Vini biologici & Co.

Il mondo del vino biologico ha ottenuto recentemente (febbraio 2012) un importante riconoscimento: il tanto atteso disciplinare europeo 203/2012 che regolamenta la produzione di vino biologico e che l'Italia ha fatto entrare in vigore nell'agosto dello stesso anno. Prima dell'approvazione di questa legge il vino biologico non esisteva da un punto di vista normativo.

 

 

In realtà il vino biologico esiste e viene commercializzato da almeno un ventennio, anche se l'aspetto normativo e regolamentare è sempre stato molto frammentario e confusionario.

Innegabilmente il mondo del BIO anche a livello enologico ha saputo dotarsi di un suo sistema di norme e regolamenti che riguardano tutta la filiera produttiva, dalla coltivazione dell'uva alla vinificazione e all'imbottigliamento, e si è saputo tutelare con la nascita di decine di organismi di controllo ed enti certificatori sparsi su tutto il territorio nazionale (AIAB, CCPB, IMC, ECOCERT, FEDERBIO, CODEX etc...).

Soprattutto nell'ultimo decennio il mondo del vino biologico è diventato un'enorme questione di business e di moda: alcuni produttori si sono riuniti in associazioni di nicchia come la FIVI (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti), sono sorti tantissimi festival e fiere dedicate esclusivamente al vino biologico (Vinnatur, Critical Wine, Fiera dei Vignaioli Eretici ed Indipendenti, Bio&dynamica al Merano Wine Festival o Vivit all'interno del Vinitaly), sono spuntati comitati, associazioni, organizzazioni e difensori del vino biologico come funghi. Insomma, si sta cavalcando l'onda.

 

 

Ma proviamo a fare un po' di chiarezza in questo mondo così pieno di informazioni spesso lacunose.

Innanzitutto occorre fare una distinzione tra i vari aggettivi che accompagnano il termine vino: spesso si sente parlare di vino naturale, oppure di vino biodinamico, di vino biologico, di vino da agricoltura biologica, o, infine di Triple A.

Ma questi aggettivi indicano tutti la stessa cosa? Rappresentano un identico processo di vinificazione? No, anche se spesso vengono accomunati nella stessa macro-categoria definita vino biologico o vino BIO. Vediamoli nel dettaglio.

Vino da agricoltura biologica

Vino BIO

Il testo di riferimento prima dell'avvento del nuovo disciplinare europeo era il regolamento CEE 2092/91 sull'agricoltura biologica, "relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari".

Questo regolamento, però, fa riferimento esclusivamente al metodo di produzione e coltivazione dell'uva e riguarda, quindi, solo la prima fase di produzione del vino, ma non dice nulla sulla sua vinificazione, sulla quantità di anidride solforosa da aggiungere, sul tipo di imbottigliamento etc.

È un regolamento che permette di certificare un vino come "vino da agricoltura biologica", anche se il più delle volte si finisce per definirlo (erroneamente) come vino biologico.

Il disciplinare prevede misure restrittive per quanto riguarda l'uso di concimi, fertilizzanti e antiparassitari che possano avere effetti negativi o conseguenze nocive sull'ambiente e sull'habitat naturale. La lotta contro i parassiti, le piante infestanti e le malattie dell'uva, quindi, va affrontata con i metodi naturali, come ad esempio un programma di rotazione appropriato, la coltivazione meccanica, siepi, posti per nidificare, diffusione di predatori, eliminazione delle malerbe mediante bruciatura, concimazione con letame e compost.

Al disciplinare è allegata una tabella che include un elenco di tutti i prodotti che vanno esclusi dall'agricoltura biologica, compresa l'anidride solforosa (E220), molto usata, invece, nei vini "normali", ma senza specificare nessun limite.

Vini biologici

I vini biologici sono tutti quei vini che hanno ottenuto la certificazione biologica da parte di un organo di controllo. I vari enti certificatori stilano un proprio disciplinare con le norme da seguire affinché il vino possa essere certificato come biologico. AIAB, ICEA, CCPB ne hanno uno loro.

 

 

Questi disciplinari sono molto dettagliati ed usano come presupposto il disciplinare precedente (CEE 2092/91): le uve, cioè, devono provenire da agricoltura biologica.

Successivamente aggiungono tante altre norme per ogni passaggio che l'uva fa dalla pianta alla bottiglia e quindi: vendemmia, pigiatura, pressatura, macerazione, illimpidimento dei mosti, correzione dell'acidità, fermentazione alcolica, solfitaggio, additivi utilizzabili, chiarificazione, filtrazione, stabilizzazione, imbottigliamento e così via. Tutti i passaggi della vinificazione sono specificati, anche se il confine tra le pratiche ammesse e quelle non ammesse è molto labile e può variare da ente a ente.

Generalmente l'anidride solforosa è ammessa (lo zolfo, invece, è vietato) con un limite massimo compreso tra i 20 e i 90 mg/l. Nei vini "normali" il limite è molto più alto, tra 150 e 200 mg/l, tuttavia va detto che in un vino convenzionale, ma ben fatto, la solforosa raramente supera i 90 mg/l.

Il nuovo disciplinare europeo (203/2012) nasce dall'esigenza di creare unicità e chiarezza in questo mondo, prima in balia dei vari enti e dei vari comitati. Purtroppo, però, è una legge che cerca di mettere d'accordo tutti, i produttori italiani e francesi (più sensibili e attenti alla questione del BIO) con quelli tedeschi e norvegesi (molto meno accorti), con il risultato che sono piovute critiche e si è diffuso un gran malcontento tra i produttori di biologico italiano. I livelli minimi di anidride solforosa (SO2) sono stati alzati tanto da eguagliare, quasi, quelli dei vini non biologici: il limite previsto dal nuovo disciplinare, infatti, è di 100 mg/l per i bianchi, 150 mg/l per i rossi, 155 per gli spumanti e molto superiore per i vini dolci. Le riduzioni rispetto ai vini convenzionali sono troppo basse per poter essere utilizzate come claim efficace, anche perché come abbiamo visto la stragrande maggioranza dei vini di qualità convenzionali rispettano questi vincoli.

Mi concentro molto sulla questione dell'anidride solforosa e dei solfiti perchè è il campo di battaglia più acceso tra i produttori e i consumatori di vini biologici  e quelli di vini convenzionali, ma in questa sede non sono interessato a disquisire sulla effettiva utilità della nuova legge europea, quanto piuttosto a mettere l'accento sulla differenza fondamentale che c'è tra un vino biologico e un vino da  agricoltura biologica: il primo è quello che vien certificato tale alla fine di una serie di controlli che interessano tutta la filiera produttiva, mentre il secondo viene ottenuto sì da uve biologiche, ma la normativa non dice nulla riguardo la sua vinificazione.

Vino biodinamico

L'agricoltura biodinamica è un sistema di coltivazione nato dagli studi e dalle ricerche del filosofo austriaco Rudolf Steiner durante gli anni Venti. Il concetto di base di questo tipo di agricoltura è quello dell'eco-sostenibilità (rispettare l'ambiente, mantenere la terra fertile, usare solo sostanze naturali, produrre prodotti di alta qualità).

Effettivamente i presupposti sono molto simili a quelli dell'agricoltura biologica, solo che per quanto concerne la biodinamica si sfocia spesso in un terreno più esoterico, quasi magico, molto legato a dei riti ancestrali come concimare il terreno con quarzo rosa o seguire le fasi della luna.

Non esiste nessuna normativa ufficiale che certifica il metodo biodinamico, se non gli scritti di Steiner e dei suoi allievi.

Per quanto sia nata un'associazione internazionale per l'agricoltura biodinamica, la Demeter, il mondo del biodinamico rimane, almeno per il momento e almeno in Italia, un settore di nicchia, di piccoli produttori artigianali.

In Francia, invece, sta prendendo molto più piede, grazie agli ottimi risultati raggiunti da un produttore della Loira, Nicolas Joly, ormai considerato il padre e il vate dell'enologia biodinamica nel mondo, le cui bottiglie sono molto quotate (dai 60 € in su).  

Vino naturale

Il vino naturale è un fenomeno molto di moda negli ultimi tempi, oggetto di grandi dibattiti e polemiche. Chiamato anche vino vero o vino secondo natura, il vino naturale è un vino prodotto con l'aggiunta minima di sostanze chimiche. In genere, le uniche sostanze ammesse sono il verderame per la cura del vigneto e l'anidride solforosa nella vinificazione, ma in quantità limitate.

Il vino naturale è completamente privo di una normativa: i produttori di vino naturale si autodeterminano e si autodichiarano "naturali".

La volontà di fondo che accomuna questi produttori è quella di dare vita ad un vino in cui l'intervento umano sia minimo, quasi nullo.

La polemica nei confronti del vino biologico è chiara: i produttori naturali si schierano contro il metodo biologico, nato originariamente per sostenere e tutelare l'ambiente e il consumatore, ma che poi si è rivelato un business, figlio del sistema stesso che andava a criticare.

Sostanzialmente il "vino naturale" può essere considerato una macrocategoria che racchiude tutte quelle descritte in questo articolo.

Vino Triple A

Il manifesto delle Triple A è stato ideato e redatto da Luca Gargano nel 2001. L'idea di fondo è molto semplice: stilare un decalogo del perfetto produttore di vino che si voglia distinguere e differenziare dalla massa e dai gusti standardizzati dei vini più convenzionali e commerciali.

Le tre A stanno per Agricoltori, Artigiani e Artisti. Le dieci regole fondamentali da rispettare sono un mix di viticoltura biologica, biodinamica e naturale e si basano sugli stessi presupposti.

Concludo riportando il Decalogo dei Vini Triple A

"I vini Triple A possono nascere solo:

  • da una selezione manuale delle future viti, per una vera selezione massale
  • da produttori agricoltori, che coltivano i vigneti senza utilizzare sostanze chimiche di sintesi e rispettando la vite e i suoi cicli naturali
  • da uve raccolte a maturazione fisiologica e perfettamente sane
  • da mosti ai quali non venga aggiunta né anidride solforosa né altri additivi
  • con aggiunta di anidride solforosa solo in minime quantità al momento dell'imbottigliamento
  • utilizzando solo lieviti indigeni ed escludendo i lieviti selezionati
  • senza interventi chimici o fisici prima e durante la fermentazione alcolica diversi dal semplice controllo delle temperature (sono tassativamente esclusi gli interventi di concentrazione attuati con qualsiasi metodo)
  • maturando sulle proprie fecce fini fino all’imbottigliamento
  • non correggendo nessun parametro chimico
  • non chiarificando e filtrando prima dell’imbottigliamento."

 

 

 

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