L'angina pectoris è la manifestazione clinica dell'ischemia miocardica.
Si suddivide in angina stabile, instabile e di Prinzmetal (o variante).
L'angina stabile definisce una sindrome caratterizzata da attacchi di ischemia miocardica che si riproducono in condizioni simili, in alcune condizioni, solitamente prevedibili e riproducibili (per esempio in caso di esercizio fisico). Per questo viene anche definita angina da sforzo.
L'angina stabile, per essere definita tale, deve essere provocata dallo stesso carico di lavoro per almeno 2 mesi.
Non sempre però l'ischemia miocardica si manifesta con angina, tant'è che nel 30-40% dei casi, le crisi anginose sono troppo brevi per essere percepite o, come nel diabete mellito, si hanno alterazioni dei nervi periferici che alterano la sensibilità al dolore, per cui il soggetto non si accorge della crisi anginosa.
La causa principale dell'angina è la presenza di placche aterosclerotiche all'interno delle coronarie, i vasi sanguigni che irrorano il muscolo cardiaco.
L'angina instabile, a differenza di quella stabile, può comparire anche senza nessuno sforzo fisico perché la placca che determina la stenosi non è più stabile, ma si complica ulcerandosi, formando un trombo e quindi può esitare in un infarto del miocardio.
L'angina di Prinzmetal è causata da un vasospasmo di un'arteria coronarica, in presenza o meno di placche aterosclerotiche.
Sostanzialmente la coronaria si restringe per un fenomeno spastico, non necessariamente causato dallo sforzo fisico, può comparire infatti anche a riposo.
Il meccanismo alla base dell'angina è l’aumento del consumo di ossigeno da parte del muscolo cardiaco (miocardio), non accompagnato da un aumento del flusso di sangue nelle coronarie (arterie che irrorano il muscolo cardiaco).
Questo avviene perché le coronarie presentano delle stenosi, ovvero dei restringimenti del lume, e quindi il sangue passa molto meno facilmente.
La principale causa di restringimento delle arterie coronarie è la malattia aterosclerotica, con la presenza di placche all'interno di questi vasi sanguigni.
Quando questa placca si ulcera si possono creare dei trombi e dare la completa occlusione del vaso sanguigno che esita in un infarto del miocardio.
L'angina pectoris da sempre è descritta come un dolore intenso, come di costrizione o pressione a livello dello sterno (ma che può irradiarsi anche verso la mandibola, la spalla sinistra o il lato ulnare delle braccia) che compare principalmente durante l'esercizio fisico (anche solo salire delle scale o passeggiare o stare al freddo) e che tende a passare entro pochi minuti fermandosi (o andando in un luogo caldo nel caso in cui sia scatenato dal freddo intenso).
Secondo la Società Canadese di Cardiologia, l'angina viene suddivisa in 4 classi.
Classe I: l'angina è provocata solo da sforzi fisici eccessivi. Le attività ordinarie non sono intaccate.
Classe II: presente una modesta limitazione dell'attività fisica.
Classe III: il paziente è limitato nell'attività fisica ed è sintomatico per sforzi lievi.
Classe IV: qualunque tipo di sforzo provoca angina che può presentarsi anche a riposo.
Per la diagnosi, importantissima da fare per evitare l'insorgenza di un infarto del miocardio, sono fondamentali l'anamnesi, con una definizione dei fattori di rischio coronarico del paziente, un esame obiettivo mirato ed alcuni esami strumentali.
L'anamnesi rappresenta il primo e fondamentale approccio alla diagnosi dell'angina pectoris.
Si fa descrivere al soggetto il tipo di dolore avvertito: un senso di costrizione, oppressione, bruciore, frequentemente associato ad ansia e stato di malessere generale.
Sede tipica del dolore è quella retro sternale, con irradiazione lungo il lato ulnare del braccio sinistro (lato esterno), mandibola, collo a volte anche al dorso.
Tipicamente il dolore insorge gradualmente, raggiungendo la massima intensità entro un minuto e recede spontaneamente dopo 2-10 minuti, cessando la causa scatenante o assumendo nitroderivati.
Le principali cause di insorgenza di angina pectoris sono l'esercizio fisico, il camminare, gli stress emotivi, l'esposizione al freddo, i rapporti sessuali, un pasto abbondante o un'associazione di questi.
Bisogna oltretutto considerare che anche se il dolore anginoso è tendenzialmente associato ad una stenosi coronarica, esso può anche comparire in pazienti affetti da problemi valvolari, miocardiopatia ipertrofica o dilatativa, ipertensione, ecc…
Inoltre in ogni paziente la crisi anginosa tende a ricomparire nelle stesse situazioni che l'hanno primariamente scatenata, con le stesse caratteristiche di sede e irradiazione.
Le patologie che possono essere confuse con l'angina e che quindi vanno in diagnosi differenziale sono: l'aneurisma dell'aorta toracica, ernia iatale, reflusso grastroesofageo, ipertensione polmonare, pneumotorace e altre ancora.
ECG da sforzo: è lo studio strumentale maggiormente utile per la diagnosi dell'angina stabile. Consiste nell'incremento progressivo di un carico di lavoro (generalmente effettuato sul tappeto o sulla bicicletta) costantemente monitorato con ECG. Il criterio elettrocardiografico più significativo di ischemia miocardica è rappresentato dal sottoslivellamento del tratto ST e/o dolore tipico anginoso.
Scintigrafia sotto sforzo: con somministrazione endovenosa, durante esercizio fisico o sotto stress farmacologico, di tallio 211 e tecnezio 99. La valutazione viene effettuata subito dopo la cessazione dell’esercizio e 4 ore dopo quest'ultimo.
Ecocardiografia: anomalie cinetiche dovute a precedenti infarti. Sotto sforzo(esercizio o dobutamina) permette di visualizzare acinesie o discinesie non valutabili correttamente a riposo.
Coronarografia: non fornendo informazioni sulla parete arteriosa non consente la visualizzazione di placche non ancora aggettanti nel lume (non stenosanti). È indicata in pazienti con angina instabile refrattaria, pazienti sintomatici in cui è necessario valutare la presenza di cardiopatia ischemica, pazienti con angina pectoris sopravvissuti ad arresto cardiaco improvviso, pazienti con evidenza di angina ad esami non invasivi e con sospetto di disfunzione ventricolare, pazienti ritenuti a rischio di grave ischemia.
La prima terapia da instaurare è l’eliminazione dei fattori di rischio, quando questo è possibile.
Infatti i principali fattori di rischio cardiovascolare sono: età avanzata, sesso maschile, familiarità, fumo, ipertensione, diabete, colesterolo alto, stress, dieta ricca di grassi, scarsa attività fisica, sovrappeso.
Ovviamente tra questi, alcuni non possono essere modificati (come il sesso, l'età o la familiarità), ma su alcuni si può intervenire.
I pazienti a rischio di infarto devono seguire un'alimentazione corretta, ricca di frutta e verdura e povera di grassi, tenendo sotto controllo il colesterolo e i trigliceridi e curare in maniera adeguata il diabete e la pressione alta.
Si deve smettere di fumare e praticare attività fisica, basta anche solo una camminata di 30-60 minuti ogni giorno per ridurre il rischio cardiovascolare.
Passando invece alla terapia farmacologica dell'angina, questa si avvale di moltissimi farmaci. Vediamoli brevemente.
Nitrati.
Provocano dilatazione sistemica delle vene, riducono la tensione della parete cuore riducendo il ritorno del sangue al cuore, e dilatano i vasi epicardici.
Vengono assorbiti rapidamente e completamente attraverso le mucose (ecco perché si dà nitroglicerina sublinguale).
I possibili effetti collaterali sono: cefalea pulsante ed ipotensione.
ß bloccanti.
Hanno effetto inotropo e cronotropo negativo (riducono cioè la frequenza e la forza di contrazione del cuore facendolo lavorare di meno), riducono le richieste miocardiche di ossigeno. La riduzione è maggiore sotto sforzo.
Possono però provocare asma, astenia, ridotta tolleranza allo sforzo, grave bradicardia, incubi notturni ecc..
Determinano miglioramento dell'aspettativa di vita in seguito ad infarto miocardico.
Calcio Antagonisti.
Nifedipina, Verapamil, Diltiazem agiscono da vasodilatatori delle coronarie, riducono la richiesta di ossigeno, la contrattilità del cuore e la pressione arteriosa.
Possono provocare bradicardia, aritmie, edemi e peggiorare l'insufficienza cardiaca.
Antiaggreganti.
Acido acetilsalicilico, ovvero la cardioaspirina e clopidogrel.
ACE Inibitori.
Soprattutto se nel quadro clinico si rileva anche ipertensione e diabete. Possibili effetti collaterali sono la tosse e il possibile peggioramento di un'insufficienza renale.
Per quanto invece riguarda l'intervento chirurgico si può procedere con la rivascolarizzazione.
Esiste la PTCA (percutaneous trans luminal coronary angioplasty) ovvero l'angioplastica coronarica transluminale, intervento poco invasivo, a basso costo, facilmente ripetibile che attenua efficacemente i sintomi anche se presenta una elevata incidenza recidiva della stenosi e può risultare una rivascolarizzazione incompleta.
In altri casi invece si ricorre al confezionamento di un bypass aorto-coronarico (BPAC): esso migliora notevolmente la sintomatologia, la rivascolarizzazione è completa a scapito però di un costo nettamente maggiore e di una mortalità aumentata legata a questo tipo di intervento chirurgico.
L'esame delle feci è una procedura diagnostica che consiste nella raccolta e nell'analisi di un campione di feci, al fine di individuare alcune eventuali condizioni patologiche.
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