La dieta mediterranea (forse) non è mai esistita

Nell'immaginario collettivo le popolazioni mediterranee vivevano di pane pasta, olio di oliva, ortaggi e frutta. Almeno così ce li hanno dipinti i nutrizionisti sostenitori della dieta mediterranea. Ma se si analizza a fondo cosa mangiavano e come vivevano quelle genti, si scopre che le cose stanno diversamente. La "dieta mediterranea", in realtà, potrebbe non essere mai esistita.

 

 

Nei due articoli sulla dieta mediterranea ho mostrato come sia stato vano il tentativo dei nutrizionisti di tradurla in numeri. Ora vorrei andare oltre e dimostrare che proporre la dieta mediterranea "vera" oggi è purtroppo una grande utopia.

Sono giunto a questa conclusione leggendo il libro "Il colore del cibo" di Ugo Teti, che descrive in modo approfondito il modello alimentare mediterraneo, dal punto di vista antropologico e storico.

Ugo Teti descrive in modo dettagliato tutti quegli atteggiamenti virtuosi che le popolazioni mediterranee avevano nei confronti del cibo.

Questi comportamenti cosi salutari per le arterie dei popoli del mezzogiorno erano il frutto di uno stato di precarietà costante, che ha tartassato il meridione d'Italia per secoli, fino al boom economico degli anni '50.

Essi non volevano mangiare in quel modo, semplicemente non avevano altra scelta. Chi poteva (i ricchi), mangiava tantissimo e malissimo, e il grasso era il simbolo del potere.

Di seguito ho schematizzato le caratteristiche del modello alimentare mediterraneo illustrato da Teti (che utilizza una ricchissima bibliografia comprendente risorse ufficiali come inchieste parlamentari e studi di storici e antropologi).

 

 

Analizzando questo modello si scopre che la "dieta mediterranea" elaborata dai nutrizionisti probabilmente non è mai esistita, e anche se lo fosse in realtà chi la seguiva era costretto a farlo. E infatti, appena è giunto il benessere, il popolo del meridione è immediatamente diventato più grasso di quello del nord, alla faccia dei "bei tempi andati".

GRASSO È BELLO

I ricchi signori, i sindaci, i curati si presentano grassi e prepotenti.

Diversi osservatori stranieri descrivono stupefatti i loro interminabili banchetti (fino a 15 e più portate), e le mangiate "a crepapancia".

La gente comune sognava quel tipo di alimentazione, ma non poteva permetterselo.

Il grasso è il simbolo della salute, della forza, del potere.

L'OLIO DI OLIVA

L'alimento principe della dieta mediterranea, è in realta un alimento da ricchi.

In molte zone del meridione il grasso di maiale è il condimento piu diffuso (perché più economico).

IL PESCE

Il consumo di pesce era limitato alle coste, all'interno si consumava sporadicamente pesce conservato. Per molti, quindi, questo elemento non faceva parte della dieta quotidiana.

LE PRATICHE DI CONSERVAZIONE

 

 

Le infinite strategie per conservare gli alimenti (sott'olio e aceto, secchi, sotto sale, sotto vuoto, ecc.) erano il frutto della scarsità di cibo cronica dei mesi invernali.

L'USO DI SPEZIE

Non disponendo di cibi saporiti, essi dovevano trovare metodi alternativi per renderli appetibili.

Non a caso in Calabria si fa un uso massiccio di peperoncino, la spezia più forte. Questa regione era una delle più povere del mezzogiorno.

LA SACRALITÁ DEL CIBO

Il particolare rapporto col cibo tipico del modello mediterraneo si sviluppa in quanto bene di primaria importanza, perché spesso è un elemento che scarseggia. Tutti i rituali associati al consumo del cibo, come l'importanza del mangiare insieme, lentamente, nascono dal fatto che nutrirsi era un fattore vitale, indispensabile. Mangiare tre volte al giorno non era un fatto scontato, come per chi vive nell'abbondanza.

IL PANE BIANCO

Anche il pane di frumento era peculiarità quasi esclusiva dei ricchi. Moltissime persone non se lo potevano permettere. Essi si accontentavano di un pane "nero" fatto con miscugli di farine minori (e quindi non di frumento integrale, come molti pensano), che nei periodi di carestia diventava assolutamente immangiabile (veniva prodotto con qualunque cosa potesse essere ridotta in farina). Anche la pasta, ovviamente, potevano permettersela in pochi.

Quello che emerge chiaramente da questa analisi può essere riassunto in due concetti fondamentali:

  1. I benefici della "dieta mediterranea" derivano in massima parte dallo stile di vita parco e frugale dei suoi protagonisti. Queste condizioni non sono riproducibili oggi (dovremmo ritornare a vivere da contadini), ne erano cercate o volute da quelle genti. Erano semplicemente obbligati a comportarsi in un certo modo a causa della cronica scarsità di cibo.
  2. Il motto "vivi da ricco, e mangia da povero" è affascinante e in un certo senso è valido, ma cercare di proporlo è da ipocriti. Sarebbe come dire che tutti dovremmo seguire la dieta Etiope, perché non fa ingrassare.
2- I benefici della "dieta mediterranea" dipendono in minima parte dalla scelta dei cibi e quasi per niente dalla ripartizione dei macronutrienti. Le popolazioni del mezzogiorno si alimentavano in modo molto vario e diverso da zona a zona, a seconda delle disponibilità. Il voler uniformare la loro dieta per creare un unico modello alimentare è una forzatura che lascia il tempo che trova. Qualcuno potrebbe obbiettare e dire che la "dieta mediterranea" era seguita solo in alcune zone del mezzogiorno, ma allora non ha senso parlare di dieta mediterranea (il bacino del mediterraneo è piuttosto vasto).

Morale della favola: il popolo americano, che ha fatto il possibile per adeguarsi ai canoni "numerici" della dieta mediterranea, ma è il più lontano come stile di vita, non ha avuto beneficio alcuno (anzi, continua a peggiorare).

Il popolo italiano se ne è immediatamente allontanato, appena ha potuto, ma fortunatamente ha mantenuto alcuni atteggiamenti positivi nei confronti del cibo. Purtroppo il futuro punta decisamente verso il modello americano, spinto dall'ignoranza dilagante e dalle imposizioni delle industrie alimentari.

 

 

 

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