Lo stile delfino, o farfalla (sono sinonimi, non vi è alcuna differenza), è la bestia nera di quasi tutti i nuotatori.
Si tratta di certo dello stile più dispendioso in assoluto, e infatti lo scoglio maggiore che incontrano i delfinisti è quello di riuscire a nuotare per grandi distanze. Molti pensano che per nuotare a delfino occorra una forza particolare, ma in realtà il problema è squisitamente di tipo tecnico, e mai come in questo stile è fondamentale capire quali siano i movimenti fondamentali, e la coordinazione necessaria per evitare uno spreco eccessivo di energia. Anche se è vero che il delfino è tra gli stili più dispendiosi, il fatto che per nuotare il delfino occorra molta forza è smentito dal fatto che i delfinisti d'elite non sono più muscolosi rispetto ai nuotatori degli altri stili.
Il regolamento obbliga il movimento contemporaneo di braccia e gambe, non è obbligatorio muoverli in modo simmetrico ma sono vietati movimenti alternati, come nello stile libero.
Nelle gare master è consentita la battuta di gambe a rana (vietata nelle gare internazionali), che rende lo stile più lento, ma anche meno dispendioso.
Il segreto per nuotare bene a delfino è apprendere il movimento ondulatorio del corpo, che sta alla base della nuotata. Tale movimento parte dalla testa, che dà l'impulso al movimento, si propaga poi al tronco e infine arriva alle gambe, dove si sfoga con il colpo di gambe, che genera la propulsione. Le braccia partecipano alla propulsione, ovviamente, ma non, come si pensa, "tirando" il corpo in avanti in modo attivo, quanto fornendo il punto di ancoraggio per "passare al di là" con il movimento ondulatorio del corpo. La differenza è sostanziale, dal punto di vista fisico: nel primo caso si chiede ai piccoli muscoli delle braccia di fornire la trazione necessaria per spostare il corpo in avanti (mandandole ben presto in crisi), nel secondo caso solo di fornire un supporto, mentre la spinta è generata dai grandi muscoli del tronco, che hanno una resistenza all'affaticamento molto maggiore.
Ma vediamo le varie fasi della nuotata, sottolineando i punti critici e i difetti più comuni che si riscontrano nella nuotata dei nuotatori mediocri. Le immagini sono estrapolate da questo interessante video. Il dimostratore, in questo video, ha una tecnica evoluta e le escursioni articolari che raggiunge durante la nuotata non sono di certo da tutti, tuttavia proprio questa esagerazione nelle posizioni e nei movimenti fa capire bene cosa bisogna fare e le sensazioni che bisogna avere nelle varie fasi della nuotata.
La prima fase che analizziamo è l'entrata in acqua delle braccia: notare la posizione della testa, che guarda verso il fondo della piscina e, soprattutto, è completamente nascosta in mezzo alle spalle, in perfetta posizione idrodinamica. Le gambe sono pronte per fare la gambata: notare che, come nella rana, la gambata non corrisponde con l'entrata in acqua delle braccia, ma viene effettuata quando le braccia sono già immerse e in posizione distesa. Nel delfino si eseguono due gambate per ciclo di bracciata, la prima, quella alla quale si riferisce la figura che segue, è quella più debole, che può addirittura essere omessa in uno stile di nuotata economico (ma più lento). Questa gambata serve più che altro come impulso per il movimento ondulatorio del corpo, molto più importante in questa fase.
Nella figura che segue si nota come la gambata sia stata effettuata (con una piccola escursione e generando poca turbolenza, a conferma del fatto che si tratta di un colpo di gambe non molto forte). Le braccia si allargano (i palmi sono rivolti all'esterno, e vanno a cercare il punto di ancoraggio per la presa d'acqua), contemporaneamente il petto viene spinto verso il basso e come conseguenza, il bacino va verso l'alto, con i glutei che rompono la superficie dell'acqua. Le gambe sono parallele alla superficie. L'errore che fanno molti nuotatori in questa fase è quello di non tenere le spalle e i gomiti alti, e non spingere verso il basso il petto, col risultato di affondare tantissimo, aumentando notevolmente il movimento ondulatorio. Questo errore fa perdere moltissimo tempo perché la forza propulsiva è utilizzata per immergersi in profondità e non per avanzare. Per procedere in avanti e non verso il basso, appena ci si immerge bisogna allargare le braccia iniziando immediatamente la fase di presa d'acqua, e soprattutto spingere il petto verso il basso dando l'impulso alla continuazione del movimento ondulatorio.
Nella successiva fase di trazione, le braccia iniziano a chiudersi (la traiettoria delle braccia, idealmente, deve disegnare un cuore), ma la cosa importante è notare come il movimento ondulatorio continui: il petto, dalla posizione di massima profondità che aveva raggiunto, sale; il bacino scende, i piedi salgono e in alcuni casi possono rompere (come in questo caso) la superficie dell'acqua. La testa è ancora rivolta verso il basso, a guardare il fondo, non è mai iperestesa a guardare avanti se non durante la respirazione!
Nella successiva fase di spinta, le braccia completano la loro corsa e inizia la gambata più propulsiva, che come vedremo in questa e nella prossima immagine, è molto potente ed ha un'escursione molto più pronunciata rispetto a quella precedente. Questo colpo di gambe consente di raggiungere la velocità massima e deve essere sfruttato appieno per non perdere velocità durante la fase passiva della nuotata, quella di recupero delle braccia. Notare che in questa fase, la testa raggiunge la posizione più flessa a guardare perpendicolarmente il fondo, come a guidare il movimento del corpo.
L'immagine seguente mostra la fine della gambata, che corrisponde con l'inizio della fase di recupero delle braccia. Notare l'ampiezza dell'escursione della gambata e la grande turbolenza generata. Molti nuotatori sbagliano la coordinazione dei movimenti, eseguendo la bracciata in ritardo rispetto alla gambata, col risultato di "piantarsi" letteralmente durante la fase di recupero delle braccia. La fase di massima accelerazione, come abbiamo visto, corrisponde con la fine della gambata (immagine qui sotto): da questo istante in poi, il corpo rallenta e inizia ad affondare. Se il recupero delle braccia non inizia immediatamente, e non si conclude in fretta, il corpo rallenterà fino a fermarsi e, ancora peggio, affonderà eccessivamente. Nella fase successiva ci si troverà dunque in una situazione molto sfavorevole e tutta la nuotata sarà compromessa. È quindi fondamentale che il recupero inizi immediatamente dopo la fine della gambata. Questo non può avvenire se nella prima fase che abbiamo studiato, quella dell'ingresso in acqua delle braccia, non inizia subito la fase di presa d'acqua, tramite l'allargamento delle braccia e la ricerca del punto di ancoraggio. Questa coordinazione tra braccia, gambe e movimento ondulatorio del corpo è molto difficile da apprendere correttamente: è necessaria una corretta progressione didattica e chi già nuota a delfino con una tecnica sbagliata (la maggior parte dei nuotatori non agonisti o ex agonisti) dovrà ripartire da zero per dimenticare gli errori e, piano piano, rendere automatici i movimenti corretti.
Il recupero delle braccia va effettuato tenendo le braccia distese e il più possibile rilassate.
Infine, parliamo della respirazione: in genere viene effettuata ogni due bracciate, e prevede di far fuoriuscire la testa dall'acqua (e di iperestenderla) quel tanto che basta per scoprire la bocca e respirare. Il fatto di dover uscire con la testa mentre avviene il recupero delle braccia rende ancora maggiore la forza che tende a far affondare il nutatore. Questo rende la respirazione un'operazione molto difficile, da introdurre solo in una fase avanzata dell'apprendimento del delfino.
Come abbiamo visto, la chiave nell'apprendimento del delfino è imparare il movimento ondulatorio del corpo e coordinarlo al movimento delle braccia.
Il movimento ondulatorio, come abbiamo visto, è guidato dalla testa e prevede il coinvolgimento del tronco, del bacino e delle gambe. Quando il tronco si abbassa, il bacino si alza e le gambe si abbassano, e viceversa. Il movimento delle braccia deve essere coordinato al movimento ondulatorio, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, solo in questo modo si avrà una nuotata fluida, efficiente, economica dal punto di vista energetico.
La progressione didattica, illustrata in modo esemplare da Terry Laughlin nel DVD di Total Immersion "Betterfly for everybody", prevede inizialmente di esercitare il movimento ondulatorio, che parte dal tronco e si propaga verso le gambe, il colpo di gambe non va enfatizzato inizialmente, dando la priorità al movimento del tronco e del bacino. I vari movimenti si imparano e si inseriscono in modo graduale per arrivare, come ultimo step, alla respirazione.
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