Il tunnel carpale è un canale situato nel polso alla base del palmo della mano. La sindrome del tunnel carpale è un problema molto diffuso che costringe all'intervento chirurgico migliaia di persone ogni anno.
Il tunnel carpale è costituito da un piano superficiale, formato dal legamento trasverso del carpo e da un piano profondo, formato invece dai 9 tendini dei muscoli flessori delle dita e da strutture vascolari che poggiano sulle ossa del carpo.
La sindrome del tunnel carpale si realizza per la sofferenza del nervo mediano.
Il nervo mediano è deputato a raccogliere la sensibilità delle prime tre dita (pollice, indice, medio) e di parte del quarto dito (anulare) ed inoltre controlla alcuni muscoli che permettono il movimento del pollice.
La sindrome del tunnel carpale può riconoscere diverse cause. Tra queste ricordiamo:
Inoltre il canale può andare incontro a restringimento che può essere congenito oppure si può restringere a causa di patologie generali come l'artrite reumatoide, il diabete, l'ipoparatiroidismo o l'amiloidosi, o per cause locali (artrosi).
Anche in gravidanza, in menopausa, nelle donne che prendono la pillola anticoncezionale oppure in pazienti con pregresse fratture del polso e deformità articolari, artriti e artrosi deformanti, può svilupparsi questa sindrome.
Molto spesso è correlata a particolari posture assunte dal corpo e dal polso per svolgere attività lavorative o sportive.
In pratica, qualsiasi sia la causa, il nervo va incontro a dei microtraumi ripetuti nei movimenti di flesso-esensione del polso.
I soggetti più colpiti sono pazienti che praticano alcune attività ripetitive, come per esempio: uso quotidiano della tastiera del computer o del mouse, catena di montaggio, martello pneumatico, musicisti, golfisti, uso di cacciaviti, trapani, attrezzi da muratore, ecc.
È un'affezione neurologica tra le più frequenti e causa disabilità.
Colpisce di più le donne (circa 3 volte di più degli uomini), l'esordio è verso i 40-60 anni.
In circa il 70% dei casi la patologia coinvolge entrambe le mani (bilaterale), con prevalenza della mano dominante (quindi la destra per i destrimani e la sinistra per i mancini).
Inizialmente la sindrome del tunnel carpale si caratterizza per la comparsa di formicolii, dita intorpidite, in particolare le prime tre dita e in parte anche il quarto.
Inoltre la mano può perdere la forza e quindi il paziente ha difficoltà nell'eseguire alcuni movimenti (tipo gli oggetti cadono dalle mani).
Questi formicolii compaiono soprattutto al mattino, ma anche di notte, tanto che il paziente è costretto spesso a svegliarsi per muovere la mano intorpidita.
Con il passare del tempo il dolore aumenta e si irradia fino all'avambraccio e in alcuni casi arriva addirittura alla spalla. Si può assistere alla totale perdita di forza della mano interessata, ma anche alla perdita della sensibilità.
Si può osservare atrofia dell'eminenza tenar (zona alla base del pollice).
L'esperienza clinica ha dimostrato che i sintomi si acuiscono nei periodi freddi mentre migliorano durante i mesi caldi, pur permanendo la patologia nello stesso grado di gravità
È molto importante la diagnosi precoce di questa patologia per evitare l'intervento chirurgico.
Dal punto di vista obiettivo, durante la visita del medico sono utili 2 prove semeiologiche che valutano i sintomi sensitivi che possono essere evocati: il segno di Tinel (la percussione sul nervo mediano del polso causa scosse nel paziente) e il segno di Phalen, che consiste nel tenere iperflessi i polsi l'uno contro l'altro per 1 minuto e la comparsa di parestesie è da considerarsi un segno positivo per la sindrome del tunnel carpale.
La diagnosi si può porre anche mediante l’utilizzo di particolari esami strumentali come la risonanza magnetica (RM) o l'ecografia che permettono di valutare i rapporti tra il nervo mediano e le altre strutture del tunnel carpale, l'elettromiografia (EMG) che può evidenziare segni di sofferenza muscolare neurogena.
Inoltre si può ricorrere allo studio neurofisiologico della condizione del nervo mediano, che nelle fasi iniziali vede ridotta solo la conduzione sensitiva, mentre nelle fasi avanzate è compromessa anche la conduzione motoria del nervo.
Oltre a permettere di classificare la gravità del danno, gli ultimi due esami riescono a differenziare una sindrome da tunnel carpale rispetto a radicolopatie cervicali, plessopatie brachiali, polineuropatie in genere, che possono frequentemente dar origine a sintomi molto simili a quelli del tunnel carpale.
Se la sindrome del tunnel carpale è secondaria ad altre patologie ovviamente si cerca di curarle per migliorare la sintomatologia carpale.
Se invece la sindrome è primaria, la sequenza terapeutica si articola in diversi step.
1. Terapia non steroidea: si cerca di sospendere le attività che comportano la flesso-estensione del polso (quelle responsabili della sindrome) ed eventualmente si immobilizza l'articolazione con un tutore somministrando farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS). Il Policarpal è un nuovo tutore che limita efficacemente la flesso-estensione del polso senza bloccarlo, permettendo quindi il normale uso della mano (anche opposizione del pollice), per cui può comodamente essere utilizzato giorno e notte.
2. Terapia steroidea: se i sintomi non migliorano si può intraprendere un ciclo di 10 giorni di prednisone per os (cioè cortisone, è un antinfiammatorio più potente dei FANS) oppure singola iniezione nel tunnel carpale di metil-prednisone 15 mg. Solitamente sono efficaci sui sintomi, ma tendono a dare 2 grossi effetti collaterali: un danno fibrotico del nervo ed il rischio che il paziente posticipi troppo l'intervento chirurgico con esiti permanenti.
3. Terapia chirurgica: inevitabile quando la sindrome non trae giovamento dai precedenti interventi terapeutici. L'intervento consiste nella decompressione del nervo mediano mediante la sezione del legamento traverso del carpo. Può essere eseguito o a cielo aperto o in endoscopia. Vi è l'immediata scomparsa dei sintomi sensitivi, più lento è il recupero delle funzioni motorie e trofiche.
L'intervento dura circa 10-15 minuti, può essere fatto in anestesia locale con una convalescenza di circa 20 giorni (un po' di meno se praticato in endoscopia).
Non c'è una sostanziale differenza tra i risultati delle due tecniche. In genere è il chirurgo, in base alla sua esperienza personale ed alla morfologia del carpo, a preferire l'una o l'altra. Ci si può rivolgere ad un chirurgo ortopedico, ad un neurochirurgo oppure ad un chirurgo specializzato nella chirurgia della mano.
Le classiche terapie come gli ultrasuoni, la ionoforesi, il laser possono migliorare i sintomi ma non agiscono sulla causa della sindrome che quindi non guarirà.
L'esame delle feci è una procedura diagnostica che consiste nella raccolta e nell'analisi di un campione di feci, al fine di individuare alcune eventuali condizioni patologiche.
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