E per diminuire le resistenze, bisogna migliorare la tecnica di nuotata!

La resistenza dell'acqua dipende da tre fattori.

Resistenza frontale: dovuta allo spostamento delle masse d'acqua in senso orizzontale, ma anche in senso verticale (sollevamento di masse d'acqua). Mettere in movimento questa massa d'acqua richiede energia, che si manifesta sottoforma di forza frenante (viene sottratta al movimento). Per ridurre la resistenza frontale, bisogna assumere una posizione piatta in acqua, in modo tale da occupare il cilindro più piccolo possibile nella direzione del movimento.

Resistenza di vortice: l'acqua che viene messa in movimento scorre lungo il corpo del nuotatore, e può farlo in modo "tranquillo", o generando turbolenze (vortici) che generano grande resistenza e vanno quindi evitati, per quanto possibile. Un corpo che si muove sott'acqua genera minori turbolenze (e di onde, vedi paragrafo precedente), per questo i tratti di nuotata subacquea vengono sempre sfruttati fino al limite imposto dal regolamento. Una posizione allungata in acqua e movimenti coordinati di braccia e gambe favoriscono il fluire tranquillo dell'acqua lungo il corpo.

Resistenza di attrito: dovuta alla composizione della superficie del corpo sul quale fluisce l'acqua, è il secondo motivo del successo dei costumoni (il primo , vietati dal 2011 nelle competizioni internazionali. La rasatura della pelle diminuisce l'attrito ed è per questo che i nuotatori agonisti si depilano.

 

 

 

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