La cucina italiana è senza dubbio una delle più conosciute e apprezzate nel mondo e i ristoranti che propongono la cucina italiana nel mondo tra i più diffusi in assoluto, sebbene spesso abbiano perso i legami con la terra di origine e i piatti, di conseguenza, abbiano assunto una deriva locale, con storpiature che a volte rasentano la comicità.
La grande forza della cucina italiana, e paradossalmente anche il suo limite, è la grande varietà che la contraddistingue. La cucina della maggior parte degli stati presenta una certa varietà spostandosi da regione a regione: in funzione delle differenze climatiche, di territorio, e di quelle storiche. In Italia questi fattori, estremamente variegati e differenziati, hanno portato la cucina italiana ad essere quella che è, una cucina che presenta differenze notevoli semplicemente spostandosi di poche centinaia di km.
Le differenze climatiche e di territorio sono evidenti: si passa dalle alpi, con clima tipicamente montano, alla pianura padana, dal clima continentale, alle colline del centro, alle zone costiere, fino ad arrivare alle regioni del sud e alle isole, con il loro clima temperato. Queste differenze si ripercuotono non solo sulla materia prima disponibile (per esempio il pesce sulle coste, la carne nell'entroterra), ma anche sui prodotti trasformati. Pensiamo a un classico prodotto utilizzato nella cucina italiana, come i salumi. In Emilia Romagna troviamo un clima umido con inverni freddi ideale per la stagionatura dei salumi, che consente un'aggiunta minima di sale e quindi la produzione di salumi "dolci"; in Toscana il clima sfavorevole impone l'uso di tanto sale, nel meridione si è costretti all'aggiunta di condimenti ancora più aggressivi come il peperoncino e altre spezie, per garantire la conservazione e coprire eventuali aromi sgradevoli della carne.
Il fattore che ha influenzato maggiormente la cucina italiana è tuttavia quello storico: la storia tumultuosa del nostro paese, fatta di invasioni continue e di una grande frammentazione in stati e staterelli ha determinato una grande varietà culturale che ha influenzato molto la cucina tipica di ogni territorio. Per esempio, i piatti e i prodotti tipici della cucina emiliana sono di stampo longobardo e francese, a base di carne di mucca e di maiale, di burro e di latte. Entrando in Romagna, appena usciti dalla provincia di Bologna, la cucina tradizionale cambia radicalmente: i formaggi sono di pecora, si consuma tanta carne ovina, e si utilizza l'olio extravergine. Il confine che determina tali differenze è quello che divideva lo stato della Chiesa e il dominio Longobardo, il primo legato a tradizioni di pastorizia e di coltivazione dell'ulivo, il secondo legato all'allevamento dei bovini. Di esempi del genere ce ne sono a decine, in tutto il territorio italiano, e per questo motivo la cucina italiana è diventata quello che è, un insieme di decine di cucine regionali e locali.
I francesi ci contestano il fatto di non avere una cucina nazionale, una vera "cucina italiana", ma di avere solo una forte cucina locale, basata sui "piatti della nonna", buoni sì, ma non di certo raffinati. Non a caso i grandi piatti della cucina italiana famosi nel mondo sono in realtà dei semplici piatti da fast food, come la pizza; o i classici della cucina povera, come la pasta al pomodoro. Al contrario, la cucina francese è riconosciuta come una grande e raffinata cucina nazionale con i suoi ricchi piatti tipici: la grande pasticceria, i grandi piatti a base di carne, i grandi formaggi, i piatti a base di uova, ecc. Insomma, meno varietà, ma con grandi "capisaldi".
Se osserviamo la situazione nel suo complesso, avere una cucina così variegata e con tali differenze non può che essere un vantaggio. Probabilmente il problema della cucina italiana è culturale... Un problema degli italiani, piuttosto che della loro cucina. Il campanilismo e le lotte intestine tra comuni, ducati e staterelli che hanno contraddistinto la nostra storia si ripercuotono sull'immagine della nostra cucina: l'incapacità di fare sistema, tipico della mentalità italiana, in qualche modo impedisce alla cucina italiana di apparire come una grande cucina nazionale, ma come un insieme di piccole cucine regionali la cui somma non raggiunge il valore assoluto che si merita.
Un altro problema che nasce da questa impostazione culturale è la chiusura mentale degli italiani che se ne stanno troppo spesso dentro al priorio orticello, pensando che non esista di meglio che quello che offre il loro territorio e di quello che la propria mamma prepara nella cucina di casa. Questa mancanza di apertura non può che fare degli italiani un popolo più arretrato, dal punto di vista della cultura alimentare, rispetto a quello di altri paesi, dove le diverse cucine del mondo sono venute a contatto tra loro facendo evolvere il gusto della popolazione e aprendo le mentalità della gente.
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