La tendinopatia è un processo infiammatorio/degenerativo del tendine, dovuto a microtraumi ripetuti e/o continuo sovraccarico ai danni del tessuto tendineo. Di solito si presenta con un quadro cronico (sintomi per più di 3 mesi) e colpisce soprattutto gli atleti e i lavoratori.
Il termine "tendinite" è ampiamente utilizzato, e spesso impropriamente, per indicare qualsiasi tipo di patologia a carico del tessuto tendineo. In realtà, etimologicamente, il vocabolo tendinite si riferisce specificatamente ad un processo infiammatorio, più tipico delle primissime fasi del danno. Col passare delle settimane-mesi invece, il meccanismo patologico preponderante diviene la degenerazione tendinea, che si definisce invece "tendinosi". Sarebbe quindi più corretto parlare di "tendinopatia", quando ci riferisce genericamente ad una patologia tendinea, specie se cronica. A dispetto di ciò, il termine tendinite è diventato parte del gergo comune e continua a essere utilizzato indiscriminatamente, anche dal personale sanitario.
I tendini sono delle strutture fibrose connettivali che fissano le estremità dei muscoli alle ossa (in realtà esistono anche tendini che connettono i muscoli alla cute, come i muscoli mimici del volto).
Strutturalmente, il tendine è composto da fascicoli, che sono circondati da guaine dette endotenonio. L'intero tendine invece è rivestito da una guaina più spessa e resistente, detta peritenonio, con funzione lubrificante, ovvero di riduzione dell'attrito tra tendine e tessuti circostanti.
Internamente ai fascicoli ci sono delle cellule particolari, dette tenociti, che producono e rimaneggiano tutta la struttura che si trova al loro esterno, un complesso insieme di sostanze detto matrice extracellulare. La matrice extracellulare è composta da acqua (60%), proteoglicani, glicosamminoglicani (GAG), elastina, collagene di tipo I e III.
Le fibre all'interno del tendine hanno una disposizione a ondulazioni (dette "crimp"): la messa in tensione delle ondulazioni permette l'allungamento del tendine, che fisiologicamente mima proprietà elastiche.
Il tendine è una struttura dinamica, che risente dell'esercizio e del riposo: durante l'esercizio c'è una piccola riduzione delle fibre di collagene, che però si rinforzano (migliora l'allineamento, c'è adattamento metabolico delle cellule, aumenta il turnover del collagene e dei GAG e si generano legami tra le macromolecole). L'esercizio fisico fa bene dunque al tendine.
Con l'immobilizzazione invece si ha una riduzione della densità del collagene, del tasso di GAG, della quantità di acqua (disidratazione) e si ha un disallineamento delle fibre collagene: quando si deve riprendere un'attività fisica dopo un periodo di immobilizzazione bisogna considerare i tempi biologici necessari al tendine per ri-allenarsi. Infatti, studi su animali hanno dimostrato che a fronte ad un periodo di inattività di 8 settimane, il tendine impiega 1 anno per recuperare completamente la sua funzionalità.
Oltre all'immobilità, anche l'invecchiamento danneggia la struttura tendinea: nell'anziano diminuisce la forza di rottura (circa 65% del giovane adulto); tuttavia questo può non essere un problema drammatico, visto che la performance muscolare dell'anziano è ridotta rispetto al giovane.
Sebbene anche un trauma o infortunio acuto possano (circa 2-3% del totale dei casi) provocare una tendinopatia, la maggior parte delle persone sviluppa la patologia a causa di microtraumi ripetuti dovuti alla reiterazione nel tempo di un particolare movimento, nel corso del lavoro o durante la pratica di attività sportive.
In queste condizioni, il rischio di sviluppare una tendinopatia può essere ulteriormente aggravato da una lunga serie di fattori, tra cui:
Il sintomo principale delle tendinopatie è il dolore, che può assumere intensità e sfumature assai diverse da caso a caso.
L'intensità può variare da un semplice fastidio fino ad un intenso dolore trafittivo, che può impedire anche le normali attività quotidiane.
Nella maggior parte dei casi, il dolore tende ad aumentare durante il movimento e si attenua col riposo. In alcuni casi, specie nelle forme più croniche, il dolore può addirittura attenuarsi con l'attività fisica, per poi ripresentarsi più forte di prima quando i muscoli non sono più caldi e i livelli di adrenalina sono ritornati nella norma.
Tipicamente, il dolore è esacerbato dall'allungamento, dalla messa in tensione del tendine e diminuisce con l'accorciamento.
Gonfiore e arrossamento sono presenti raramente e sono in genere di modesta entità.
La diagnosi di tendinopatia è basata sull'esame clinico e sulla raccolta dei sintomi.
Per alcuni tendini, come ad esempio quelli dei muscoli della cuffia dei rotatori, esistono dei test clinici specifici per evidenziarne una sofferenza.
Gli esami di diagnostica per immagini servono per confermare la diagnosi, definire l'entità del danno e per porre indicazione ad un eventuale intervento chirurgico.
Di solito, il primo approccio strumentale è l'ecografia, un esame economico e che permette di effettuare un'analisi dinamica, in tempo reale. Lo svantaggio è che l'accuratezza di questo esame è strettamente dipendente dalla beavura dell'operatore che la esegue; inoltre tale tecnica è molto valida per tutti i tendini più superficiali ma esiste una minoranza di tendini situati più in profondità rispetto alla superficie corporea (tendine del capo lungo del bicipite, ad esempio), che sono assai difficilmente esplorabili con l'ecografia.
La risonanza magnetica è la tecnica migliore per panoramicità, accuratezza diagnostica e risoluzione di contrasto nelle patologie muscolari e tendinee. Gli svantaggi sono il costo elevato, la durata dell'esame (20-40 minuti all'interno della bobina, il chè può essere un problema per gli individui claustrofobici) e l'impossibilità di acquisire sequenze dinamiche.
Nella fase acuta, nelle prime 2-3 settimane, il presidio terapeutico fondamentale è il riposo relativo, ovvero la limitazione dei movimenti in cui è implicato il tendine infiammato.
In queste fasi può essere utile assumere degli antiinfiammatori non steroidei sia topici (Voltarene® gel, Lasonil® crema) che per bocca (aspirina, ibuprofene), tenendo bene a mente che essi riducono il dolore e possono provocare una falsa sensazione di guarigione.
Anche l'applicazione di ghiaccio può alleviare l'infiammazione e il dolore.
Se, dopo un periodo di tempo sufficientemente lungo (4-10 settimane, a seconda della sede e gravità iniziale della patologia) di riposo relativo e di misure conservative appena esposte, la tendinite non è guarita o migliorata sostanzialmente, è ragionevole affermare che ci si trova di fronte ad una tendinopatia cronica e quindi l'approccio terapeutico deve essere sostanzialmente modificato.
Dopo questo periodo infatti, è presumibile che la componente infiammatoria sia ormai minima e che il tendine stia andando incontro ad un processo degenerativo. Alla luce di ciò, si intuisce che, come spiegato in precedenza, il riposo non sia più utile, anzi potrebbe diventare controproducente e contribuire alla degenerazione del tendine.
Si rende necessario quindi intraprendere un percorso fisioterapico di rinforzo del tendine malato, evitando, naturalmente, di sovraccaricarlo. Gli esercizi, che andrebbero svolti con la supervisione di personale qualificato (fisioterapista, medico, laureato in scienze motorie) sono vari, ma le tecniche più utilizzate sono le contrazioni isometriche e il lavoro eccentrico con carichi via via maggiori.
L'efficacia dello stretching è dubbia, infatti alcuni studi dimostrano che esso può essere inutile o addirittura dannoso.
Le iniezioni e infiltrazioni di corticosteroidi andrebbero evitate, soprattutto nella fase cronica, poiché alterano il turnover del collagene, a fronte di un beneficio solo sintomatologico (per alleviare il dolore, meglio usare antiinfiamatori non steroidei!).
Tra le terapie di più recente introduzione, le più promettenti e degne di nota sono: infiltrazioni intralesionali di plasma ricco di piastrine (PRP, una sostanza derivata da sangue autologo e contenente fattori di crescita); nitroglicerina topica (dei cerotti che rilasciano ossido nitrico, il quale stimolerebbe la sintesi di collagene).
Le tecniche fisiche tradizionali come gli ultrasuoni, il laser, la Tecarterapia, l'agopuntura e i massaggi sono ancora ampiamente utilizzate, ma non ci sono prove concrete in favore della loro efficacia.
Nei casi più gravi e invalidanti, che non mostrano miglioramenti significativi nemmeno dopo molti mesi, si può prendere in considerazione l'opzione della chirurgia: le tecniche chirurgiche sono molteplici, mirano alla rimozione del tessuto cicatriziale e alla stimolazione dei processi riparativi, ma i risultati sono in genere deludenti.
Le tendinopatie sono patologie croniche che guariscono molto lentamente e spesso necessitano di mesi o anni per un recupero completo. Il paziente, con l'aiuto e la supervisione di personale sanitario qualificato, dovrebbe comprendere che la pazienza e la diligenza nell'adesione al piano fisioterapico, con carichi di lavoro realistici e progressivi, sono la chiave del successo del trattamento.
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