Tutte le ossa che compongono la spalla possono andare incontro a frattura, alcune ossa si fratturano più frequentemente, altre invece sono più rare.
Per la diagnosi di frattura alla spalla si ricorre alla radiografia (RX) in grado di mostrare il focolaio di frattura. Nei casi dubbi si può ricorrere a un tomografia computerizzata (TC), mentre per valutare eventuali lesione dei tessuti molli si può ricorrere a una risonanza magnetica (RM).
Le fratture di clavicola sono frequenti a qualsiasi età, per lo più da trauma indiretto (caduta sul moncone della spalla).
Si dividono in fratture mediali, laterali e intermedie a seconda che la rima di frattura corra medialmente, lateralmente o lungo l’inserzione dei legamenti coraco-claveari.
Nelle fratture laterali il moncone prossimale non si sposta o si solleva di poco per l'azione del muscolo sternocleidomastoideo, mentre l'altro moncone dell'osso si sposta in basso.
Nelle fratture mediali lo spostamento è massimo: moncone prossimale si solleva e l'altro pezzo di osso si sposta verso il basso per azione dei muscoli deltoide e pettorale.
Nelle fratture intermedie il movimenti dei monconi è praticamente quasi nullo.
Nelle fratture di clavicola l'arto si presenta in atteggiamento di difesa: addossato al tronco, con gomito flesso e sostenuto dall'arto sano. C'è gonfiore e dolore spontaneo che si accentua con la palpazione a livello del focolaio di frattura.
In genere è incruenta, cioè non chirurgica, perché un lieve accavallamento dei monconi non reca alcun danno funzionale, al massimo solo un lievissimo danno estetico. Si immobilizza il braccio con un bendaggio soffice a otto (immobilizzazione di entrambe le spalle). Il bendaggio ''a otto'' garantisce una posizione delle spalle eretta, garantendo una migliore guarigione dalla frattura.
In commercio ne esistono di varie lunghezze, adattabili alle esigenze di ognuno, ma occorre stare particolarmente attenti a far sì che il bendaggio non stringa troppo altrimenti potrebbero insorgere formicolii, alterazioni della sensibilità e gonfiori alle mani, inoltre la forte compressione può ostacolare il normale flusso sanguigno o comprimere eccessivamente le strutture nervose.
Solo nei casi più gravi in cui ci sia o una scomposizione eccessiva della frattura (cioè i due monconi sono troppo lontani tra di loro con interposizione di tessuti molli) oppure la frattura sia pluriframmentaria (si rischia la lesione della succlavia o dell’apice del polmone) si ricorre alla chirurgia mediante osteosintesi con chiodo di Rush.
Solitamente la guarigione avviene nel giro di 8-10 settimane.
Già durante la fase di recupero è possibile praticare alcuni sport (il ciclismo ad esempio) perché la clavicola, pur non essendo ancora saldata, può tuttavia ritrovare una certa mobilità: naturalmente tutto ciò dovrà avvenire con una certa prudenza. Per ritornare invece a praticare le discipline sportive precedenti, gli allenamenti potranno essere ripresi solo dopo la completa scomparsa del dolore.
Le fratture della scapola sono rare e solitamente dovute a trauma diretto.
Le più importanti per gravità sono quelle che coinvolgono la superficie articolare, soprattutto se scomposte.
A volte la diagnosi non è cosi facile perché può non bastare l'RX e allora si ricorre alla TC.
Il trattamento si limita a una immobilizzazione della spalla con bendaggio di Desault. Solo se la frattura è grave e scomposta e il paziente è decisamente giovane si ricorre alla chirurgia per ricostruire la superficie articolare della cavità glenoidea.
L'omero, essendo un osso lungo, può fratturarsi in diversi punti. Si distinguono principalmente la frattura dell’epifisi prossimale, della diafisi e dell’epifisi distale. Tra tutte queste a noi interessa solo quella dell'epifisi prossimale, perché è la parte dell'omero che compone l'articolazione della spalla.
Colpiscono per lo più anziani con osteoporosi senile, verificandosi di solito per traumatismo indiretto (caduta sulla mano o sul gomito). Nel caso si associ anche una concomitante lussazione della testa omerale, questa domina il quadro clinico e condiziona da sola la prognosi e la terapia.
L'arto si presenta in atteggiamento di difesa; nelle fratture con dislocazione può essere presente una deformità ''a colpo d'ascia'' a livello del terzo superiore del braccio, tumefazione della spalla ed ecchimosi brachio-toracica (segno di Hannequin).
Il paziente lamenta dolore acuto accompagnato da impotenza funzionale.
Va indagato attentamente l’eventuale concomitanza di una lussazione scapolo-omerale, che richiede un trattamento d'urgenza.
Le complicanze più frequenti sono i consolidamenti anomali e la rigidità scapolo-omerale, mentre la pseudoartrosi non si osserva quasi mai, nemmeno negli anziani osteopenici.
In assenza di spostamento dei frammenti è sufficiente l'applicazione di un bendaggio Desault o di un tutore per 20-25 giorni, poi graduale fisiochinesiterapia (FKT). Se lo spostamento è presente e marcato, si riduce la frattura mediante trazione e immobilizzazione in posizione toraco-metacarpale per 30 giorni. Per diminuire i tempi di immobilizzazione si può ricorrere a un'osteosintesi con chiodi midollari.
Meno importanti delle precedenti ma più frequenti, sia isolate che associate a lussazione scapolo-omerale.
Si producono per trauma diretto (solitamente una caduta sulla spalla) o per strappamento.
È presente dolore locale e impotenza funzionale.
Per quanto riguarda la terapia, è sufficiente un bendaggio Desault o un tutore per 20 giorni: solo se c'è risalita della tuberosità è indicato l'intervento chirurgico con osteosintesi del frammento.
Sono molto rare e consistono nella decapitazione dell'omero, spesso accompagnata da necrosi ischemica della testa omerale.
La terapia prevede la riduzione della frattura e immobilizzazione con bendaggio Desault con tutore per 25-30 giorni.
Poco frequenti, per lo più consistono in infrazioni e infossamenti che si trattano in maniera incruenta; ci sono però le cosiddette fratture ''da scoppio'' in cui è necessaria la toelettatura chirurgica dei frammenti e la sostituzione protesica della testa omerale.
L'esame delle feci è una procedura diagnostica che consiste nella raccolta e nell'analisi di un campione di feci, al fine di individuare alcune eventuali condizioni patologiche.
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