Erbe spontanee, rustiche, campestri, selvatiche, di campo... Questi sono i nomi con cui si designano quelle verdure non ricavate da colture razionali ed intensive attraverso il trattamento con fertilizzanti chimici o diserbanti come la maggior parte delle verdure che conosciamo.
Le erbe selvatiche, infatti, crescono nei boschi o nelle campagne e spetta all'uomo saperle riconoscere, principalmente distinguendo quelle commestibili da quelle tossiche, secondariamente sapendo attribuire ad ognuna le sue qualità e gli usi ai quali è più adatta. Le erbe spontanee vengono raccolte principalmente in primavera ed in estate secondo tradizioni montanare che si tramandano da secoli. Vengono cercate e raccolte lontano dalle città e dalle strade molto frequentate, facendo attenzione a che il terreno non sia stato trattato con concimi chimici, diserbanti e pesticidi.
Le erbe spontanee sono conosciute fin dall'antichità e il loro utilizzo in cucina, in cosmesi o per fini medici è un patrimonio che abbiamo ereditato di generazione in generazione, proveniente da una cultura contadina povera ma allo stesso tempo ricca di un contatto con la natura che con il corso dei secoli si è andato perdendo, ma che oggi viene molto rivalorizzato.
Le erbe spontanee hanno notevoli pregi medicinali. Fin dal Medioevo venivano utilizzate dai monaci nella preparazione di rimedi e pozioni curative. Hanno proprietà digestive, antiossidanti, rinfrescanti, lenitive, diuretiche, cardiotoniche, etc.. Oggi sono abbondantemente usate nei prodotti di cosmesi quali creme per il corpo, shampoo e balsami, nelle medicine omeopatiche e nei farmaci.
Le erbe spontanee hanno anche il vantaggio di poter essere impiegate in cucina con ottimi risultati. Si possono utilizzare nelle insalate, a patto che le loro foglie siano giovani e fresche, nelle zuppe (si pensi alla crema di ortiche), nelle frittate (come la tradizionale frittata alle erbe pasqualine che si consuma nel periodo pasquale), nella preparazione della pasta all'uovo o degli gnocchi, o semplicemente stufate in padella con dell'aglio, oppure nella produzione di burri aromatici, di caramelle, di mieli, o una volta essiccate, di tisane.
Sono numerose le varietà di erbe spontanee che si possono mangiare. Di seguito riporto un elenco di quelle più diffuse e conosciute.
Borragine: erba selvatica tipica della Liguria, della Toscana e della Campania; viene utilizzata nella preparazione di insalate, zuppe, farciture per pasta fresca e ripieni di torte salate. Ha dei fiori di colore blu che apportano al piatto un aroma delicato. Deve essere raccolta quando le foglie sono ancora giovani e non completamente ricoperte di peluria.
Cerfoglio: pianta molto simile al prezzemolo, ma di colore più chiaro e dalle foglie "piumose". Va utilizzato rigorosamente fresco, né cotto né bollito, ma tritato all'ultimo momento. Ha un aroma delicato e dolciastro, e viene adoperato come aromatizzante nella preparazione di insalate, di minestre, di salse al burro, di pesce alla griglia.
Crescione: esistono tre varietà di crescione, ma solo due sono quelle utilizzate nelle insalate: il crescione inglese, dallo stelo biancastro con foglie piccolissime, e il crescione d'acqua, dalle foglie tondeggianti. Quest'erba conferisce alle preparazioni un caratteristico aroma pungente, tra il piccante e l'amaro.
Ortica: pianta diffusa in tutta Italia, è molto ricca di vitamina C, azoto e ferro, e può essere usata come alimento nei risotti, nei minestroni, nelle frittate o nelle frittelle. Viene anche impiegata per arrestare la caduta dei capelli.
Portulaca: erba che cresce nel periodo estivo, di cui si utilizzano le foglie per creare abbinamenti con pomodori crudi e diverse varietà di insalata, e i rametti per essere conservati sott'olio come i capperi. Silene o strigolo: erba spontanea in genere utilizzata per preparare risotti, ripieni, frittate e minestre, oppure servita come contorno, semplicemente cotta al vapore. Quando è giovane se ne possono utilizzare le foglie ancora tenere per preparare un'ottima insalata.
Tarassaco: conosciuto comunemente come dente di leone o soffione, viene usato sia dalla farmacia popolare per la "tarassacoterapia", sia dagli allevatori di api, sia dall'arte culinaria come un'apprezzata insalata primaverile depurativa da mangiare a fine pasto. Con i suoi fiori, inoltre, viene prodotta una marmellata.
Tra le altre erbe selvatiche commestibili ricordo: l'acetosella, l'achillea, l'altea, la beccabunga, la borsa del pastore, il levistico, la melissa, la piantaggine, la pimpinella, la valerianella, la coda di topo e la coda di volpe, il trifoglio rosso e bianco, la brassicacea, il centocchio, l'asparagina, l'erba cipollina, l'aglio selvatico, la plantago lanceolata, l'equiseto, la malva, il timo, la verbena, la vite, il gelso, e la bardana.
Come con i funghi, anche con le erbe spontanee si rischia di incappare in alcune specie velenose o tossiche, a volte addirittura mortali. Quindi conviene imparare a conoscerle prima di raccoglierle e consumarle, oppure affidarsi a degli esperti. In questo modo la scelta potrà essere limitata a una decina di piante ma si avrà la certezza di concentrarsi su quelle sicuramente commestibili, reperibili nei mercati e con una buona resa in cucina. Tra le piante spontanee tossiche ricordo il ranuncolo, la romice, la robinia, la vitalba ed il pepe d'acqua.
In Italia esistono numerosi festival delle erbe spontanee, tra cui ricordo i principali: quello di San Colombano al Lambro, in provincia di Milano, che si tiene a giugno, quello del parco del Monte Subasio in Umbria che si tiene a marzo e quello ligure, la Festa delle erbe, che si svolge a giugno ad Andora, in provincia di Savona.
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