Il binge eating disorder o disturbo da alimentazione incontrollata è una malattia che rientra nei disturbi del comportamento alimentare, è caratterizzata da ricorrenti episodi di abbuffate in assenza di condotte eliminatorie compensatrici.
La prevalenza di questo disturbo raggiunge l’1% della popolazione generale con una diffusione maggiore nei Paesi industrializzati occidentali e nelle donne (rapporto 3:2).
L’insorgenza di tale patologia avviene comunemente nella tarda adolescenza fino all’inizio della terza decade di vita.
La comunità scientifica internazionale è unanimemente concorde nel definire il binge eating disorder una patologia a eziopatogenesi multifattoriale. Essa è dovuta all’interazione di fattori predisponenti, scatenanti e di mantenimento e questi sono a loro volta sia di tipo biologico sia di tipo ambientale.
I fattori predisponenti sono:
Individuali:
Familiari:
Socioculturali:
I fattori scatenanti sono:
I fattori di mantenimento sono:
La caratteristica clinica principale del binge eating disorder è la presenza di ricorrenti abbuffate. Un episodio di abbuffata è caratterizzato dal mangiare in un determinato periodo di tempo, una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui mangerebbe nello stesso tempo e in circostanze simile e avere la sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (ad es. sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando).
Tali abbuffate possono presentarsi sia con alimenti dolci che salati e i soggetti generalmente sono consapevoli che tale condotta potrebbe recare danni alla propria salute.
A causa di tali comportamenti, la maggior parte di questi pazienti si presentano obesi o in sovrappeso, fattore che incide ulteriormente sulla stima di sé e sull’integrazione sociale.
Il binge eating disorder è dimostrato avere una comorbilità con altri disturbi psichiatrici, quali i disturbi dell’umore, i disturbi d’ansia e i disturbi correlati a sostanze.
In relazione ai disturbi dell’umore, i pazienti presentano frequentemente una sintomatologia associata che, senza strutturarsi come sindrome depressiva vera e propria, depone per tratti di natura depressiva. Sono presenti sentimenti di distimia (tono dell’umore cronicamente depresso in modo lieve) e colpa, così come compromissione dell’adattamento sociale e lavorativo. I sintomi depressivi possono precedere l’insorgenza del disturbo da alimentazione incontrollata o persistere dopo la risoluzione della malattia.
Per quanto riguarda, invece, i franchi quadri di sindromi depressive, numerosi studi registrano un range dal 25 all’80% di pazienti affetti da binge eating disorder.
Il disturbo bipolare invece si manifesta con una frequenza compresa tra il 3 e l’22%.
Per quanto riguarda i disturbi d’ansia sono presenti in circa l’80-90% di pazienti affetti da disturbo dell’alimentazione incontrollata. L’alta prevalenza dei disturbi d’ansia suggerisce che le abbuffate non siano altro che condotte a effetto ansiolitico.
Ampiamente studiata è stata la comorbilità con i disturbi correlati a sostanze con i quali è stata riscontrata una forte associazione. L’abuso o dipendenza da sostanze sono presenti con una frequenza del 50%. In particolare il disturbo da alimentazione incontrollata presenta alcune caratteristiche psicopatologiche con l’abuso di sostanze, come la sensazione di perdere il controllo (craving).
È necessario tenere presente come la maggior parte dei soggetti affetti da binge eating disorder sia sovrappeso od obeso. Tali conseguenze si ripercuotono soprattutto sul sistema cardiocircolatorio, metabolico (ad es. diabete tipo II) e digerente (tipiche sono le coliche addominali post abbuffata). Inoltre la contemporanea presenza di più comportamenti impulsivi (abbuffate, abuso di alcol e sostanze stupefacenti, autolesionismo) possono aggravare e complicare ulteriormente la situazione clinica.
La diagnosi si basa sulla soddisfazione di tutti i seguenti criteri:
L’approccio terapeutico è complesso e articolato e negli anni è diventato multidimensionale e integrato (aspetti medici e nutrizionali associati a quelli psicologici e psichiatrici). La terapia dovrà quindi tenere presente l’aspetto fisico e quello psicologico e i trattamenti prevedono che specialisti di formazione diversa (internista, psichiatra, psicologo e dietista) collaborino all’interno di programmi complessi e articolati.
L’intervento di un solo specialista si è dimostrato essere spesso insufficiente.
Vi sarà un’integrazione fra la dieta, che dovrà ristabilire il corretto equilibrio metabolico del paziente, con una terapia psicologica che mirerà a eliminare o attenuare il numero di abbuffate. Numerosi studi hanno evidenziato come la terapia cognitivo comportamentale sia la più efficace nel ridurre il numero di abbuffate.
In aggiunta a questi trattamenti o se questi fallissero la terapia farmacologica può essere di aiuto, con l’utilizzo di farmaci antidepressivi e/o ansiolitici.
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