L'endocardite infettiva è un'infezione che colpisce l'endotelio del cuore (già in precedenza leso) e si localizza principalmente all'endotelio delle valvole cardiache, sia native che artificiali.
Sulla lesione si forma una vegetazione (tipica di questa malattia) con conseguente batteriemia (germi patogeni nel torrente ematico).
I microrganismi responsabili dell'endocardite possono essere sia batterici che fungini.
Sulle valvole native o dove esistano difetti intracardiaci, l'85% delle endocarditi è sostenuto dagli Streptococchi (soprattutto il Viridans) che determinano un quadro clinico più sfumato, con febbre non altissima ma di lunga durata.
Causa di endocardite possono essere anche lo Stafilococco Aureo (in aumento e normalmente presente sulla cute) e i funghi come la Candida.
Nei portatori di protesi valvolari, se l'infezione compare entro 2 mesi dall'impianto solitamente è data dallo Stafilococco Epidermidis, mentre se compare dopo i 2 mesi, dallo Stafilococco Aureo e dall'Epidermidis.
I tossicodipendenti che fanno uso di siringhe non sterili sono anch'essi molto a rischio di sviluppare endocardite batterica sostenuta nella quasi totalità dei casi dallo Stafilococco Aureus, presente normalmente sulla cute che entra in circolo a causa dei frequenti buchi per l'iniezione endovena della droga.
La comparsa di un'endocardite infettiva vede il succedersi di una serie di eventi ben precisi:
Le valvole vengono solitamente così colpite:
Come già detto in precedenza, ci sono dei fattori cardiaci e non che predispongono l'insorgenza dell'endocardite batterica.
Tra i fattori cardiaci ci sono i difetti congeniti (pervietà dotto di Botallo, stenosi polmonare congenita, valvola aortica bicuspide, tetralogia di Fallot, difetti del setto interventricolare, coartazione dell'aorta, sindrome di Marfan), la malattia reumatica, le lesioni cardiache degenerative (calcificazione dell'anulus mitralico, lesioni nodulari calcifiche, trombosi post-infartuale), prolasso della mitrale, protesi valvolare e pacemaker.
Per quanto invece riguarda i fattori non cardiaci, a rischio di endocardite sono i tossicodipendenti, i soggetti sottoposti a dialisi per insufficienza renale, gli immunodepressi (trapiantati o HIV positivi).
I segni e i sintomi dell'infezione sono solitamente precoci e numerosi, ma spesso non specifici per questa malattia.
Tra quelli generali, la febbre di tipo continuo quasi mai con brividi, con valori inferiori a 39°, accompagnata spesso da inappetenza, perdita di peso e malessere generale, mentre meno comuni risultano essere la cefalea e la sudorazione profusa.
L'auscultazione cardiaca può rivelare la comparsa di nuovi soffi cardiaci o la modificazione di soffi preesistenti. Inoltre ci possono essere tachicardia, splenomegalia (oggigiorno meno frequente grazie alle terapie antibiotiche a nostra disposizione), petecchie alla congiuntiva degli occhi, alla bocca, alla mucosa del palato.
L'endocardite infettiva può avere complicanze emboliche, con la comparsa di infarti renali, splenici, polmonari (soprattutto nel tossicodipendente), occlusione dell'arteria retinica, macchie di Janeway sulle palme delle mani e dei piedi (piccole manifestazioni eritematose o emorragiche), emorragie intracraniche. Molto più rari sono gli ascessi cerebrali.
Tra invece le manifestazioni da immunocomplessi che possono comparire durante questa malattia, si descrivono soprattutto le lesioni renali (glomerulonefriti con ematuria e iperazotemia che possono portare ad insufficienza renale), noduli di Osler (noduli piccoli come capocchie di spillo, violacei e dolenti, a volte presenti a polpastrelli delle dita delle mani), macchie di Roth (a livello della retina dell'occhio), positività per fattore reumatoide, anticorpi antiendocardio e antisarcolemmatici.
Per la diagnosi di endocardite batterica sono stati formulati i criteri di Duke, che si distinguono in maggiori e minori.
I criteri maggiori di Duke sono i seguenti.
I criteri minori che da soli non permettono di fare diagnosi ma la presenza di più di essi ci orienta verso di essa sono:
Per far diagnosi certa ci si avvale di 2 criteri maggiori, oppure di 1 maggiore + 3 minori oppure 5 criteri minori (meno attendibile però).
Dal punto di vista strumentale risulta quindi importantissimo l'ecocardiogramma, che può essere fatto per via transtoracica (dà positività in circa il 65% dei casi) o per via transesofagea (positività nel 90% dei casi). Solitamente si esegue prima il transtoracico, in quanto meno invasivo. Se risulta negativo ma sussistono i dubbi di endocardite si fa il transesofageo.
L'emocoltura, oltre ad essere importantissima per la diagnosi di batteriemia, permette anche di individuare il batterio causa dell'endocardite e quindi di impostare una terapia antibiotica mirata per quel particolare agente patogeno.
La terapia dell'endocardite si basa sulla somministrazione di antibiotici, sono il alcuni casi si deve ricorrere alla cardiochirurgia.
La terapia antibiotica è basata sull'identificazione del microrganismo responsabile tramite l'emocoltura e sull'antibiogramma, che permette di dimostrare a quali antibiotici il batterio è maggiormente sensibile.
Il trattamento iniziale dovrebbe essere condotto con dosaggi massimi per via endovenosa, in modo da assicurare una concentrazione costante di farmaco nell’arco delle 24 ore.
In caso di risposta positiva, la terapia va condotta per 4 settimane e a partire dalla 2° settimana è possibile passare alla terapia assunta per via orale.
In caso di endocardite con emocoltura negativa, si inizia terapia empirica a largo spettro, che comprende un macrolide associato ad un antibiotico specifico per i batteri Gram negativi a dosi elevate. Quando l'emocoltura si sarà positivizzata si passerà alla terapia mirata.
La terapia chirurgica ha delle indicazioni ben precise e può essere impiegata in questi casi:
L'endocardite è una malattia la cui prognosi è stata radicalmente modificata dall'avvento della terapia antibiotica e dalla chirurgia nei casi sopra elencati.
In assenza di trattamento provoca la morte nel 90% dei casi, oggi invece oltre l'80% dei casi può essere curato con la terapia antibiotica adeguatamente e prontamente somministrata.
Visto che la malattia compare spesso come conseguenza di manovre mediche invasive che comportano batteriemia (estrazioni dentarie, endoscopie, cateterismo vie urinarie, cateterismo cardiaco, emodialisi, cateteri venosi centrali, ecc…), queste dovrebbero essere precedute e seguite da profilassi antibiotica attiva su batteri Gram positivi o negativi a seconda della sede di intervento.
La profilassi non risolve definitivamente il rischio di endocardite, ma riduce le probabilità che essa possa comparire.
Per le manovre sull'apparato respiratorio o dentario, si usa solitamente amoxicillina o vancomicina o clindamicina in caso di allergie, mentre per gli interventi che comportano un rischio maggiore di batteriemia da Gram negativi si usa di solito la gentamicina.
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