La cardiomiopatia dilatativa è una sindrome clinica che interessa il muscolo cardiaco (miocardio) caratterizzata da disfunzione sistolica e dilatazione ventricolare con segni e sintomi di scompenso cardiaco.
Interessa 8-10 persone su 100000 individui all'anno, con una prevalenza maggiore per il sesso maschile e persone adulte di età compresa fra i 40 e 60 anni.
Le cardiomiopatie dilatative vengono distinte in due gruppi.
Per le cardiomiopatie dilatative idiopatiche sono state formulate varie ipotesi eziopatogenetiche. Queste comprendono un'ipotesi genetica in cui si ha un'alterazione della biosintesi di componenti cellulari del miocardio che causano un'alterazione del muscolo cardiaco con conseguente dilatazione.
Vi è poi un'ipotesi virale, in cui a causa di un'infezione virulenta primaria, si può innescare un'infiammazione del miocardio, con l'instaurarsi di un processo degenerativo che porta alla dilatazione del miocardio.
È stata inoltre studiata un'ipotesi autoimmune, che determina un'alterazione del sistema immunitario, il quale perderebbe la sua naturale capacità difensiva nei confronti di agenti patogeni con la possibilità che si instaurino infezioni ed infiammazioni a carico del muscolo cardiaco che compromettono la sua struttura fisiologica.
Infine, è importante rilevare come i più recenti studi scientifici, convergano nel sostenere che le varie ipotesi patogenetiche siano intrecciate fra loro e che solo una di esse non sia sufficiente a causare la cardiomiopatia dilatativa.
L'ipotesi più probabile è che a causa di una predisposizione genetica a cui si associ un'infezione virale, si crei una persistenza del virus all'interno delle cellule miocardiche a cui si associ a sua volta una risposta immunitaria non adeguata, che alla fine del processo determina una dilatazione patologica del muscolo cardiaco con conseguente cardiomiopatia dilatativa.
Le malattie del miocardio che possono causare una cardiomiopatia dilatativa sono:
Dal punto di vista clinico sono presenti i classici sintomi dello scompenso cardiaco, con affaticamento e difficoltà respiratorie. Negli stadi precoci la dispnea (difficoltà nel respirare) è osservabile solo sotto sforzo mentre con la progressione della malattia insorge a seguito di sforzi più lievi e, alla fine, può manifestarsi anche a riposo.
Oltre a questi possono essere presenti i seguenti sintomi e le seguenti manifestazioni cliniche della cardiomiopatia dilatativa.
Ortopnea: è definita come dispnea che insorge in posizione sdraiata ed è solitamente una manifestazione tardiva. S'instaura a causa di una redistribuzione dei liquidi verso la circolazione centrale quando il paziente è sdraiato. La tosse notturna è una frequente manifestazione di questo processo e un sintomo che non si dovrebbe trascurare. L'ortopnea è generalmente alleviata dalla posizione seduta o dall'utilizzo di più cuscini.
Dispnea parossistica notturna: questo termine si riferisce a episodi acuti di grave mancanza di respiro e tosse che avvengono generalmente di notte e svegliano il paziente. Può manifestarsi con tosse e ansimi e, a differenza dell'ortopnea, non è alleviata dalla posizione seduta.
Respiro di Cheyne-stokes: comune nella fase avanzata della malattia, si caratterizza per fasi di apnea respiratoria (fino a circa 20 secondi) a fasi di respirazione profonda che gradualmente si fa sempre più superficiale fino a terminare nuovamente nella fase di apnea.
Sintomi gastrointestinali: i pazienti affetti da cardiomiopatia dilatativa possono presentare anche sintomi gastrointestinali, quali anoressia, nausea e senso di sazietà precoce associati a dolore addominale.
Sintomi cerebrali: tali sintomi possono presentarsi in quadri di grave malattia, in particolare in pazienti anziani e sono confusione, disorientamento, sonnolenza e alterazioni dell'umore.
All'esame obiettivo si osservano gradi variabili d'ingrandimento cardiaco e sono comuni la presenza del terzo e quarto tono cardiaco e possono verificarsi insufficienza mitralica o tricuspidale.
La diagnosi si basa sulla raccolta anamnestica dei classici segni e sintomi di scompenso cardiaco, ma questi non essendo né specifici né sensibili per la cardiomiopatia dilatativa dovrebbero essere integrati con esami strumentali e laboratoristici.
La radiografia del torace mostra ingrandimento del profilo cardiaco dovuto a dilatazione del ventricolo sinistro o causato da cardiomegalia generalizzata (ingrandimento di tutto il cuore).
L'ECG mostra spesso tachicardia o fibrillazione atriale, aritmie ventricolari, anomalie dell'atrio sinistro e, talvolta, difetti di conduzione.
L'ecocardiografia consente una diagnosi accurata con la definizione della morfologia del ventricolo sinistro, il grado di disfunzione, la definizione della frazione di eiezione e dei volumi cardiaci. Se il quadro non dovesse apparire sufficientemente chiaro, possono essere eseguite la TAC e la risonanza magnetica, che evidenziano dilatazioni del ventricolo sinistro con pareti normali o minimamente ispessite.
Esistono inoltre degli esami di secondo livello, utili per la stratificazione prognostica del paziente. Lo scopo di questi esami è di identificare i pazienti con prognosi peggiore a breve termine da indirizzare al trapianto cardiaco. Tali esami comprendono il test da sforzo cardiopolmonare, esami ematochimici (es. dosaggio della creatininemia e del peptide natriuretico cerebrale) e infine il cateterismo venoso, esame invasivo ma fondamentale per la definizione dell'emodinamica e quindi del grado di compromissione.
Non esistono attualmente né terapie eziologiche né patogenetiche, non essendo note con certezza le cause della malattia.
Gli obiettivi della terapia sono fondamentalmente due:
Nella maggior parte dei casi il decorso è inesorabilmente progressivo e generalmente i pazienti con età superiore ai 55 anni muoiono entro 4 anni dall'esordio dei sintomi. Un miglioramento spontaneo o una stabilizzazione si osservano in un quarto circa dei pazienti.
Il decesso è causato da insufficienza cardiaca progressiva o da tachiaritmia o bradiaritmia ventricolare; vi è inoltre una costante minaccia di morte cardiaca improvvisa.
L'esame delle feci è una procedura diagnostica che consiste nella raccolta e nell'analisi di un campione di feci, al fine di individuare alcune eventuali condizioni patologiche.
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