I gradi di obesità si riferiscono ad una valutazione della composizione corporea basata sul BMI (Body Mass Index) o Indice di Massa Corporea (IMC). Questo valore si ottiene attraverso il rapporto tra il peso corporeo, espresso in kg, e il quadrato dell'altezza di un individuo, espressa in metri. Questo indice permette di realizzare una prima analisi della composizione corporea del soggetto, andando a determinare le condizioni di sovrappeso, sottopeso, obesità e normopeso.
In realtà, però, le conclusioni cui si può giungere utilizzando questo parametro non sono sempre valide, e non risultano particolarmente utili in alcune categorie di soggetti, come uomini con percentuale particolarmente alta di massa muscolare o nei bambini.
Infatti, il BMI tiene conto non solo della massa grassa presente nel corpo, ma ovviamente anche della massa magra e muscolare. Pertanto, deve essere affiancato ad ulteriori metodi di valutazione della composizione corporea, in modo che si abbia una maggior certezza e completezza della diagnosi formulata.
A livello degli studi di popolazione, il BMI è comunque un valido strumento di valutazione statistica della composizione corporea della popolazione, che aiuta nella valutazione della morbilità e della mortalità connessa allo sviluppo dell'obesità.
Nel singolo individuo, invece, il BMI rimane un valore puramente indicativo, da affiancare ad ulteriori metodi di valutazione.
Per rispondere a questa domanda bisogna considerare i livelli di BMI del soggetto. A seconda di questi valori si vanno a definire 3 diversi gradi di obesità. In generale un Indice di Massa Corporea che supera i 30 indica un potenziale stato di obesità.
Da queste definizioni di gradi di obesità, possiamo capire come per un soggetto alto 1,72 m, un peso di 70 kg lo fa rientrare nell'ambito del normopeso. Per lo stesso soggetto, invece, un peso corporeo di 120 kg lo farebbe rientrare nell'obesità di II grado.
La classificazione in gradi di obesità viene utilizzata per analizzare le conseguenze dell'obesità di diversa entità, sulla popolazione. Un esempio è lo studio realizzato nel 2017 che ha preso in considerazione un campione di donne con diversi gradi di obesità, a cui è stata stimata la forza dell'apparato muscoloscheletrico e la potenza cardiaca durante lo sforzo. Dai risultati, è stato concluso che, con l'aumentare del grado di obesità, vi è anche una riduzione della potenza dell'apparato muscoloscheletrico.
Un altro studio ha evidenziato come il rischio di patologie cardiovascolari, ed in particolare di infarto del miocardio, è maggiore per le persone che hanno un'obesità di II grado rispetto ai soggetti normopeso.
Inoltre, è stato visto che nei bambini e negli adolescenti, all'aumentare dei gradi di obesità aumenta anche il rischio di sviluppo di resistenza insulinica, indipendentemente dalla tolleranza al glucosio. In aggiunta, in questi soggetti sembra essere maggiore anche lo stato infiammatorio del tessuto adiposo. In giovane età si ha anche un maggior rischio di sviluppo di complicanze dell'obesità, come dislipidemie, pressione arteriosa alterata e resistenza insulinica, come dimostrato da questo studio.
Proprio per ovviare al problema della blanda valutazione della composizione corporea realizzata dalla classificazione dell'obesità attraverso il BMI, sono state fatte nel corso del tempo ulteriori classificazioni.
Tra queste abbiamo quella realizzata da Deurenberg nel 1988, che va a suddividere i gradi di obesità in base alla percentuale di massa grassa presente nel corpo. In questa classificazione viene considerata obesità, nella donna se si ha una percentuale di massa grassa superiore a 35%, e a 25% negli uomini. Infatti, questa suddivisione rende maggiormente conto di quei casi in cui il soggetto risulta normopeso, ma ha un valore elevato di massa grassa e di conseguenza una situazione patologica correlata all'obesità.
Negli anni sono state fatte ulteriori classificazioni, che sono ancora in corso di studio, al fine di ottenere una validazione della classificazione proposta. Una di queste è quella realizzata da Edmonton, che classifica in stadi di obesità in base alla condizione clinica del paziente.
Un'altra classificazione delle tipologie di obesità è quella che si basa sulla localizzazione del tessuto adiposo in eccesso nel corpo. Infatti, possiamo distinguere un'obesità addominale, chiamata anche viscerale o di tipo androide, in cui il grasso corporeo si deposita soprattutto nella parte addominale. Questa forma di obesità è spesso correlata con i disordini metabolici, quali diabete e dislipidemie, ma anche con un maggior rischio di patologie cardiovascolari.
L'obesità di tipo ginoide, invece, ha una localizzazione sottocutanea, situata soprattutto a livello dei glutei, della porzione posteriore del tronco, delle anche e delle cosce. Questo tipo di obesità, molto frequente nelle donne, viene chiamata "a pera".
Abbiamo poi anche un tipo di obesità cosiddetta "mista" o "diffusa", in quanto non si ha una localizzazione specifica, ma la massa grassa si deposita in modo omogeneo nel corpo, sia a livello viscerale, come nell'obesità androide, sia a livello sottocutaneo, come in quella ginoide.
L'esame delle feci è una procedura diagnostica che consiste nella raccolta e nell'analisi di un campione di feci, al fine di individuare alcune eventuali condizioni patologiche.
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