L'obesità è una malattia che dipende dallo stile di vita, e dove la prevenzione assume una importanza strategica. In quest'ottica diventa molto importante la considerazione che le persone hanno nei confronti dell'alimentazione ma soprattutto del controllo del peso corporeo.
Purtroppo il pensiero comune della società moderna, sebbene sia cambiato dal dopoguerra ad oggi, è ancora un grande ostacolo nella prevenzione e nella cura dell'obesità.
Curare la propria alimentazione, fare una dieta particolare, essere "a dieta", evitare o limitare alcuni alimenti perché ritenuti dannosi suscita ancora oggi ilarità, maldicenze, disapprovazione.
Chi sta cercando di perdere peso spesso preferisce nasconderlo alle persone che lo circondano, da un lato perché teme di essere deriso in quanto 'a dieta', dall'altro perché teme di essere colpevolizzato perché non ci riesce.
Spesso gli stessi familiari, invece che aiutare il soggetto sovrappeso, lo dissuadono dal perdere peso poiché subiscono ancora l'influsso della vecchia credenza popolare, così radicata nei paesi poveri del Mezzogiorno fino al dopoguerra e oltre, che 'grasso è bello' e 'grasso è sano'.
Se pensiamo che l'obesità può essere considerata la seconda causa di morte nei paesi industrializzati, tutto ciò non ha senso.
Prendiamo il fumo: moltissimi vogliono smettere e non è di certo una decisione osteggiata da parenti ed amici, anzi fumare è sempre più considerato un comportamento negativo, che danneggia la salute di chi fuma e di chi gli sta intorno.
Mangiare troppo e male dovrebbe essere vista come una cosa altrettanto negativa (certo, con tutti i distinguo del caso) poichè fa altrettanto male e ha un costo sanitario che sta diventando insostenibile. Invece, spesso è vista come una cosa negativa il cercare di correre ai ripari prima che sia troppo tardi. Finchè non cambierà questa mentalità, difficilmente si potranno raggiungere risultati soddisfacenti.
Un'altra causa sociale riguarda l'inadeguatezza delle risorse sanitarie a disposizione dei soggetti obesi.
Il problema è sia economico che culturale.
Economico poiché il numero degli obesi e di coloro che sono a rischio (i sovrappeso) è molto elevato, e la sanità pubblica non se ne può occupare poichè le spese da affrontare sarebbero elevatissime.
Culturale poiché l'obesità è stata ed è tutt'ora trattata dalla comunità scientifica come una malattia di serie B. L'interesse per questa patologia è molto diluito all'interno di molte società scientifiche nazionali, europee e nord-americane ed è sempre trattata a margine del problema principale di cui si occupano, anche se questo è strettamente implicato nell'obesità come il diabete, l'aterosclerosi, il cancro e l'ipertensione. Di conseguenza tali società non hanno potuto sviluppare fino ad ora obiettivi sociali e comunitari.
Come se non bastasse la maggior parte della classe medica ha trattato l'obesità per anni (e lo fa tutt'ora) in modo sbagliato, concentrandosi solo sull'approccio nutrizionale e farmacologico e non considerando quello psicologico e sociale.
Si è così sviluppato quel modello morale che ritiene l'obesità solo una condizione secondaria alla mancanza di forza di volontà e sottovaluta la potenza delle cause genetiche, biologiche, ambientali, psicologiche e cognitive.
Questo approccio ha un tasso di fallimento superiore al 90%: questa situazione ha fatto sì che la Diet Industry prendesse piede contribuendo a inculcare nella popolazione l'idea che è possibile ottenere risultati in tempi brevi e senza fatica, alimentando false speranze e una errata valutazione della malattia, alla quale non viene mai dato il giusto peso e la giusta considerazione, anzi spesso non è nemmeno considerata una malattia.
L'esame delle feci è una procedura diagnostica che consiste nella raccolta e nell'analisi di un campione di feci, al fine di individuare alcune eventuali condizioni patologiche.
Se è vero che invecchiare è un processo naturale e fisiologico, lo è anche che esistono differenze abissali tra l'età anagrafica e quella biologica di ognuno di noi.
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