Dal punto di vista fisico, la forza è una grandezza che si esprime nella interazione tra due corpi, provocandone la deformazione, o l'accelerazione ovvero alterandone lo stato di moto. La formula per il calcolo della forza è massa x accelerazione, e la sua unità di misura è il Newton (N): 1 N corrisponde alla forza necessaria per accelerare un corpo di un kg di massa, portandolo, in un secondo di tempo, dallo stato di quiete alla velocità di un metro al secondo (e cioè imprimendogli un'accelerazione di un metro al secondo al quadrato - 1 m/s2).
La forza è prodotta dall'uomo grazie ai muscoli, che contraendosi provocano l'accelerazione dei vari distretti corporei e il movimento del corpo. La forza umana serve per vincere resistenze alle quali il corpo umano è sottoposto durante l'esecuzione dei gesti atletici: la forza di gravità, le forze inerziali, gli impatti contro altri oggetti/persone, ecc.
Il concetto di forza è strettamente collegato a quello di potenza (P), che rappresenta la grandezza in assoluto più importante in qualunque sport. La forza prodotta dai muscoli, infatti, si traduce in movimento delle articolazioni, il quale avviene in un certo lasso di tempo. L'associazione di queste variabili (F=forza prodotta, L=ampiezza del movimento, t=tempo necessario) vengono misurate dalla variabile potenza, che è il prodotto tra la forza generata e la velocità del movimento (F x v); o in altri termini, dal lavoro svolto (cioè dalla forza moltiplicata per l'ampiezza del movimento) nell'unità di tempo (P=FxL/t).
Per migliorare la prestazione in qualunque sport bisogna aumentare la potenza espressa, e per farlo occorre aumentare la velocità di formazione della forza da parte del muscolo. Come vedremo, ci sono due strategie principali per ottenere questo risultato:
Tutte le attività umane richiedono lo sviluppo di una certa quantità di forza per essere eseguite, tuttavia molte di queste attività richiedono livelli minimi di forza, e tra di esse troviamo anche molte attività sportive, come la corsa prolungata (nella maratona l'atleta sviluppa, durante il gesto atletico, circa il 20% della forza massima).
Gli esperti di teoria dell'allenamento propongono quindi una distinzione, per definire le attività in cui sono richieste specifiche capacità di forza: essi definiscono la capacità di forza come la base condizionale necessaria per eseguire prestazioni in cui l'impiego di forza supera il 30% della forza massima.
Gli stessi autori (Bührle, Shmidtbleicher), negli anni '80, hanno proposto una suddivisione della forza in quelle che definiscono "capacità complesse": forza massima, forza rapida, forza reattiva e resistenza alla forza.
La forza massima è la forza più elevata che il sistema neuromuscolare può esprimere con una contrazione massima volontaria.
Può sembrare facile definire la forza massima, ma in realtà non lo è affatto. Innanzitutto bisogna differenziare i vari tipi di contrazione: eccentrica, concentrica, isometrica.
La contrazione muscolare è concentrica quando il muscolo si contrae mentre si accorcia. Sono le contrazioni che si verificano quando la direzione della forza resistente è opposta alla direzione del movimento, quindi ogni volta che si esegue un lancio, un balzo, si solleva un peso, si "tira" qualcosa verso di sé, ecc. In alcuni sport, come il ciclismo, la contrazione concentrica è l'unica presente.
La contrazione eccentrica avviene quando la direzione della forza alla quale ci opponiamo è uguale a quella del movimento, dunque quando assecondiamo l'azione della forza resistente, ma ne controlliamo l'accelerazione resistendo all'effetto della forza stessa. Nella fase discendente di uno squat, non cediamo alla forza di gravità, ma vi resistiamo in parte, assecondandone l'effetto ma "frenandone" l'azione. Lo stesso accade nella corsa, quando appoggiamo il piede al suolo la gamba si piega per "ammortizzare" l'impatto: il quadricipite si allunga mentre si contrae per "frenare" la caduta.
La contrazione isometrica avviene quando non c'è movimento: il muscolo resiste alla forza in posizione statica. In alcuni sport sono presenti tutti i tipi di contrazione: pensiamo al sollevamento pesi o allo sci alpino, dove in alcune fasi della curva, e soprattutto nella posizione a uovo, le gambe dello sciatore resistono alle forze inerziali e di gravità in posizione statica.
La forza prodotta nella contrazione eccentrica è superiore (dal 5 al 45%) rispetto a quella isometrica, che a sua volta è maggiore (dal 5 al 20%) rispetto a quella concentrica. Nel riferirsi alla forza massima, quindi, bisogna intendere quale tipo di contrazione stiamo considerando. Inoltre, la forza di un distretto muscolare dipende anche dal tipo di movimento, e in particolare dall'angolo dell'articolazione su cui agisce il muscolo stesso.
Per una corretta definizione, possiamo introdurre il concetto di forza massima potenziale (che possiamo chiamare forza assoluta) del muscolo, che viene espressa quando tutte le sue fibre vengono attivate, e che dipende ovviamente dalla sezione del muscolo (cioè dalla sua grandezza) e dalla composizione del muscolo (tipo di fibre). Tramite l'azione nervosa volontaria si può attivare solamente una parte della forza assoluta, questa forza massima volontaria viene chiamata soglia di mobilizzazione e la differenza tra questa e la forza assoluta prende il nome di riserva autonoma (Bührle, 1985).
Un soggetto sedentario può esprimere volontariamente solo il 70% della sua forza assoluta. L'aumento di forza che si verifica con l'allenamento specifico viene raggiunto grazie alla riduzione della riserva autonoma e al conseguente aumento della soglia di mobilizzazione: il muscolo non aumenta di volume, ma viene solamente sfruttato maggiormente nelle sue potenzialità attuali. In un secondo momento, quando si raggiungono i limiti della soglia di mobilizzazione, l'aumento di forza può essere raggiunto solo con l'aumento della massa muscolare.
I metodi per sviluppare la forza tramite questi due sistemi sono diversi: li abbiamo trattati nell'articolo sui metodi di allenamento della forza.
La forza rapida (meglio conosciuta come forza esplosiva) è una componente della forza fondamentale in moltissimi sport (sprint, salti, lanci, sci alpino, salto con gli sci, ecc).
Classicamente viene definita forza esplosiva la capacità di generare forze molto elevate nell'unità di tempo, il che tradotto in un grafico significa avere una curva forza/tempo che sia il più pendente possibile, e cioè esprimere un valore elevato del ΔF/Δt, la variazione della forza nell'unità di tempo.
Altri autori definiscono la forza esplosiva associandola al concetto fisico di impulso, espresso come variazione della quantità di moto di un corpo nell'unità di tempo, o in altri termini, come l'area sottesa dalla curva forza - tempo (e cioè come l'integrale di tale funzione).
Altri ancora hanno posto l'accento sulla forza iniziale, cioè sulla capacità di produrre una grade quantità di forza nei primissimi istanti della contrazione.
Per evitare eccessive complicazioni, anche considerando che ogni gesto atletico richiede uno sviluppo ottimale dell'accelerazione dei movimenti, molti autori concordano nel definire la forza esplosiva, o forza rapida, come la capacità di generare forza con la velocità ottimale, a seconda del tipo di prestazione.
La forza reattiva viene definita come la capacità di realizzare un notevole impegno di forza durante un ciclo di stiramento/accorciamento del muscolo, cioè durante una contrazione eccentrica seguita immediatamente da una contrazione concentrica.
Questo avviene per esempio quando effettuiamo un balzo scendendo da un gradino, seguito immediatamente da un balzo verso l'alto (un classico esercizio pliometrico). In questa condizione durante la fase eccentrica di "ammortizzamento", viene accumulata nel sistema muscolo-tendineo una energia elastica che viene rilasciata durante la fase concentrica, potenziandone l'effetto e consentendo un maggiore sviluppo di forza rispetto alla fase concentrica eseguita da posizione statica.
Secondo molti autori questo tipo di forza è una qualità a se stante, e dipende da quanto rapidamente si esegue il ciclo di allungamento, a seguito di quello di stiramento. A quanto pare, infatti, l'enegia accumulata nella fase eccentrica si perde velocemente, e quindi la fase concentrica va iniziata nel tempo più breve possibile per massimizzare lo sviluppo della forza.
La resistenza alla forza veniva definita, fino agli anni '80 del secolo scorso, come la capacità dell'organismo di opporsi alla fatica nelle prove di lunga durata. Shmidtbleicher pose il problema di riuscire a quantificare in qualche modo la resistenza alla forza, cosa che questa definizione non consentiva di fare. Egli notò che questa capacità si poteva quantificare, se la si intendeva come diminuzione, nel tempo, della forza che un atleta riesce ad esprimere in un determinato numero di ripetizioni.
Per esempio, se chiediamo a tre soggetti di ripetere dei balzi da fermo ad intervalli di 5 secondi uno dall'altro, noteremo una diminuzione progressiva dell'elevazione, che dipende da una diminuzione della forza espressa nei balzi. Questa diminuzione sarà diversa da atleta ad atleta, in funzione della maggiore o minore capacità di resistenza alla forza.
Dunque, la resistenza alla forza può essere definita come la capacità di mantenere quanto minore possibile la diminuzione del livello di forza in un determinato numero di ripetizioni.
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