La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è stata descritta per la prima volta nel 1860 da un neurologo francese. È una malattia neurodegenerativa caratterizzata da una progressiva paralisi muscolare dovuta alla perdita dei motoneuroni corticali (il 1° motoneurone, che attraverso un sistema di cellule trasporta il segnale nervoso attraverso prolungamenti che dal cervello arrivano al midollo spinale) e dei motoneuroni spinali (il 2° motoneurone, che è formato da cellule nervose che trasportano il segnale dal midollo spinale ai muscoli).
In generale si parla di Motor Neuron Disease per indicare il complesso spettro delle patologie caratterizzate dalla distruzione dei neuroni motori nel midollo spinale, tronco dell’encefalo o entrambe.
Nella SLA si assiste alla distruzione e alla morte progressiva delle cellule del 1° e del 2° motoneurone, con progressiva perdita della forza muscolare (ecco perché la sindrome è definita come amiotrofica) e della capacità di muoversi, fino ad arrivare alla paralisi totale di braccia e gambe, con compromissione nella funzionalità dei muscoli del collo, della faringe e della laringe, con progressiva perdita nella capacità di masticare, deglutire, parlare: nelle ultime fasi della malattia risulta fortemente compromessa la capacità respiratoria, fino ad arrivare alla morte per asfissia. Nel quadro di degenerazione muscolare, la mente resta vigile e lucida e perfettamente in grado di capire quello che sta succedendo. Si stima che la malattia colpisca 3 persone ogni 100000 abitanti, solo in Italia ci sono circa 5000 malati; tende a colpire in ugual misura sia i maschi che le femminile, con una leggera preferenza per il sesso maschile e insorge, generalmente, fra i 40 e i 70 anni. Sempre da un punto di vista epidemiologico si distingue fra SLA sporadica classica, SLA familiare e SLA del Pacifico Occidentale: tutte le forme sono simili dal punto di vista clinico, differiscono appunto per l’epidemiologia e probabilmente per la patogenesi.
Le cause che conducono al disturbo non sono note, sono state fatte delle ipotesi più o meno accreditate; la SLA nella sua forma familiare (5-10% dei casi totali) riconosce una base genetica, nel 20% dei casi è riconducibile ad una mutazione a livello del gene della superossidodismutasi, che perde la sua funzione antiossidante. Nelle forme familiari la malattia ha un esordio anticipato di circa una decade.
Nella forma sporadica si ipotizza che la distruzione dei motoneuroni venga innescata da un eccesso di glutammato ovvero uno dei mediatori chimici utilizzato dalle cellule nervose, oppure da un cattivo funzionamento mitocondriale o da un eccessiva produzione di radicali liberi.
Secondo alcuni la SLA potrebbe essere dovuta a fattori tossico-ambientali: sembra che elementi come l’alluminio, il mercurio o il piombo e alcuni pesticidi possano danneggiare le cellule nervose e i motoneuroni, secondo altri, infine, il danneggiamento dei motoneuroni potrebbe essere innescato da un virus.
È da sottolineare come questa malattia colpisca con una certa frequenza i calciatori e i giocatori di football, ma non è frequente allo stesso modo fra i ciclisti o i corridori; secondo alcune tesi la malattia in questi sportivi potrebbe essere innescata dall’uso dei pesticidi con cui si irrorano i campi di calcio, dall’uso di sostanze dopanti o dalla frequenza di traumi e microtraumi che potrebbero accelerare la degenerazione dei motoneuroni.
La SLA si manifesta con una progressiva perdita della forza muscolare e soprattutto inizialmente si può notare una perdita dell’abilità nell’eseguire semplici gesti quotidiani come abbottonarsi i bottoni della camicia, scrivere o girare la chiave nella serratura.
Non sono presenti sintomi sensitivi: in due terzi dei casi si assiste ad un esordio asimmetrico agli arti e si acquisisce consapevolezza del problema nel momento in cui si cammina o si corre, oppure quando si nota un notevole aumento nella probabilità di inciampare.
Nella restante parte dei casi la malattia ha un esordio bulbare ovvero si notano difficoltà nell’articolare parole e frasi (disartria), fino a perdere la capacità di comunicare verbalmente (anartria), può addirittura insorgere un problema di motilità delle corde vocali che porta anche a disfonia.
Occasionalmente il sintomo di presentazione della malattia può essere rappresentato dall’insufficienza respiratoria o da apnea ostruttiva notturna .
La malattia solitamente conduce alla morte in 3-5 anni, ma esiste una discreta variabilità di decorso, con forme con una più lenta evoluzione.
Dati allo mano per arrivare alla diagnosi di SLA si impiegano circa 16 mesi. Non esiste un singolo esame che permetta di fare in maniera inequivocabile la diagnosi di SLA: è necessario ricorrere a più esami diagnostici e combinare i risultati fra di loro, in particolare risulta molto indicativa l’elettromiografia. In ogni caso la diagnosi di SLA è tanto più tempestiva quanto migliore e più attenta è l’osservazione dei sintomi nel paziente da parte del medico, che se ha la giusta intuizione può confermare la diagnosi con l’ausilio di numerosi esami e test che lo aiutano ad escludere altre malattie neurodegenerative.
Non esiste una cura che sia in grado di bloccare il decorso della SLA, è possibile attuare solo delle terapie di supporto che migliorino la qualità di vita del paziente.
L’unico farmaco approvato per la SLA è il riluzolo, una molecola che interviene sul metabolismo del glutammato, uno dei mediatori utilizzati dalle cellule nervose sovraprodotto in caso di SLA. Il riluzolo riduce la disponibilità del glutammato a livello delle sinapsi neuronali, se assunto per almeno 18 mesi sembra poter prolungare la sopravvivenza del paziente di 2-3 mesi; l’assunzione di questa molecola, inoltre, ha evidenziato di poter produrre un modesto, ma significativo rallentamento nella progressione dei sintomi bulbari ovvero agisce positivamente sulla disartria, la disfagia, la scialorrea (eccessiva salivazione) e l’atrofia della lingua; di solito è bel tollerato anche se può indurre tossicità epatica.
Gli altri farmaci che si possono somministrare mirano a ridurre alcuni sintomi e a migliorare la qualità di vita del paziente e di chi l’assiste: di solito vengono prescritti antidepressivi triciclici per il controllo della scialorrea, la carbamazepina per migliorare i crampi, il baclofene per ridurre la spasticità e il gabapentin per ridurre il dolore neuropatico.
Quando interviene l’insufficienza respiratoria è possibile prolungare la sopravvivenza ricorrendo alla ventilazione non invasiva, come pure se ci si accorge che l’alimentazione del paziente non è più sufficiente e vi è il forte rischio che il cibo passi nelle vie aeree producendo soffocamento si ricorre alla somministrazione del cibo attraverso un sondino naso-gastrico oppure si ricorre alla PEG ovvero alla gastrotomia endoscopica percutanea, che in genere consente di stabilizzare il peso e prolungare la sopravvivenza.
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Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA)
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