Il miele è il dolcificante naturale più antico. Il Decreto Legislativo 21 maggio 2004, n. 179 stabilisce che "per miele si intende la sostanza dolce naturale che le api (Apis mellifera) producono dal nettare di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o dalle sostanze secrete da insetti succhiatori che si trovano su parti vive di piante che esse bottinano, trasformano, combinandole con sostanze specifiche proprie, depositano, disidratano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell'alveare."
Il nettare è un liquido zuccherino derivato dalla linfa dei vegetali superiori.
Può essere situato sul fiore ma anche su altre parti della pianta.
Il nettare è composto da acqua e zuccheri, soprattutto glucosio, fruttosio e saccarosio, la cui presenza come anche la concentrazione varia a seconda delle specie botaniche: e a causa di questo fatto che il miele proveniente da diverse specie botaniche ha caratteristiche fisiche e organolettiche così diverse.
La melata è prodotta da insetti chiamati produttori di melata che succhiano il nettare dalla pianta.
Il nettare è molto povero di azoto, per procurarsi l'azoto necessario al loro metabolismo questi insetti devono succhiarne molto: dopo averlo trattenuto espellono il liquido in eccesso (ricco di zuccheri) sottoforma di melata.
Nel nostro paese le piante interessate alla produzione di melata sono abeti, pini, tiglio, salice, castagno, quercia, faggio, pioppo.
La melata contiene enzimi prodotti dall'insetto responsabili della formazione di una certa quantità di zuccheri diversi da quelli del nettare.
Per produrre il miele l'ape raccoglie il nettare o la melata dalla pianta e la trasporta all'alveare. La goccia di nettare viene passata da un ape all'altra, operazione che dura 15-20 minuti e che comporta la realizzazione di due fenomeni che portano alla formazione del miele: la concentrazione e la trasformazione enzimatica degli zuccheri.
La concentrazione avviene per evaporazione dell'acqua presente nel nettare o nella melata, grazie all'aria secca e calda dell'alveare e alla grande superficie di scambio offerta dalla lingua allungata dell'ape. La goccia viene poi depositata nelle celle dove avviene una ulteriore concentrazione fino ad ottenere il miele maturo, con un tenore di acqua del 18% necessario per evitare processi fermentativi. Una volta che le celle sono piene vengono sigillate con un tappo di cera.
La trasformazione degli zuccheri avviene grazie alle secrezioni ghiandolari dell'ape che contengono enzimi in grado di modificarne la natura. Particolarmente importante è l'azione di una invertasi in grado di scindere il saccarosio in glucosio e fruttosio. Il miele è ottenuto da nettari con composizione in zuccheri molto diversa: l'azione enzimatica comporta una standardizzazione degli zuccheri, infatti c'è poca differenza nella composizione in zuccheri del miele proveniente da nettari diversi.
Il contenuto di acqua influenza la conservabilità e la lavorabilità del miele. Il contenuto medio è intorno al 17%, ma può arrivare al 14% o al 21%. Valori bassi peggiorano la lavorabilità, valori alti facilitano la fermentazione.
Gli zuccheri costituiscono più del 95% della sostanza secca presente nel miele e circa l'85% del totale.
I due zuccheri più importanti sono il fruttosio e il glucosio: il contenuto di questi due zuccheri è variabile e determina la dolcezza e la tendenza alla cristallizzazione del miele, oltre ad altre caratteristiche come l'indice glicemico. In media si indica per il fruttosio un tenore del 40% e per il glucosio del 30%.
Se la percentuale di fruttosio aumenta il miele è più dolce e più liquido, al contrario il miele tenderà a cristallizzare se aumenta la percentuale di glucosio, che è insolubile in acqua mentre il fruttosio è solubile.
Nel miele sono presenti quantità insignificanti di proteine e grassi, anche le sostanze minerali e le vitamine sono presenti in piccolissima quantità.
Il miele contiene enzimi responsabili della formazione dello stesso e in grado di modificarne la composizione una volta formato, sono anche un indice della freschezza poiché si degradano col tempo e i trattamenti termici.
Il miele è uno degli alimenti di origine naturale che richiedono il minor numero di passaggi tecnologici prima di essere commercializzato. La qualità del miele è tanto più alta quanto meno viene sottoposto a processi di lavorazione. Il fattore più importante da questo punto di vista è sicuramente il calore.
La prima operazione alla quale vengono sottoposti i melari è la disopercolatura, che consiste nell'eliminare i copercoli di cera che chiudono le celle contenenti il miele. Questa operazione si esegue tagliando tutta la porzione di superficie del favo con l'ausilio di coltelli o con attrezzature automatiche che frantumano la cera.
L'estrazione avviene con smelatori centrifughi manuali o automatici, che estraggono per forza centrifuga il miele dal favo, che può essere utilizzato per il raccolto successivo. Per essere estratto completamente il miele deve essere sufficientemente fluido, per questo la sua temperatura non può essere inferiore a 30 gradi.
Smelando "a caldo", facendo trascorrere il minor tempo possibile tra la raccolta nei campi e la smalatura, si può sfruttare la temperatura dei favi, che al momento della raccolta è di 37-38 gradi.
Il miele deve essere purificato dai residui di cera, impurezze e bolle d'aria introdotte durante l'estrazione.
La decantazione consiste nel far riposare il miele da qualche giorno fino a qualche settimana in ampi contenitori a 25-30 gradi, per far emergere in superficie le impurità che poi verranno eliminate.
La filtrazione consiste nel filtrare il miele attraverso filtri a maglie decrescenti, a una temperatura di almeno 30 gradi.
Filtrazioni più spinte (con pori di 0.1-0.2 mm) sono vietate dalla legge europea in quanto eliminerebbero sostanze considerate parte integrante del miele (es. polline).
In teoria il miele estratto e purificato è pronto per il consumo, in pratica possono avvenire altre lavorazioni che andiamo brevemente a descrivere.
La fermentazione da parte di lieviti è l'unica alterazione microbiologica che può subire il miele: quando essi si moltiplicano a spese del glucosio provocano danni evidenti e irreversibili.
Il contenuto di acqua è senza dubbio il maggior responsabile dell'innesco della fermentazione: mieli che contengono meno del 17-18% di acqua non vanno incontro a fermentazione, la probabilità aumenta con l'aumentare di tale valore e della concentrazione iniziale di lieviti (sempre presenti).
La tecnica più usata per prevenire la fermentazione è la concentrazione per evaporazione forzata, che può avvenire in ambienti deumidificati o per evaporazione sottovuoto, l'importante è non scaldare mai il miele oltre i 45 gradi.
La pastorizzazione invece inattiva i lieviti presenti, ma necessita di una temperatura elevata, di 60-70 gradi, che fa perdere inevitabilmente al miele una parte delle componenti volatili e quindi dell'aroma.
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