I lassativi sono farmaci utilizzati per promuovere o accelerare il transito del contenuto intestinale al fine di favorire l'evacuazione.
I lassativi vengono utilizzati principalmente da coloro che soffrono di stitichezza, ma vengono anche utilizzati (a sproposito) da chi vuole dimagrire con metodi impropri.
Il fatto che i lassativi siano farmaci senza prescrizione, vengono spesso utilizzati senza dare peso alle controindicazioni che invece, come vedremo, possono essere abbastanza gravi.
I lassativi sono farmaci classificabili in base al loro meccanismo di azione, in quattro categorie:
Vediamo quali sono le caratteristiche dei vari tipi di lassativi e il loro possibile utilizzo.
I lassativi di massa o di volume sono sostanze in grado di aumentare la massa e il volume delle feci, oltre che la morbidezza (se assunti con abbondante acqua) con l'obiettivo di favorirne l'evacuazione. Sono i lassativi con meno effetti collaterali anche se la loro efficacia non è stata dimostrata in modo definitivo.
Dal punto di vista alimentare questi lassativi non sono altro che fibre indigeribili, che transitano nell'intestino senza essere assimilate. A contatto con l'acqua si gonfiano formando un gel che dovrebbe ammorbidire le feci favorendone l'evacuazione, per questo bisogna assumere questi farmaci insieme ad abbondante acqua. I lassativi di massa più noti sono i semi di psillio (psyllium), l'agar-agar, la crusca, la gomma di guar, la cellulosa e la carbossimetilcellulosa (di sintesi).
Gli studi sui lassativi di massa non hanno dimostrato una efficacia certa, che sembrano essere efficaci solo per i casi meno gravi di stitichezza.
Gli effetti collaterali più comuni sono il senso di pienezza, il meteorismo e la flatulenza. Sono da evitare nei casi in cui la stitichezza è dovuta a ostruzioni meccaniche, per esempio nelle stenosi esofagee, gastriche o intestinali, nel morbo di Chron, cancro, endometriosi, ecc).
Questi lassativi vengono spesso utilizzati in associazione ai lassativi di massa, per i casi meno gravi di stitichezza.
I più noti sono l'olio di vasellina (paraffina), la glicerina e il docusato sodico.
Sono sostanze in grado mescolarsi al materiale fecale, lubrificandolo e ammorbidendolo, favorendone così la mobilità e l'evacuazione.
Gli studi su questi lassativi hanno dimostrato una certa efficacia, ma di poco superiore rispetto al placebo, per questo vengono utilizzati solamente per casi meno gravi.
Se assunti oralmente agiscono in un tempo variabile da 12 a 72 ore, per un effetto più rapido possono essere assunti per via rettale.
I lassativi emollienti non presentano particolari controindicazioni se non se ne abusa: questi farmaci possono interferire con l'assorbimento delle vitamine liposolubili, del calcio e del fosforo, e possono determinare problemi di contenimento delle feci.
I lassativi irritanti, anche chiamati "purganti" per la loro azione piuttosto violenta, irritano le terminazioni nervose della mucosa intestinale, aumentando la peristalsi e favorendo così la mobilità e l'evacuazione delle feci. Sembra che abbiano anche un effetto sul riassorbimento dei liquidi dall'intestino, limitandoli e rendendo così le feci più morbide.
I lassativi irritanti sono quelli maggiormente utilizzati e quelli che hanno i maggiori effetti collaterali. Il fatto che siano per la maggior parte costituiti da sostanze naturali, spesso ne determina un abuso.
I lassativi irritanti più noti sono gli antrachinonici o antracenici (cascara, senna, aloe, frangula, rabarbaro), la fenolftaleina, il sodio picosolfato (Guttalax), il bisacodile (dulcolax e Falqui), i semi di lino, l'olio di ricino.
Le controindicazioni di questi lassativi sono diverse e potenzialmente gravi.
La più nota è la colite ipotonica, che si verifica a causa del fatto che i lassativi irritanti favoriscono in modo artificioso la peristalsi comportando un progressivo impigrimento dell'intestino a causa della malfunzionamento della muscolatura del colon.
L'olio di ricino (che contiene acido ricinoleico, irritante della mucosa intestinale) può causare malassorbimento e squilibri idroelettrolitici, i purganti antrachinonici sono controindicati in gravidanza e allattamento, mentre l'abuso di fenolftaleina può causare encefalite, ittero ed epatomegalia.
I lassativi osmotici più utilizzati sono i sali di magnesio, il lattulosio e il polietilenglicole. Sono sostanze in grado di richiamare grandi quantità di acqua le quali ammorbidiscono le feci favorendone il transito. Sono utilizzati soprattutto quando la stitichezza è causata da feci secche.
La controindicazione più frequente è la diarrea, causata appunto dall'eccesso di acqua nelle feci.
Negli ultimi anni vengono proposti sempre più spesso i probiotici (prodotti contenenti batteri in grado di arrivare vivi all'intestino migliorando la qualità della flora batterica) come lassativi, cioè come rimedio per la stitichezza.
Non esistono studi certi sull'efficacia di questi prodotti, di certo un miglioramento della flora batterica intestinale non può che fare bene e sicuramente questa terapia non presenta effetti collaterali nella maggioranza dei casi.
La terapia con probiotici può essere associata ai prebiotici, zuccheri che favoriscono lo sviluppo di questi batteri. Un ottimo prebiotico è il miele, che può essere associato a uno yogurt probiotico al fine di regolarizzare l'intestino nei casi meno gravi di stitichezza.
I farmaci lassativi, come abbiamo visto, possono avere effetti collaterali anche gravi e bisogna fare molta attenzione a non abusarne.
Spesso la stitichezza è causata da uno stile di vita alimentare e sportivo inadeguato: sedentarietà, sovrappeso, alimentazione sregolata e stress eccessivo portano spesso alla stitichezza e al bisogno di assumere lassativi.
Se questo accade, è bene valutare un cambiamento dello stile di vita perché il farmaco è solo un rimedio momentaneo: se non si agisce sulle cause è molto più facile arrivare a una dipendenza dai lassativi con l'insorgenza degli effetti collaterali cronici.
L'esame delle feci è una procedura diagnostica che consiste nella raccolta e nell'analisi di un campione di feci, al fine di individuare alcune eventuali condizioni patologiche.
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