La glicemia rappresenta la concentrazione di glucosio nel sangue. La glicemia è uno dei più importanti esami di routine perché una sua alterazione è indice di squilibri metabolici potenzialmente molto gravi.
Il glucosio (o glucoso) è un monosaccaride, uno zucchero formato da una sola unità semplice che sta alla base di altre molecole più complesse, come i disaccaridi e il glicogeno. I disaccaridi come il saccarosio (lo zucchero da cucina: glucosio+fruttosio) o il lattosio (lo zucchero del latte: glucosio+galattosio) fino alle grosse macromolecole di deposito quali il glicogeno. Il glucosio rappresenta una fonte immediata di energia per le cellule e importanti organi come il cervello possono utilizzare solo il glucosio per il loro metabolismo.
La glicemia può essere misurata su diversi materiali biologici: i dispositivi portatili (glucometri cosiddetti POCT = Point Of Care Technology), usati in ambito sia ospedaliero per il monitoraggio che extraospedaliero, cioè a domicilio, per l'autocontrollo dei pazienti diabetici, dosano la glicemia sul sangue intero ottenuto tramite una piccola puntura sul polpastrello di un dito della mano.
Per misurare la glicemia in laboratorio si utilizza il plasma (parte fluida del sangue, cioè quella senza la componente cellulare, ottenibile con l'aggiunta di anticoagulanti) o il siero (ciò che resta del plasma dopo la coagulazione) ricavato per centrifugazione da un prelievo di sangue venoso.
La glicemia misurata su sangue intero è leggermente inferiore a quella di plasma/siero, per via del volume occupato dalle cellule (ematocrito), nelle quali la concentrazione dello zucchero è più bassa. Alcuni POCT apportano automaticamente la correzione dei risultati in base al valore di ematocrito, ma in ogni caso va sottolineato che l'unico metodo affidabile per la misurazione della glicemia, soprattutto in vista della diagnosi di diabete mellito, è quello di laboratorio che sfrutta un principio enzimatico che riconosce in maniera specifica la molecola di glucosio.
La glicemia è uno di quegli esami del sangue di routine normalmente richiesti dal medico anche per un semplice controllo dello stato di salute e solitamente viene dosata in condizioni di digiuno (dalla sera prima, non di più, e anche da caffé, thè e sigarette) e di riposo, avendo cura di evitare nei giorni precedenti l'assunzione di farmaci in grado di alterare la concentrazione ematica del glucosio, in particolare i glucocorticoidi (cortisone). Più in dettaglio, stress, traumi, infarto del miocardio, accidenti cerebrovascolari possono aumentare la glicemia; e, tra i farmaci, l'iperglicemia può essere indotta da betabloccanti, corticosteroidi, adrenalina, estrogeni, glucagone, diuretici. Diminuzione della glicemia può essere indotta invece da insulina, alcool, clofibrate.
A digiuno la glicemia è normalmente pari, in media a 80-90 mg/dl (5,55 mM - valori normali 60-110 mg/dl) e rappresenta un parametro omeostatico, cioè controllato costantemente per mezzo di vari ormoni, il principale dei quali è l'insulina prodotta dal pancreas, in modo che rimanga racchiusa entro limiti abbastanza costanti, nonostante l'alternanza di periodi post-prandiali in cui lo zucchero è abbondante e di periodi tra un pasto e l'altro in cui lo zucchero non può provenire dal tratto gastroenterico, ma solo dai depositi di glicogeno del fegato.
La costanza della glicemia è necessaria perché come si è detto alcune cellule e tessuti (sistema nervoso e globuli rossi) sono strettamente dipendenti dalla presenza di glucosio come fonte di energia. Infatti se l'apporto di glucosio dalle scorte è insufficiente, la glicemia si abbassa, cioè il soggetto va in ipoglicemia, e inizia a manifestare sofferenza cerebrale con capogiri e senso di spossatezza, sudorazione e anche perdita della coscienza sino al coma ipoglicemico.
Per evitare questo, anche nel caso in cui non vengano introdotti carboidrati, il fegato sintetizza glucosio da proteine e da lipidi in un processo chiamato gluconeogenesi. Tale processo provoca però un eccesso di urea (con sovraccarico renale) e un accumulo di corpi chetonici con conseguente acidosi, che alla lunga può causare problemi di salute, come nel caso delle diete iperproteiche protratte a lungo nel tempo.
In determinate circostanze può essere utile dosare la glicemia non a digiuno ma dopo un pasto (precisamente dopo 2 ore dal pasto) o dopo l'assunzione di una bevanda standard a base di glucosio (75 grammi in 250-300 ml di acqua), in questo ultimo caso effettuando più prelievi di sangue per descrivere una curva della variazione della glicemia, eventualmente associata alla curva dell'insulinemia. Questo test viene esguito in ambito ambulatoriale, prende il nome di OGTT (Oral Glucose Tolerance Test = test da carico orale di glucosio) ed è molto importante per la conferma di diagnosi di diabete o pre-diabete.
Ovviamente anche il cibo influenza le variazioni della glicemia, in particolare il controllo della glicemia da parte dei carboidrati dipende dal loro indice glicemico e dal carico glicemico.
Per indice glicemico si intende la velocità con cui aumenta la glicemia in seguito all'assunzione di 50 g del carboidrato sotto esame. L'indice è espresso in termini percentuali, rapportandolo alla velocità di aumento con la stessa quantità di glucosio (indice pari a 100): un indice glicemico di 50 vuol dire che l'alimento innalza la glicemia con una velocità che è la metà di quella del glucosio.
Il carico glicemico invece è il prodotto tra l'indice glicemico e la percentuale di carboidrati presente nell'alimento in esame, diviso per 100.
Quando si introduce del cibo, nel sangue si sviluppa una risposta insulinica che serve a mantenere la glicemia in un certo range, stimolando il passaggio dello zucchero dal circolo all'interno dei tessuti insulino-dipendenti (fegato e muscoli, in primis). È ovvio che il picco insulinico è tanto maggiore quanto più alto è l'indice glicemico dei carboidrati introdotti e quanto maggiore è il carico assunto. Anche in questo caso per avere una situazione ottimale e sotto controllo è bene evitare il sovrappeso, fare attività fisica e non eccedere con i carboidrati (cioè fare attenzione al carico glicemico), soprattutto con quelli ad alto indice glicemico. La misurazione della glicemia è importante soprattutto per la diagnosi delle condizioni di iperglicemia (diabete mellito) e più raramente di ipoglicemia (glicemia inferiore a 50 mg/dl).
Nel diabete mellito di tipo 1 (quello del giovane), verificandosi l'assenza di insulina per malfunzionamento del pancreas, l'esordio è eclatante, mentre nel diabete di tipo 2 (tipico dell’adulto/anziano) spesso la malattia è presente e progredisce in maniera asintomatica (anche per 7 anni) poiché l’insulina c'è ma funziona male, e allora diventa molto importante un controllo periodico della glicemia, in particolare dopo i 45 anni di età e nei soggetti a rischio per familiarità o altri fattori legati allo stile di vita. Addirittura la glicemia del mattino, a digiuno, appare essere un importante fattore predittivo nei confronti dell'insorgenza del diabete di tipo 2, quando ancora confinata nell'intervallo di normalità (tra 60 e 100-110 mg/dl). È stata infatti dimostrata una correlazione positiva tra l'aumento dei livelli di glicemia del mattino ed il rischio di insorgenza del diabete. In particolare, per ogni mg/dl in più di glucosio nel sangue il rischio di insorgenza della malattia aumenterebbe del 6% nell'arco di 81 mesi. Più precisamente, è stato visto che i soggetti con livelli di glucosio tra 95 e 99 mg/dl hanno una probabilità più che doppia di sviluppare diabete rispetto a quelli con una glicemia sotto a 85mg/dl (Nichols et al., 2008).
Si parla propriamente di diabete mellito quando, anche in assenza di sintomatologia specifica, si verifica il risconto di iperglicemia a digiuno e/o dopo carico in almeno due distinte occasioni.
Per confermare invece un sospetto clinico di diabete è necessario che sia soddisfatto uno dei seguenti criteri:
Inoltre la positività ad uno di questi test andrebbe confermata con l'esecuzione di almeno un altro dei due rimanenti, questo per porre con certezza pressoché assoluta la diagnosi.
Valori inferiori ai suddetti ma comunque superiori alla norma non sono ancora diagnostici di diabete ma ne lasciano intravedere una possibile futura insorgenza, oltre a rappresentare già dei fattori di rischio per le malattie del cuore e dei vasi.
Vi sono infatti situazioni definite oggi di pre-diabete e rappresentate da alterata glicemia a digiuno (IFG, Impaired Fasting Glycemia): valori tra 100 e 125 mg/dl; e "ridotta tolleranza al glucosio" (IGT, Imapaired Glucose Tolerance): valori tra 140 mg/dl e 199 mg/dl dopo carico di glucosio. La diagnosi precoce di iperglicemia cronica, cioè di diabete, può consentire di attuare tutte quelle misure preventive e terapeutiche in grado di scongiurare o ritardare di molto le temute complicanze di questa malattia sempre più diffusa nel mondo.
Pertanto, appena si ha il sospetto di soffrire di diabete bisogna recarsi dal proprio medico curante per le indagini preliminari. Se gli esami consigliati dal medico risultassero positivi è necessario recarsi in un centro di diabetologia specializzato dove vengono date le prime indicazioni per un corretto approccio alla malattia.
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