L'ipercolesterolemia è una patologia che si verifica quando vi è un eccesso di colesterolo nel sangue, essendo il colesterolo un lipide, si tratta di una forma di iperlipidemia (eccesso di grassi nel sangue), così come ipertrigliceridemia (eccesso di trigliceridi nel sangue) o l'iperlipoproteinemia (eccesso di lipoproteine nel sangue).
Come abbiamo visto nell'articolo sul colesterolo esso, come tutti i lipidi, non è solubile nel sangue e quindi per essere trasportato efficacemente deve essere legato a una molecola di trasporto. Il colesterolo si lega prevalentemente alle lipoproteine LDL o HDL: le prime trasportano il colesterolo dal fegato ai tessuti, le seconde fanno il percorso inverso rimuovendo il colesterolo dai tessuti e riportandolo al fegato. L'ipercolesterolemia si riferisce (o non si dovrebbe riferire) al colesterolo totale, ma solamente all'eccesso di colesterolo LDL, poiché è quello che si deposita sulle arterie formando le placche aterosclerotiche che portano ad infarto ed ictus. Al contrario, il colesterolo legato alle HDL svolge un'azione protettiva rimuovendo il colesterolo depositato sulle arterie.
Gli esami del sangue possono misurare tre valori: il colesterolo totale, il colesterolo LDL e l'HDL. Sebbene gli studi abbiano dimostrato una correlazione tra il colesterolo totale e la mortalità per cardiopatie, la misura del colesterolo totale non ha un significato importante, perché come abbiamo visto esso è composto dal colesterolo "buono" e da quello "cattivo", e la probabilità di contrarre malattie cardiovascolari è prevista in modo molto più accurato dal rapporto tra il colesterolo totale e quello HDL (vedi articolo: colesterolo alto: cosa fare).
Inoltre risulta molto difficile identificare un valore limite per il colesterolo, al di sotto del quale si è sani e al di sopra malati di ipercolesterolemia, perché la mortalità aumenta in modo progressivo ed esponenziale ed i valori medi nella popolazione sono molto variabili (esistono persone sanissime con colesterolo a 250 e persone cardiopatiche con colesterolo a 220), dunque fissare il limite dell'asticella un po' più in alto o un po' più in basso significa considerare "malati" di ipercolesterolemia una fetta più o meno grande della popolazione, con il rischio di aumentare i falsi positivi o i falsi negativi a seconda di dove si pone l'asticella. E bisogna sempre considerare che la posizione dell'asticella comporta milioni di euro di guadagni delle industrie farmaceutiche in più o in meno...
Bisogna poi considerare che, tra i fattori di rischio cardiovascolare, l'ipercolesterolemia non è di certo la più importante, ma viene dopo il fumo e l'ipertensione, dunque per valutare la pericolosità del colesterolo alto bisogna sempre considerare anche gli altri fattori di rischio.
Fino a qualche anno fa si considerava 240 ml/dl come limite per identificare l'ipercolesterolemia, mentre oggi si tende a considerare solo il colesterolo LDL in negativo e l'HDL in positivo (dunque si considera il rapporto tra colesterolo LDL e HDL), e si tiene conto anche degli altri fattori di rischio.
Le linee guida internzazionali (ATP III, Adult Treatment Panel) prevedono come valori normali:
La presenza di un livello sufficientemente alto di colesterolo HDL (>60 mg/dl) costituisce un fattore protettivo, in questo caso si può sottrarre un fattore di rischio.
Un altro metodo prevede di utilizzare le carte del rischio cardiovascolare, che associano alla presenza dei vari fattori di rischio alla percentuale di rischio di incorrere in un evento cardiovascolare a 10 anni, e in base a questo calcolare i valori ideali di colesterolemia per abbassare tale percentuale di rischio.
Esistono online dei calcolatori che consentono di verificare la propria condizione, semplicemente inserendo i dati (età, colesterolo HDL e LDL, pressione sistolica (massima), fumatore o no, in cura con farmaci ipertensivi o no, familiarità, peso e altezza).
Giocando con il software si scopre facilmente che i valori del colesterolo influenzano ben poco la percentuale di rischio, in realtà il fattore di rischio di gran lunga più importante è il fumo. Un non fumatore che pratica regolarmente attività fisica e non è in sovrappeso eccessivo, in assenza di ipertensione e ipercolesterolemia familiare (molto rara), avrà un rischio cardiovascolare ben sotto la media.
Per ipercolesterolemia familiare (o ipercolesterolemia primaria o monogenica) si intende una forma di ipercolesterolemia causata dall'alterazione di un solo gene, che non dipende dallo stile di vita.
Esistono altre forme di ipercolesterolemia su base genetica: l'ipercolesterolemia poligenica (la più diffusa con un caso ogni 50), l'ipercolesterolemia combinata e l'iperlipidemia familiare che coinvolgono anche i trigliceridi e non solo il colesterolo. Queste patologie colpiscono una grande fetta della popolazione, ma sono piuttosto diverse dall'ipercolesterolemia familiare omozigote o eterozigote, perché in questi casi l'ipercolesterolemia è causata da un cattivo stile di vita ed è solo aggravata da una condizione genetica sfavorevole; in altre parole nella maggioranza dei casi con un corretto stile di vita è possibile evitare il manifestarsi dell'ipercolesterolemia.
L'ipercolesterolemia familiare è una malattia a trasmissione genetica, causata dalla mutazione del gene che codifica per il recettore delle LDL. Può avere forma eterozigote (1 caso ogni 500 soggetti) o omozigote (1 caso su un milione). Nella forma eterozigote si hanno valori di colesterolo compresi tra 275 e 500 mg/dl, in quella omozigote superiori a 500 mg/dl, e tali valori di manifestano fin dalla giovane età, comportando, nei casi più gravi e se non trattati con farmaci, eventi cardiovascolari anche in giovane età. Questa patologia deve essere trattata con i farmaci perché in generale non risponde ad un miglioramento dello stile di vita (attività fisica e alimentazione).
È quella causata da fattori non genetici, cioè da alcuni farmaci (progestinici, ciclosporine, tiazine) e da alcune patologie (epatopatie ostruttive, ipotiroidismo, sindrome nefrosica, obesità).
L'ipercolesterolemia familiare si cura con i farmaci, che vanno assunti per tutta la vita, perché in genere non risponde alla terapia dietetica. Si utilizzano generalmente le statine, e solamente se non tollerate si utilizzano altri farmaci anti-colesterolo. La diagnosi la esegue lo specialista, valutando i sintomi, gli esami del sangue, la familiarità, ed escludendo una forma secondaria.
L'ipercolesterolemia non familiare si cura efficacemente modificando lo stile di vita, anche se troppo spesso vengono prescritti farmaci anche ai soggetti che non vogliono o non sono in grado di modificare il proprio comportamento alimentare, e abbandonare la sedentarietà. Il colesterolo agisce sulla salute delle arterie negli anni (o addirittura nei decenni) e quindi il soggetto ha tutto il tempo per elaborare una strategia a lungo termine atta ad adottare uno stile di vita sano ed andrebbe quindi incoraggiato a intraprendere questa strada. Troppo spesso di fronte a un valore del colesterolo totale leggermente elevato (tra 210 e 240, per esempio, vedi questa mail), i medici di base forniscono indicazioni dietetiche di massima (vedi dieta anti-colesterolo) che non fanno altro che peggiorare la qualità di vita del soggetto senza peraltro ottenere grandi risultati, quando magari il rapporto tra colesterolo totale e LDL è assolutamente nella norma!
Anche perché in assenza di un evento cardiovascolare pregresso, l'efficacia di un abbassamento dei livelli di colesterolo con i farmaci non è ancora stata dimostrata in modo inequivocabile. In ogni caso non bisognerebbe mai allarmare il soggetto se il suo colesterolo totale è leggermente elevato, ma il rapporto tra il colesterolo totale e l'LDL è inferiore a 4 (3,7 nelle donne), e comunque prima di intervenire con i farmaci o con una terapia dietetica bisognerebbe sempre valutare il rischio cardiovascolare, che comprende gli altri fattori di rischio (fumo, età, sesso, ecc).
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