Porfirie

Le porfirie sono un gruppo di malattie metaboliche rare, prevalentemente ereditarie, caratterizzate da difetti nella sintesi dell'eme.

 

 

A causa del blocco di questa via biosintetica, vi è un accumulo di precursori e prodotti intermedi, detti porfirine. Essi si depositano in vari organi, ma i distretti maggiormente interessati dalla patologia sono il sistema nervoso e la cute.

Cenni di biochimica dell'eme

L'eme è un composto chimico, contenente uno ione ferro, che funge da cofattore per diverse proteine di vitale importanza per l'organismo. Tra queste, le più importanti sono l'emoglobina e la mioglobina (che servono a immagazzinare ossigeno, nei globuli rossi e nel muscolo, rispettivamente) e i citocromi (una famiglia molto ampia di proteine con funzioni che vanno dalla produzione di ATP alla detossificazione di sostanze nocive endogene e esogene).

L'85% dell'eme corporeo viene prodotto dai precursori dei globuli rossi, per formare l'emoglobina; il restante 15% viene sintetizzato nelle cellule del fegato, per formare i citocromi.

La biosintesi dell'eme avviene in 8 tappe, di cui la prima e le ultime tre avvengono nel mitocondrio, mentre le restanti quattro avvengono nel citoplasma. Ognuna di queste 8 reazioni è catalizzata da uno specifico enzima e il deficit di ognuno di essi si associa ad una determinata forma di porfiria, peraltro con notevole eterogeneità a livello molecolare.

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Il blocco di una qualsiasi delle tappe causa un accumulo di precursori a monte, che si riversano nel sangue e nei vari tessuti e vengono escreti nelle urine e nelle feci.

Se il difetto enzimatico avviene in una delle prime tappe si hanno soprattutto manifestazioni neurologiche, dolore addominale  e debolezza muscolare.

Se si accumulano precursori tardivi, per difetti molecolari nelle tappe finali, i sintomi principali sono a carico della cute.

Classificazioni delle porfirie

Le porfirie possono essere classificate in vari modi, ad esempio in base a quale degli 8 enzimi della via sintetica dell'eme è coinvolto.

 

 

Oppure si possono classificare in base all'origine del precursore in eccesso in porfirie eritropoietiche e porfirie epatiche.

Tuttavia, la classificazione più utile è quella che prende in considerazione gli aspetti clinici della malattia e suddivide le porfirie in 2 categorie:

  • porfirie acute, caratterizzate da sintomi neurologici e viscerali;
  • porfirie cutanee, caratterizzate da fotosensibilità (ovvero la tendenza a sviluppare delle lesioni cutanee in seguito all'esposizione al sole).

Qui di seguito verranno descritte le due forme più frequenti di porfiria: la porfiria acuta intermittente (facente parte della prima categoria) e la porfiria cutanea tarda (facente parte della seconda).

Porfiria acuta intermittente

Nonostante sia una delle forme di porfiria più frequenti, rimane una malattia molto rara, con un tasso di incidenza di 5 nuovi casi su 100.000 persone all'anno.

È dovuta ad un deficit (di solito parziale) a carico dell'enzima porfobilinogeno deaminasi (2^ tappa della sintesi dell'eme).

Solitamente si manifesta nelle donne, dopo la pubertà, in particolare nella seconda metà del ciclo mestruale, quando il progesterone è più elevato.

Oltre al progesterone, altri fattori in grado di scatenare gli attacchi sono gli estrogeni e altri steroidi, l'alcool, diete ipocaloriche e ipoglucidiche (cioè con pochi carboidrati), interventi chirurgici, infezioni e molte classi di farmaci (tra cui antibiotici, antiinfiammatori e quasi tutti gli antiepilettici).

Dal punto di vista sintomatologico, può essere molto disabilitante, ma raramente è letale. Di solito si presenta con una forma cronica latente, intervallata da alcune riacutizzazioni.

 

 

Gli attacchi acuti si sviluppano nell'arco di ore-giorni, e possono persistere per ore-settimane.

I sintomi sono dovuti agli effetti sul sistema nervoso e la cute non è interessata.

Sono frequenti le manifestazioni addominali, dovute agli effetti sui nervi dei visceri: il dolore è cosi intenso da simulare un addome acuto (quadro clinico caratterizzato da sintomatologia molto intensa e acuta, conseguente a patologie come la perforazione gastrointestinale, la colecistite, l'appendicite, la pancreatite…) e può associarsi a nausea, stipsi, diarrea, distensione addominale.

Tuttavia, ciò che deve spingere a sospettare una porfiria è la sintomatologia soggettiva molto importante, in mancanza di segni obiettivi eclatanti di patologia addominale in atto.

Spesso è presente una neuropatia motoria, con debolezza muscolare, che di solito inizia alle spalle e alle braccia e può coinvolgere ogni motoneurone, compresi i nervi cranici. Più rare sono le paralisi dei muscoli respiratori, un evento grave che può comportare la morte.

Di frequente, vengono riscontrati dei sintomi psichiatrici (depressione, ansia, deliri) e, data la relativa rarità delle porfirie in confronto alle patologie psichiatriche, può capitare che i soggetti affetti vengano erroneamente etichettati come "malati di mente".

A volte, il coinvolgimento neurologico comporta tremori o crisi epilettiche, molto difficili da trattare poiché la maggior parte degli antiepilettici esacerba le porfirie.

Può esserci anche un coinvolgimento urinario con ritenzione urinaria, incontinenza, disuria e pollacchiuria (ovvero fastidio urinario e minzione molto frequente, rispettivamente).

La sintomatologia è quindi piuttosto aspecifica, tanto che tale patologia è soprannominata "la piccola imitatrice", appunto perché può simulare molteplici quadri clinici.

Diagnosi

La diagnosi, visto quanto appena detto, è molto difficile e spesso viene posta tardivamente.

Gli esami più utili consistono nel dosaggio delle porfirine nel sangue, nelle urine e nelle feci.

Per la determinazione del tipo di porfiria si eseguono esami più sofisticati, come l'analisi dell'attività dei singoli enzimi e/o l'analisi genetica.

Terapia

La gestione degli attacchi acuti è molto complessa e deve essere attuata in centri specializzati.

Il cardine della terapia è la somministrazione di eme esogeno per via endovenosa. Esso, con un feedback negativo, inibisce la sua sintesi endogena e così blocca l'accumulo di prodotti intermedi. Questo trattamento è efficace, ma deve essere somministrato il più precocemente possibile, prima che si instauri un danno neurologico permanente.

Una dieta ipercalorica, ricca di carboidrati (se il paziente è inappetente, si somministrano flebo di soluzione contenente glucosio), ha un effetto positivo sulla gestione degli attacchi.

È opportuno inoltre provvedere ad una terapia di supporto, volta a ridurre sintomi come nausea, vomito, ansia e problemi urinari.

Porfiria cutanea tarda

È la forma di porfiria più frequente e colpisce 1 persona su 10.000.

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È dovuta alla riduzione quantitativa dell'enzima uroporfirinogeno decarbossilasi (5^ tappa della sintesi dell'eme).

L'elemento caratteristico della malattia è la è la fotosensibilità, che provoca la formazione cronica di vesciche a carico della cute esposta alla luce solare. In seguito alla loro scomparsa, spesso residuano delle cicatrici (la cicatrizzazione è lenta) e/o aree di ipo o iper-pigmentazione (ovvero pelle più chiara o più scura, rispettivamente), con ipotricosi (scarsa ricrescita di peli).

Se le lesioni cutanee non vengono riconosciute e la diagnosi viene ritardata, si può verificare una compromissione della funzione epatica, specialmente in soggetti alcolisti o affetti da epatite cronica (soprattutto da HCV).

Oltre ad alcool e HCV, la porfiria cutanea tarda riconosce come fattori scatenanti anche fumo, estrogeni, eccesso di ferro e infezione da HIV.

Il processo diagnostico è simile a quello della porfiria acuta intermittente.

Terapia

La terapia si basa sui salassi (detti anche flebotomie, ovvero la rimozione di una certa quantità di sangue), in modo da ridurre le scorte di ferro e quindi inibire la produzione di eme.

Prevenzione generale

Quando ad un soggetto viene diagnosticata una qualsiasi forma di porfiria, bisogna sottoporre a screening tutti i famigliari, in modo da individuare i casi latenti e poter mettere in atto misure preventive.

La prevenzione della malattia è basata sul cercare di evitare il più possibile i fattori scatenanti, come i farmaci precedentemente menzionati, gli agenti tossici o le diete drastiche.

In caso di attacchi ripetuti, si può considerare l'assunzione di eme a scopo profilattico.

 

 

 

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