L'epilessia è una condizione patologica caratterizzata dalla ripetizione di crisi epilettiche, le quali devono essere spontanee, cioè non devono essere riconducibili ad una causa scatenante.
L'epilessia quindi non è sinonimo di crisi epilettica.
Un sola crisi epilettica non serve a fare diagnosi di epilessia in quanto più del 5% della popolazione nella sua vita ha una crisi epilettica, ma non per questo ha l'epilessia.
La crisi epilettica è causata da una scarica elettrica anormale dei neuroni, di breve durata, con sintomatologia molto diversa da soggetto a soggetto, però stereotipato nello stesso soggetto (su 100 pazienti con epilessia, ognuno avrà una crisi peculiare, la quale si presenta nello stesso soggetto sempre allo stesso modo) e ciò è fondamentale per la diagnosi.
Dal punto di vista epidemiologico la prevalenza è abbastanza elevata: si parla di 1% di pazienti affetti da epilessia e un'incidenza di 100 nuovi casi ogni 100.000 abitanti all'anno, quindi è una malattia che ha una certa corposità epidemiologica.
Contrariamente al sapere comune che la indica come una patologia tipica dell'infanzia, ha un'incidenza elevata anche in età avanzata ed il motivo di ciò è ricollegato all'eziologia dell'epilessia: molte epilessie sono sintomo di una patologia a carico degli emisferi cerebrali, ma un'altra quota importante di pazienti hanno un'epilessia su base familiare, (c'è una predisposizione genetica, familiare per crisi epilettiche) ed in questo caso si parla di forme idiopatiche.
L'incidenza della patologia nei primi anni di vita aumenta fino a circa 20 anni, si mantiene bassa per tutta la vita adulta, in cui sostanzialmente si determina a seguito di tumori o traumi cerebrali; dopodichè l'incidenza torna ad aumentare dopo i 65 anni, perché è l'età massima di incidenza di vasculopatie cerebrali (emorragiche ma anche ischemiche) ed emergono patologie degenerative (come il morbo di Alzheimer), che sono spesso complicate da crisi epilettiche.
Le principali cause che possono dare origine all'epilessia sono qui di seguito elencati.
Ci sono 2 classificazioni diverse:
La crisi epilettica è dovuta a scarica elettrica abnorme che si produce nel cervello e può rimanere localizzata oppure può diffondersi in altre aree. Se la crisi epilettica interessa una parte del cervello si parla di crisi epilettiche parziali. Quando invece interessa tutto il cervello si parla di crisi epilettiche generalizzate.
Si parla di crisi epilettiche parziali con secondaria generalizzazione quando la crisi inizia come parziale e continua nel resto del cervello.
Nell'ambito delle crisi parziali si distinguono semplici e complesse in base alla perdita o meno allo stato di coscienza.
Le crisi parziali semplici colpiscono una zona limitata di corteccia (zona epilettogena) e la manifestazione dipende dalla funzione dall'area in cui la crisi insorge. Il soggetto mantiene lo stato di coscienza (altrimenti vengono definite complesse).
Si possono avere a) sintomi motori, b) sensoriali, c) autonomici, d) psichici, in base all'area del cervello coinvolta e alle sue funzioni.
Le crisi parziali complesse sono quelle possono interessare lo stato di coscienza, o meglio causano un'alterazione di contatto con l'ambiente esterno: il paziente può rimanere immobile con lo sguardo fisso e che non parla (crisi d'assenza), o anche paziente che compie atti motori automatici al di fuori di coscienza e volontà, come frasi stereotipate ripetute, gesti, automatismi deambulatori.
Tutte le crisi parziali possono dare una generalizzazione secondaria al resto del cervello, ed in questo caso il paziente si ricorda solamente la parte semplice della sua crisi, poiché poi si ha alterazione dello stato di coscienza. E' quindi portato ad interpretare la crisi semplice come se si trattasse di un ''segno di avvertimento'' della crisi vera e propria, per questo si parla di aura epilettica.
Le crisi epilettiche generalizzate sono crisi in cui la tempesta elettrica interessa fin dall’inizio l'intero cervello.
Comprendono tre grandi categorie:
Questo vale in termini ufficiali, mentre nel linguaggio comune si parla di piccolo male, identificato con le assenze, e grande male, corrispondente alle crisi tonico-cloniche.
Le assenze sono episodi di breve durata (dai 5 ai 20 secondi circa) che si possono ripetere nell'arco della giornata in cui la manifestazione principale è l'alterazione della coscienza accompagnate da anomalie patognomoniche all'elettroencefalogramma (EEG) caratterizzati da complessi punta-onda a 3Hz. Sono frequenti nei bambini, che di solito interrompono il gioco improvvisamente.
La crisi di grande male (tonico-clonica), sono le più drammatiche dal punto di vista sociale e terapeutico.
Viene suddivisa in 3 fasi:
Il terzo tipo di crisi generalizzate consiste nelle crisi miocloniche, in cui il paziente presenta delle contrazioni muscolari simultanee di muscoli agonisti e antagonisti. Sono delle crisi generalizzate brevissime, della durata inferiore al secondo, caratterizzati all'EEG da elementi polipunta-onda.
Le epilessie si dividono in parziali e generalizzate.
Le parziali si suddividono a loro volta in: idiopatiche, sintomatiche e criptogenetiche.
Le idiopatiche sono solitamente correlate con l'età e ne è un esempio l'epilessia dell'infanzia con parossismi rolandici. Nella notte il bambino nel sonno presenta scosse all'angolo della bocca, alla mano. All'EEG compaiono anomalie nella zona motoria rolandica. E' un'epilessia benigna in quanto non intacca l'apprendimento e passa spontaneamente alla pubertà anche in assenza di cura.
Le sintomatiche e le criptogenetiche sono correlate ad una particolare localizzazione della lesione cerebrale, solo che mentre nelle sintomatiche la lesione responsabile dell'epilessia è individuabile e localizzabile, nelle criptogenetiche non si riesce ad identificare il danno.
Anche le epilessie generalizzate si suddividono in idiopatiche, sintomatiche e criptogenetiche.
Le idiopatiche sono correlate correlate all'età e le due forme più importanti sono:
Le criptogenetiche/sintomatiche sono anch'esse età correlate e le due forme più importanti sono:
Merita ora dire due parole sulle convulsioni febbrili, che colpiscono il 5% dei bambini dai 2 ai 6 anni circa e sono caratterizzati dalla comparsa delle convulsioni quando sale la temperatura corporea.
Non si tratta quindi di epilessia, perché le crisi sono scatenate da una causa e non sono spontanee.
Le convulsioni febbrili possono essere semplici (bilaterali e di breve durata) o complesse (bilaterali o unilaterali di maggior durata). I bambini che soffrono della forma complessa hanno un maggiore rischio di sviluppare l'epilessia in età adulta, rischio che non sussiste per le forme semplici.
La terapia per questa patologia prevede l'uso del valproato (fino ai 6 anni circa), specifico per questo problema in quanto in grado di prevenire la comparsa delle convulsioni febbrili.
La diagnosi di epilessia può essere fatta grazie ad una combinazione di evidenze anamnestiche, unite a tecniche di neuro immagine e all'elettroencefalogramma (EEG).
Partendo dall'anamnesi famigliare, è molto importante iniziare a valutare la familiarità, specie se entrambi i genitori hanno sofferto o soffrono di epilessie.
Inoltre si valuta anche l'anamnesi remota, ovvero se il paziente ha subito traumi cranici, meningiti, encefaliti, ictus, tumori, ecc… che potrebbero causare la comparsa della malattia epilettica.
Di fondamentale importanza è la descrizione della crisi epilettica fatta dal paziente o dai suoi famigliari, la sua modalità di comparsa e le situazioni che possono aver scatenato la crisi.
Durante la crisi epilettica, l'EEG può definire il tipo e la localizzazione della stessa.
Nelle crisi parziali semplici, per esempio, si osserva un ritmo immutato o al massimo rallentato; nelle generalizzate compaiono complessi di punta-onda bilaterali; mentre nelle assenze compaiono complessi punta-onda da 3Hz.
Importante può risultare inoltre la registrazione simultanea video + EEG, che aiuta a mettere meglio in relazione la localizzazione del focus responsabile della crisi con le alterazioni EEG e i sintomi clinici.
Altri strumenti diagnostici a nostra disposizione sono la TC, la RM e la PET. Soprattutto la RM (risonanza magnetica) individua moltissime anomalie focali o generalizzate, mentre la PET può essere utile per osservare modificazioni di flusso regionali e come mappatura preoperatoria.
La terapia delle epilessie è sostanzialmente di tipo farmacologico.
Tutti i pazienti con epilessia dovrebbero essere sottoposti a terapia farmacologica sia per ridurre la frequenza delle crisi che per evitare un aggravamento.
La terapia risulta efficace nell’indurre una remissione parziale o completa nel 70% delle sindromi epilettiche in tempi rapidi, e sulla lunga distanza anche in buona parte delle sindromi.
In genere si ritiene non indicato l'inizio della terapia alla prima crisi se questa non viene seguita entro breve tempo da una successiva. In ogni caso il primo approccio è con un solo farmaco e bisogna valutare, per ogni singolo soggetto, la responsività ai diversi farmaci.
I farmaci a disposizione agiscono secondo tre diversi meccanismi:
Questi farmaci si usano sempre al dosaggio minimo utile e in genere in monoterapia. Le associazioni, se necessarie, si limitano ai casi refrattari.
La prima scelta del farmaco è in base al tipo di epilessia. Tendenzialmente in caso di epilessia parziale e generalizzata idiopatica si usa il valproato, mentre nelle parziali sintomatiche/criptogenetiche si usa la carbamazepina.
Per la sindrome di West si utilizza il vigabatrin associato a idrocortisone e ACTH (ormone adrenocorticotropo), mentre per la sindrome di Lennox-Gastaut si usa il valproato.
Bisogna poi attentamente, per ogni paziente, considerare l'inizio della terapia, monitorarla attentamente ed eventualmente fare aggiustamenti di dose, e mai cessarla improvvisamente, ma tendenzialmente nell'arco di 2 anni, diminuendo il dosaggio e assicurandosi che il paziente non abbia crisi in questo periodo.
Nei casi molto più gravi di epilessia, non rispondente a nessuna terapia farmacologica si può ricorrere alla terapia chirurgica, dove si sezionano o disconnettono le aree epilettogene.
Solitamente si effettua una lobectomia o una sezione del corpo calloso o una emisferectomia.
La maggior parte dei pazienti ha ancora bisogno di terapia medica ma a dosaggio ridotto. Le zone che controllano funzioni vitali o superiori devono ovviamente essere risparmiate. La terapia chirurgica è davvero molto rara, solitamente riservata ai casi davvero molto gravi e intrattabili.
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