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Qual'è il perido minimo di conservazione e quindi la data di scadenza di un insaccato tradizionale (salame tipico siciliano o calabrese) e quali le normative di rifermento per una esatta etichettatura dello stesso? Grato per Vs. attenzione si resta in attesa cortese riscontro
Gentile visitatore,
la legislazione vigente prevede due definizioni diverse per le due diciture termine minimo di conservazione e data di scadenza.
Il termine minimo di conservazione indica la data fino a cui il prodotto mantiene le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione, e si indica con la scritta "da consumarsi preferibilmente entro" seguita dalla data o dalla indicazione del punto sulla confezione in cui essa figura.
La data di scadenza è utilizzata per prodotti molto deperibili dal punto di vista microbiologico ed è quella entro la quale il prodotto deve essere consumato, e va indicata con la scritta "da consumarsi entro". Per i prodotti alimentari conservabili per meno di tre mesi bisogna riportare il mese e il giorno, per quelli conservabili per più di tre mesi e meno di diciotto bisogna indicare il mese e l'anno, mentre basta l'anno per i prodotti conservabili per almeno diciotto mesi.
Nel caso dei salumi, la normativa di riferimento è il decreto legge 537/92, che recepisce la direttiva CEE 77/99. Tale legge non si applica alla preparazione di prodotti a base di carne effettuata nei negozi per la vendita al minuto o in locali adiacenti ai punti di vendita, ove tali operazioni siano compiute unicamente per la vendita diretta al consumatore.
L'indicazione degli ingredienti e della data di scadenza sono indicazioni comunque obbligatorie, quindi ogni produttore dovrebbe indicarli in evidenza sul prodotto o in una zona del locale di vendita dove risultino chiaramente leggibili. Questo purtroppo spesso non accade, a tal proposito proprio una settimana fa ho acquistato un salume nel quale gli ingredienti erano incisi nel sigillo di piombo ed erano pressoché illeggibili.
Per quanto riguarda la data di scadenza, questa non è imposta dalla legge se non per alcuni particolari prodotti (le uova e il latte fresco, per esempio), quindi ogni produttore (giustamente) deve assumersi la responsabilità di indicare la data di scadenza specifica del prodotto di sua competenza.
Di fronte a un prodotto stagionato, io andrei oltre la data di scadenza, preoccupandomi del momento migliore in cui mangiarlo per godere appieno delle sue caratteristiche.
La qualità di un prodotto stagionato aumenta col tempo fino a un massimo, per poi diminuire gradualmente fino a diventare immangiabile o peggio, tossico. Sta al negoziante vendere il prodotto nel momento opportuno, consigliando il cliente riguardo il momento migliore per gustarlo.
Purtroppo questo non avviene più, o meglio è molto raro trovare negozianti che "ammettono", per esempio, di stare vendendo un salume un po' fresco, che è bene tenere un altro mese in cantina, o che alla richiesta di un formaggio che hanno in vetrina, non te lo vendono perché "non è ancora pronto".
Per instaurare tali rapporti di fiducia bisogna dimostrare di essere appassionati e un minimo esperti, altrimenti si rischia di essere vittima di un'altra schiera di negozianti, che non aspettano altro di vendere come "prodotto tipico" un alimento di media qualità a un prezzo esorbitante.
Le certificazioni DOP e IGP sui salumi si stanno diffondendo parecchio e questo è un bene perché trovare salumi di qualità è sempre più difficile.
Una piccola provocazione: attualmente non esiste UNA certificazione DOP o IGP che escluda l'utilizzo di nitriti e nitrati nella produzione di salumi: ma siamo sicuri che i nostri discendenti usassero questi conservanti? Se la ricetta deve essere quella tradizionale, perché aggiungere additivi cancerogeni?
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