Le distrofie muscolari (distrofinopatie, DM) sono malattie geneticamente determinate e tra le malattie muscolari sono le più frequenti. Sono malattie eterogenee in cui l'aspetto comune è la degenerazione e la distruzione delle fibrocellule muscolari, con progressiva necrosi (morte) e diminuzione del loro numero.
Le varie forme di distrofie si differenziano in base all'età di insorgenza, alla distribuzione del deficit muscolare e al tipo di trasmissione genetica.
Il difetto consiste in una mutazione del gene localizzato sul braccio corto del cromosoma X (locus Xp21), che codifica per la distrofina. Vengono quindi definite distrofie X-linked.
Questa distrofina è una proteina strutturale localizzata all'interno della membrana muscolare ed è legata ad altre proteine formando così un complesso proteico che ha la funzione di mantenere stabile la struttura della membrana muscolare, che viene sottoposta a continue sollecitazioni durante il ciclo di contrazione e rilasciamento tipico delle fibre muscolari.
La trasmissione di queste malattie è diaginica, cioè i maschi risultano essere sempre malati, mentre le femmine possono risultare malate nel caso in cui siano omozigoti, altrimenti sono portatrici e prive quindi di sintomi.
I due tipi principali di distrofia sono quella di Duchenne e quella di Becker.
Entrambe sono X linked ma a seconda del tipo di mutazione (delezione, duplicazione o mutazione puntiforme) si avranno quadri più gravi, caratterizzati dalla totale assenza di distrofina (Duchnne) oppure meno gravi, con presenza di distrofina parzialmente alterata quantitativamente o qualitativamente (Becker).
Come già detto in precedenza, è una malattia X-linked che colpisce i maschi (circa 1/3500 nati) e può colpire le femmine nei rari casi in cui la madre sia portatrice e il padre malato.
La mutazione colpisce la distrofina che risulta quindi assente nelle fibre muscolari portando all'instabilità e alla necrosi delle cellule muscolari.
I 2/3 dei casi sono familiari mentre il restante 1/3 è dovuto a mutazioni sporadiche di questo gene.
Dal punto di vista clinico, alla nascita i bambini sono normali ma verso i 6 mesi – un anno si osserva il cosiddetto "floppy baby" (bambino rilasciato), bambino che non riesce a sollevarsi. È caratteristico infatti della distrofia di Duchenne il ritardo nell'apprendimento della deambulazione, tant'è che se verso i 18 mesi il bambino non è in grado di camminare scatta il sospetto di distrofia che verrà confermato dai vari esami disponibili per questa malattia.
La malattia inizia a dare i suoi segni verso il terzo anno di vita con interessamento prima del cingolo pelvico e poi di quello scapolare. Il bambino presenta difficoltà oltre che nel camminare, anche nel correre, salire le scale e cade frequentemente per l'insufficienza dei muscoli glutei.
Il cingolo pelvico viene colpito per primo: il bambino non riesce a mantenere il bacino su un piano orizzontale, stando su una gamba sola (segno di Trendelemburg), quindi è costretto a spostare il baricentro verso la gamba che fornisce l'appoggio. Durante la deambulazione si alternano i movimenti di lateralità del bacino dando luogo alla tipica andatura anserina (cammina come le papere).
Inoltre in questi bambini spesso è presente un ingrossamento dei polpacci o del deltoide, detta ''pseudoipertrofia'', dovuta sia ad un tentativo di compenso della perdita di fibre (vera ipertrofia) che da una sostituzione delle stesse con tessuto adiposo (grasso) e connettivo.
A livello del tronco si osserva la scapola alata (a causa dell'atrofia dei muscoli del cingolo scapolare), la lordosi lombare si accentua (per l'alterazione dei muscoli paravertebrali) ed è caratteristico il modo in cui il bambino si alza da terra.
Viene infatti osservata la manovra di Gowers, cioè dell'arrampicamento: il bambino da prono si mette carponi, stende le gambe e avvicina il più possibile i piedi alle mani, con piccoli passetti, poi porta una mano alla volta sulle ginocchia e comincia ad arrampicarsi su se stesso finchè non raggiunge la posizione eretta.
Il decorso è rapidamente progressivo e porta alla completa incapacità di camminare verso i 10-12 anni.
L'atrofia muscolare è diffusa e l'aspetto può essere cachettico (molto magro) ma è presente, al tempo stesso, una tendenza all'obesità per l'annullamento dell’attività fisica resa impossibile dalla perdita del tessuto muscolare.
Nelle fasi successive, la malattia progredisce interessando il cuore, provocando aritmie e difetti di conduzione, mentre in fase avanzata è presente una condizione di insufficienza cardiaca che, assieme alle complicanze polmonari (insufficienza dei muscoli respiratori e fenomeni broncopneumonici) provoca la morte del paziente in genere verso i 20 anni.
La diagnosi, in caso di sospetto, inizia oltre che con l'esame obiettivo, con l'esecuzione di esami non invasivi: primi fra tutti la determinazione della creatinfosfochiansi (CPK) e l'elettromiografia (EMG).
La creatinfosfochinasi è un enzima prodotto dalle cellule muscolari che può aumentare in caso di patologie che colpiscono il muscolo, questo perché il muscolo danneggiato riversa nel torrente ematico questa sostanza.
Tuttavia, un riscontro elevato di CPK non basta per fare diagnosi di distrofia di Duchenne in quanto un valore elevato può anche risultare da altre malattie o semplicemente da un trauma muscolare.
Tuttavia, una CPK molto alta, sopra delle 1000-10000 UI (il valore normale si aggira intorno a 10-90UI), è estremamente indicativa all'esordio, ma poi tende a scendere fin quasi alla norma negli stadi avanzati. Solitamente l'entità dell'aumento della CPK dipende dalla velocità di compromissione delle fibre muscolari e dalla quantità di muscolo interessato. Per questo motivo alla fine della malattia, i valori di CPK scendono, perché oramai i muscoli sono degenerati e distrutti.
L'EMG dimostra alterazioni caratteristiche delle miopatie (ovvero malattie che interessano i muscoli), con potenziali di fibrillazione spontanei originati sia da fibre denervate che da fibre in rigenerazione.
L'esame per la conferma della malattia, oltre alle manifestazioni cliniche caratteristiche, è la biopsia muscolare.
Con questo esame si possono infatti osservare fibre muscolari di calibro variabile, fibre in degenerazione miste a fibre necrotiche e fibrosi sostitutiva.
E' importante lo screening per evidenziare le portatrici sane della malattia. Si fa spesso uno screening epidemiologico che indica le portatrici obbligate come quelle con un figlio affetto e precedente storia familiare positiva, e si aggiunge il dosaggio di CPK, EMG e biopsia.
Oggi tutto è molto più semplice con l'analisi genetica in soggetti a rischio e nel sangue fetale, e l’accuratezza raggiunge il 100%.
Altra tecnica è l'immunofluorescenza con marker per la distrofina nella biopsia muscolare: l'assenza di distrofina è di fondamentale importanza per la diagnosi di distrofia di Duchenne.
La diagnosi differenziale di questa malattia va posta con altre affezioni muscolari (miopatie metaboliche, mitocondriali, flogistiche, miotonie), miastenia, neuropatie e moto neuropatie.
Ad oggi non esiste alcuna terapia specifica ed efficace nelle distrofie muscolari (né per la Duchenne né per la Becker che è qui sotto riportata), per questo motivo la prevenzione ha un'importanza fondamentale.
La fisioterapia è molto importante perché con l'immobilizzazione si possono verificare alterazioni scheletriche, contratture muscolari, deformità delle articolazioni e mira quindi a combattere le limitazioni articolari e le retrazioni tendinee.
Inoltre è stato dimostrato che il prednisone ad alte dosi (1,5 mg/kg fino ad un massimo di 80 mg/die), ma anche deflazacort, (fino ad un massimo di 70 mg/die), migliorano il decorso clinico della distrofia di Duchenne.
È determinata da mutazioni dello stesso gene della distrofia di Duchenne, ma in questo caso la proteina è presente in quantità minore rispetto alla norma e presenta delle anomalie qualitative, quindi risulta essere meno stabile.
Il tipo di eredità è simile alla distrofia di Duchenne, ma meno frequente.
L'esordio più tardivo, fra i 5 e i 25 anni, con disturbi simili molto simili alla Duchenne ma con un'evoluzione più lenta e l'invalidità viene raggiunta anche dopo 25 anni dall'insorgenza dei sintomi.
Le lesioni cardiache sono meno frequenti e meno gravi, per cui la durata della vita può anche non subire significative variazioni: tuttavia in alcune famiglie geniche l'interessamento del cuore è molto più grave.
La differenza fra questa forma e la distrofia dei cingoli, oltre che la genetica, è la diversa distribuzione dei sintomi sul piano clinico.
Distrofia muscolare dei cingoli. Malattia a trasmissione autosomica recessiva, più raramente dominante. L'esordio avviene tra l'infanzia e la terza decade di vita. È caratterizzata da atrofia e debolezza muscolare, che iniziano nei muscoli del cingolo scapolo-omerale e/o nei muscoli del cingolo pelvico. Tardivamente vi può essere interessamento dei muscoli distali degli arti. Il decorso clinico è variabile, con casi a progressione lentissima ed altri ad esordio relativamente tardivo, con rapida invalidità. È frequente la pseudoipertrofia dei polpacci e del deltoide. L'elevazione degli enzimi muscolari è modesta.
Miopatia del quadricipite. È caratterizzata da insorgenza in età adulta (20-25 anni) di ipostenia e ipotrofia limitate al quadricipite femorale (il maggior muscolo della coscia), almeno inizialmente. Spesso, ad uno studio approfondito, si riscontra il coinvolgimento di altri distretti muscolari prossimali.
Distrofia facio-scapolo-omerale. Causata dall'alterazione di un gene localizzato sul braccio lungo del cromosoma 4 e viene trasmessa con meccanismo autosomico dominante. L'esordio della sintomatologia avviene durante l'adolescenza, ma talora in età adulta o più tardi. Alcuni pazienti possono esserne solo lievemente affetti.
Colpisce soprattutto il cingolo scapolare ed i muscoli facciali. L'indebolimento dei muscoli mimici precede spesso quello dei muscoli scapolo-omerali. La mancata chiusura degli occhi durante il sonno può attirare l'attenzione durante l'infanzia, ma la patologia, in genere, è riconosciuta solo nel giovane adulto.
Di solito il paziente non riesce a stringere forte gli occhi, a corrugare la fronte, a fischiare, a stirare gli angoli della bocca. La prognosi è benigna (non dà invalidità e non riduce l'aspettativa di vita).
Distrofia muscolare oculo-faringea. Trasmessa con meccanismo autosomico dominante, si manifesta nella quinta-sesta decade di vita, con abbassamento della palpebra dell'occhio (ptosi), spesso asimmetrica e disfagia lentamente progressive. Nella maggior parte dei casi, la ptosi è la prima manifestazione clinica. Vi può essere un interessamento dei restanti muscoli extraoculari e di altri distretti corporei.
L'esame delle feci è una procedura diagnostica che consiste nella raccolta e nell'analisi di un campione di feci, al fine di individuare alcune eventuali condizioni patologiche.
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