La sifilide, conosciuta anche come "lue", è una malattia infettiva trasmessa prevalentemente per via sessuale e provocata dal batterio Treponema pallidum.
In assenza di cure adeguate, l'infezione può avere carattere multifasico, ovvero all'infezione acuta (detta forma "primaria"), possono far seguito una forma "secondaria" e una "terziaria".
Il treponema pallido è un batterio appartenente alla famiglia delle Spirochetacee. È altamente mobile e ha la forma di una spirale. Dal punto di vista batteriologico, è Gram -, ma è difficilmente visualizzabile con tale colorazione, perciò si preferisce studiarlo con la microscopia in campo oscuro.
La principale via di trasmissione della sifilide è tramite i contatti sessuali.
I treponemi, che si trovano annidati nelle lesioni muco-cutanee degli individui infetti, penetrano facilmente attraverso le mucose (orifizio vaginale e anale, prepuzio, cavità orale etc.) del paziente sano; inoltre, sono in grado di attraversare la cute attraverso lesioni anche modeste (come abrasioni o piccole ferite).
Purtroppo, la sifilide può essere trasmessa anche dalla madre al feto, sia durante la gravidanza (poiché il batterio può attraversare la placenta), sia al momento del parto, durante il passaggio del piccolo nel canale vaginale.
La probabilità di contagio attraverso aghi infetti, sangue e/o emoderivati è scarsa e comunque, nella maggior parte delle nazioni, le sacche per le trasfusioni vengono sottoposte a screening anche per il treponema.
Altre vie di trasmissione, tra cui la condivisioni di oggetti con soggetti infetti, sono estremamente rare.
Le origini storiche esatte della malattia non sono note, ma probabilmente essa è stata importata in Europa dall'America, in seguito alla sua scoperta, nel 1492.
I casi di sifilide hanno subito quindi un'impennata fino a raggiungere il massimo della diffusione in Europa intorno al 1800.
A partire dalla metà del XX secolo, la prevalenza della malattia si è ridotta drasticamente grazie alla diffusione dei farmaci antibiotici.
Tuttavia, nel 1999 si contavano ancora ben 12 milioni di persone affette nel mondo, anche se la stragrande maggioranza dei casi si registrava nei paesi in via di sviluppo.
Purtroppo, le stime più recenti indicano che negli ultimi anni si è verificato un nuovo incremento dell'incidenza di sifilide, a causa della promiscuità sessuale, della prostituzione, dei rapporti omosessuali e del mancato utilizzo del preservativo.
La trasmissione materno-fetale è ancora un problema di stretta attualità soprattutto nell'Africa sub-sahariana, tanto che, in quelle zone, la sifilide è tuttora responsabile del 20% della mortalità peri-natale.
Come detto in precedenza, la malattia può avere andamento multifasico e ognuna delle sue forme si denota per una sintomatologia specifica.
È la forma più frequente e anche la più celebre nell'immaginario collettivo.
Tra 3 e 90 giorni (con una media di 21 giorni) dopo il contagio, si manifesta il cosiddetto "sifiloma primario", ovvero un nodulo ulcerato, duro, non dolente né pruriginoso e con un diametro di circa 1-2 centimetri [vedi immagine].
Le sedi più colpite sono la cute e le mucose dei genitali, come la cervice uterina, il pene e l'ano, ma può presentarsi virtualmente su qualsiasi zona cutanea o mucosa.
In realtà, in più della metà dei casi, la sifilide primaria si manifesta con una lesione (o anche più di una lesione) non tipica per aspetto e dimensioni.
Altra caratteristica clinica della forma primaria è l'ingrossamento dei linfonodi contigui alla sede del sifiloma.
In assenza di terapia, il sifiloma persiste fino a 2 mesi, prima di regredire spontaneamente.
Nei pazienti trattati con antibiotici l'infezione si risolve e non evolve nelle forme successive alla primaria.
Invece, circa ¼ dei pazienti con sifilide primaria non trattata sviluppano la sifilide secondaria.
In realtà, in molti dei casi di sifilide secondaria, il paziente riferisce di non aver notato nessuna manifestazione della sifilide primaria, poiché, come detto, il quadro clinico può essere variabile e spesso può venire ignorato o sottovalutato.
La manifestazione più tipica della sifilide secondaria è un rash maculo-papulare (definito "sifiloderma") caratterizzato da elementi rosso-rosacei diffusi a tronco, arti e anche ai palmi delle mani e alle piante dei piedi [vedi immagine]. Tutte queste lesioni contengono i treponemi e possono essere fonte di contagio.
Inoltre, è frequente un interessamento dei linfonodi in molteplici sedi corporee, con un quadro di micro-poli-adenopatia.
In un discreto numero di casi, i pazienti lamentano sintomi di interessamento generale come febbre, malessere, dolori e perdita di peso, mentre è raro (ma possibile) il danno a carico degli organi interni.
La sintomatologia tende a regredire nel giro di circa 1 mese, ma vi possono essere delle recidive.
In seguito alla forma secondaria, la malattia può andare incontro ad una fase definita sifilide "latente", in cui il paziente è asintomatico, ma cova ancora il batterio (e può trasmetterlo, anche se molto più raramente rispetto alle forme primaria e secondaria).
A distanza di diversi anni (tra 2 e 40 anni; con una media di 15) dalla forma primaria, circa 1/3 dei pazienti con sifilide latente sviluppa la sifilide terziaria. In questa fase, l'individuo affetto è poco o per nulla contagioso.
Uno dei siti maggiormente colpiti è il sistema nervoso centrale, con varie forme di meningite, danni all'innervazione oculare (cosiddetta "pupilla di Argyll-Robertson") e deficit cognitivi, sensitivi e motori, fino alla paresi.
Inoltre, si possono formare delle lesioni granulomatose destruenti, definite "gomme luetiche", in quasi tutti i tessuti corporei [vedi immagine].
A livello cardiovascolare, è colpita soprattutto l'aorta, con formazione di aneurismi.
Fortunatamente, la forma terziaria è ormai molto rara, quantomeno nei paesi più sviluppati, perché la malattia viene intercettata e curata prima.
Queste due patologie sono strettamente associate poiché condividono il contatto sessuale come principale modalità di contagio.
Inoltre, le lesioni genitali della sifilide primaria fungono da "corsia preferenziale" per i patogeni, aumentando considerevolmente il rischio di contrarre il virus HIV.
Infine, nei pazienti con AIDS, le manifestazioni obiettive della sifilide sono frequentemente atipiche, rendendo più difficile la diagnosi clinica.
Oltre al consistente rischio di aborto, la trasmissione materno-fetale dell'infezione può comportare una lunga serie di danni, che possono essere già evidenti alla nascita oppure, più spesso, manifestarsi dopo diversi mesi o anni. Gli organi più colpiti sono: fegato, milza, cute, sistema nervoso e polmoni.
In assenza di terapia, col passare del tempo, possono instaurarsi delle peculiari deformità ossee e articolari.
Il cardine della diagnosi dovrebbe essere l'esame obiettivo, in particolare l'ispezione delle lesioni cutanee. Tuttavia, come detto, le lesioni sono spesso atipiche e fuorvianti, quindi anche i medici più preparati possono mancare la diagnosi.
Un ausilio importante è costituito dall'anamnesi positiva per pratiche sessuali a rischio.
Dopo aver formulato il sospetto clinico di sifilide, la diagnosi può essere confermata tramite:
La strategia ideale per arginare la malattia, specie nei paesi più poveri e con limitato accesso ai trattamenti antibiotici, è rappresentata dalla prevenzione del contagio, evitando le pratiche sessuali a rischio, come quelle descritte in precedenza.
Purtroppo, la protezione offerta dal preservativo non è completa, poiché il batterio può comunque diffondere da e verso le zone di cute adiacenti al preservativo stesso.
Infine, è importante non trascurare le manifestazioni della forma primaria, in modo da evitare che una patologia potenzialmente guaribile con un semplice antibiotico evolva in delle forme serie come la secondaria o, peggio ancora, la terziaria.
Il treponema pallido è uno dei pochi batteri che risulta ancora sensibile alla maggior parte degli antibiotici.
Per questo motivo, il farmaco di prima scelta è ancora la "vetusta" penicillina G, iniettata intramuscolo in singola dose.
In caso di allergia alle penicilline, si possono utilizzare numerose alternative.
La terapia è assolutamente efficace e risolutiva, quantomeno nelle forme primarie, e impedisce la progressione verso le forme tardive.
Nelle forme tardive, il trattamento è più complesso e le probabilità di successo sono inferiori.
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