Il termine pemfigo raggruppa un insieme di patologie rare caratterizzate dalla presenza di cavità scavate nell'epidermide, a causa di un processo autoimmune provocato da autoanticorpi.
Si può operare un'ulteriore suddivisione in:
L'epidermide è lo stato più superficiale della cute ed è costituito a sua volta da numerosi strati di cellule specializzate, dette cheratinociti.
Lo strato di cellule più interno è detto strato basale. Le cellule basali e quelle subito sopra di loro sono quelle colpite nei pemfighi a tutto spessore, mentre nei pemfighi superficiali il bersaglio sono i cheratinociti degli strati più esterni dell'epidermide.
In entrambe le forme il danno è dovuto a degli autoanticorpi, cioè anticorpi che attaccano il soggetto stesso che li produce; essi sono perlopiù di classe IgG, raramente di classe IgA.
Gli anticorpi attaccano le proteine che fanno da giunzione, da cerniera tra i vari cheratinociti, che così perdono la loro coesione e danno vita a delle cavità, dette bolle.
La causa primaria di questo processo autoimmune non è nota, ma si è osservato che esiste una predisposizione genetica a sviluppare la malattia.
È la patologia più frequente tra quelle appartenenti al gruppo del pemfigo (rappresenta l'80% circa di tutte le forme di pemfigo). Rimane comunque una malattia molto rara: si registrano circa 3 nuovi casi per milione di persone ogni anno e l'età più colpita è tra i 30 e i 60 anni.
A riprova dell'importanza della predisposizione genetica, la malattia dimostra una prevalenza maggiore in alcune etnie, tra cui gli Ebrei aschenaziti.
Inizialmente, la presentazione è subdola, con delle erosioni all'interno della mucosa della bocca, che spesso vengono sottovalutate e scambiate per patologie banali.
La diagnosi viene fatta quasi sempre più tardivamente, quando compaiono le caratteristiche bolle sulla cute, in particolare intorno all'ombelico, su torace, cuoio capelluto e a livello di ascelle e inguini.
Le bolle sono flaccide e si rompono facilmente, lasciando ampie zone di cute esposta, col rischio concreto di fare da porta di ingresso per infezioni anche molto gravi.
Le bolle non danno prurito e sono definite ''fredde'', poiché compaiono su zone di cute apparentemente sana, senza un'infiammazione precedente.
Il paziente ha inoltre una grave compromissione delle sue condizioni generali: sono frequenti dolori in corrispondenza delle bolle, astenia (ovvero mancanza di forze), sia per la malattia in sé, sia per l'impossibilità ad alimentarsi a causa delle lesioni orali.
Può esserci febbre o addirittura sepsi (sindrome clinica caratterizzata da un'esagerata infiammazione sistemica, causata da vari organismi patogeni) in caso le infezioni si diffondano al torrente circolatorio.
Una forma particolare di pemfigo volgare è il cosiddetto pemfigo vegetante, variante rara, nella quale il centro delle bolle che sono erose comincia a proliferare, formando delle vegetazioni maleodoranti.
Nella fase iniziale, quando sono presenti solo le erosioni orali, la diagnosi clinica è difficile, ma un bravo dermatologo dovrebbe sempre sospettare il pemfigo quando queste lesioni non passano col tempo.
All'esame obiettivo della cute si può elicitare il segno di Nikolsky: se l'esaminatore preme e trascina il polpastrello su una zona di cute sana, essa si scolla facilmente e si forma una bolla.
Esiste anche il segno di Nikolsky II: se si esercita pressione nelle immediate vicinanze di una bolla, questa si espanderà in corrispondenza del punto che si è premuto.
Il liquido delle bolle può essere osservato al microscopio e, con delle colorazioni particolari (test di Tzanck), si possono evidenziare le cellule che si staccano fra di loro (fenomeno denominato "acantolisi").
La diagnosi definitiva si fa con una biopsia della cute sana, con l'ausilio di tecniche (come l'immunofluorescenza), che mettono in risalto gli autoanticorpi.
Attualmente si stanno affermando anche altre tecniche diagnostiche di biologia molecolare, che aiutano nella diagnosi e sono utili nel monitoraggio della malattia.
Il cardine della terapia consiste in corticosteroidi ad alte dosi, che hanno una buona efficacia e permettono di controllare una patologia che, prima della loro introduzione, era quasi invariabilmente fatale.
Se la malattia è in fase di remissione clinica, i farmaci possono essere ridotti e, eventualmente, sospesi, se per un periodo di tempo sufficientemente lungo non si formano nuove bolle e la sintomatologia è silente.
Tuttavia il paziente va monitorato nel tempo perché sono frequenti le recidive.
I corticosteroidi sono gravati di numerosi effetti collaterali perciò, per risparmiare sul loro dosaggio, vi si possono associare farmaci immunosoppressori, tra cui la cilclofosfamide e il mofetil micofenolato, ma anche gli immunosoppressori comportano effetti avversi molto importanti.
Più recentemente si è provato a utilizzare il rituximab (anticorpo ingegnerizzato contro i linfociti B).
Rispetto al pemfigo volgare, vengono colpiti gli strati più superficiali dell'epidermide, perciò le bolle sono molto sottili e difficilmente visibili poiché assomigliano a una semplice esfoliazione.
La diagnosi e la terapia di queste forme sono simili a quelle del pemfigo volgare, ma la loro gravità è solitamente inferiore.
Le 3 varianti principali di pemfighi superficiali sono le seguenti:
Esistono delle forme di pemfigo che si manifestano in associazione a tumori maligni, in particolare a linfomi non Hodgkin e più raramente in presenza di altri tumori del sistema ematopoietico.
A volte queste forme regrediscono da sole se il tumore viene eradicato, ma di solito è necessario un trattamento a base di corticosteroidi o immunosoppressori, come nel pemfigo volgare.
Alcuni medicinali possono innescare delle forme di pemfigo, sia superficiale, che volgare.
I farmaci più spesso implicati hanno la caratteristica di contenere zolfo, come la D-penicillamina, il captopril, la tiopronina, ma anche l'interferone α.
Purtroppo, se si smette di assumere il farmaco la malattia guarisce solo in 1/3 dei casi.
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