Sempre più evidenze scientifiche stanno dimostrando l'importanza dei livelli di vitamina D nei confronti dell'infezione dal virus SARS-Cov2, resposabile della patologia Covid-19.
In questo articolo presenterò alcuni interessanti studi riguardanti il rapporto tra la vitamina D e l'infezione da SARS-Cov2, effettuati fino al mese di Aprile 2021.
Uno studio randomizzato ha dimostrato che la necessità rianimazione era del 50% nei pazienti che non assumevano vitamina D tramite integratori, contro il 2% di chi assumeva integratori.
Uno studio di coorte ha dimostrato chei pazienti COVID-19 che assumevano 150 mg di magnesio, 500 μg di vitamina B12, e 25 μg (1,000 IU) di vitamina D3 avevano una minor probabilità di finire in rianimazione, rispetto al gruppo di controllo.
Uno studio randomizzato ha dimostrato l'assenza di vantaggi nei pazienti ospedalizzati che assumevano 200,000 IU di vitamina D.
Una meta-analisi ha dimostrato l'associazione tra livelli di vitamina D sotto i 30 ng/mL con un aumento del 43% delle complicanze da COVID-19.
Una revisione sistematica ha dimostrato che, mentre la carenza di vitamina D non è associata con il rischio di infezione, i pazienti colpiti da COVID-19 avevano livelli di vitamina D inferiori, rispetto ai soggetti non colpiti da COVID-19.
Una revisione sistematica ha dimostrato che i pazienti affetti da COVD-19 con una prognosi nefasta avevano livelli di vitamina D più bassi, rispetto a quelli con una prognosi favorevole.
Uno studio di coorte ha dimostrato che i pazienti con COVID-19 e una carenza di vitamina D avevano una maggior probabilità di morire.
Uno studio di coorte ha dimostrato che livelli di vitamina D sopra i 40 ng/ml potrebbero essere protettivi per i soggetti di colore, ma non sembrano esserlo per i bianchi.
Uno studio di coorte ha dimostrato una forte correlazione inversa tra i livelli di vitamina D e il tasso di infezione di COVID-19.
Uno studio di coorte ha associato più alti livelli di vitamina D con una minor mortalità: ≥30 ng/ml con il 9.2% di mortalità;
Livelli bassi di vitamina D sembrerebbero essere correlati ad un rischio più alto di contrarre la patologia COVID-19 e le sue complicanze, tuttavia non tutti gli studi lo hanno dimostrato in modo inequivocabile. È possibile, per esempio, che i soggetti che hanno bassi valori di vitamina D siano più soggetti all'infezione a causa di un'alimentazione più scorretta in generale, o un livello di infiammazione sistemica più alto, o un più elevato livello di comorbidità (patologie preesistenti). Per capire se e in che termini la vitamina D sia coinvolta nell'infezione COVID-19 bisognerà attendere altri studi che verranno effettuati nei prossimi mesi.
Nel frattempo, diverse autorità sanitarie consigliano l'integrazione con almeno 1000 UI di vitamina B3, come per esempio l'Accademia Medica di Torino.
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