Clostridium perfringens

In questo articolo parliamo di una delle tossinfezioni alimentari più comuni al mondo, anche nel nostro paese, ma di cui probabilmente nessuno vi ha parlato. Si tratta di Clostridium perfringens, uno dei batteri più comuni che è causa di patologie dovute all'alimentazione.

 

 

Se avete mai avuto, dopo aver mangiato al ristorante o anche a casa vostra, una diarrea improvvisa, che vi ha fatto stare male per qualche giorno e poi se n'è andata senza lasciare traccia è molto probabile che vi siate imbattuti in questo batterio, anche se non lo sapete perché il medico non ve l'ha detto.

Questo batterio viene solitamente distrutto dagli antibiotici, ma è uno dei più importanti da conoscere per un motivo semplice: non tutti i ceppi sono poco patogeni, e alcuni causano problemi ben più gravi della diarrea. Qui in Italia è un'evenienza molto rara, ma a chi viaggia all'estero può succedere.

Clostridium perfringens: cos'è

Il nome, se conoscete qualche batterio, probabilmente non vi è nuovo: Clostridium perfringens è un batterio che fa parte della stessa famiglia, e condivide alcune caratteristiche, con Clostridium botulinum, il batterio che causa il botulino, e Clostridium tetani, la controparte che causa il tetano, anche se non si prende dagli alimenti. Entrambe le malattie sono letali.

Fortunatamente Clostridium perfringens è meno dannoso, ma condivide con loro la capacità di produrre una tossina, che ha la sua attività dannosa anche nel caso in cui il batterio venga distrutto, ed è questo che provoca i problemi per la sicurezza alimentare.

 

 

Il problema principale di questo batterio è che, a differenza dei cugini clostridi, è ubiquitario, cioè si trova dappertutto. È uno dei più comuni infettanti delle ferite cutanee (quando ci tagliamo, si rischia l'infezione da parte di questo batterio) ed è uno dei principali batteri che causano la putrefazione delle carcasse, in natura. Si trova nella terra, e dai campioni di suolo prelevati in tutto il mondo si è rilevata la sua presenza, per capire quanto sia frequente.

Clostridium perfringens

È molto resistente anche per la possibilità di formare una spora, una forma ultraresistente, che permette al batterio di resistere anche per anni nell'ambiente senza la necessità di mangiare, né di bere; in questa forma è difficilissimo ucciderlo, tanto che serve una temperatura di 110 gradi per distruggerla. Della spora, però, solitamente non ci preoccupiamo perché i tempi per la "rinascita" del batterio sono lunghi (infatti il botulino è un problema solo nelle conserve, proprio per il lunghissimo periodo di conservazione).

Quello che ci deve spaventare, invece, è la tossina: il prodotto che fa iniziare i sintomi, infatti, ha azione immediata sul nostro intestino, e viene inattivata (distrutta) solamente a 74 gradi; nessun problema quindi per un alimento ben cotto (pollo lesso, per esempio), ma può persistere in un alimento che non è stato cotto bene, animale o vegetale: si, perché il batterio è anche sui vegetali, trovandosi praticamente dappertutto.

I sintomi della tossinfezione da Clostridium perfringens

Parlando dei sintomi che la tossina del batterio provoca, questi sono a carico dell'intestino. Il batterio non è particolarmente interessato, neanche quando è attivo (non spora), dall'acidità gastrica, così riesce a raggiungerlo con relativa tranquillità. A questo punto, trovandosi nell'habitat ideale per la propria crescita, inizia a produrre la sua tossina. I sintomi principali sono:

  • Forti dolori addominali, causata dal fatto che la tossina entra nel sangue e causa perdite di sangue perché inattiva le piastrine;
  • Diarrea, che è il meccanismo di difesa aspecifico dell'intestino contro i danni; a causa di quanto visto sopra, nelle feci può essere presente del sangue;
  • Vomito, anche se è un sintomo molto più raro, perché difficilmente lo stomaco, che è la prima parte dell'apparato digerente, viene interessato dalla tossina. L'acidità gastrica non distrugge il batterio, ma distrugge la tossina, che quindi ha azione solo nell'intestino.

 

 

I sintomi, come si può notare, sono aspecifici, quindi comuni ad altre malattie a trasmissione alimentare; questo è dovuto anche, in parte, al fatto che spesso i sintomi si manifestano proprio in concomitanza ad altre malattie, rendendo quindi ancora più difficile capire che cosa ha causato quella che ci ha interessato.

Tuttavia, nonostante Clostridium sia molto diffuso nell'ambiente, in realtà sono poche (in proporzione) le infezioni. Questo perché, si suppone, le persone sono in pratica vaccinate naturalmente contro la tossina: piccole quantità di tossina vengono in contatto con il nostro corpo da quando siamo piccoli, e così l'organismo crea degli anticorpi anti-tossina che evitano i sintomi i quali, altrimenti, si presenterebbero costantemente.

Se la tossina è molta, però, l'organismo non ha tempo sufficiente per combatterla tutta insieme, e allora si presentano i sintomi; tuttavia, la malattia è autolimitante, cioè sparisce in un paio di giorni. Questo è dovuto al fatto che il sistema immunitario inizia comunque a combatterla, appena può, e quando riesce a contrastare completamente la tossina abbiamo la scomparsa definitiva dei sintomi.

L'infezione da ceppo C di Clostridium perfringens

Rara in Italia, ma diffusa soprattutto in alcuni paesi è l'infezione più grave che possa derivare da questo batterio: non riescono a farla tutti i Clostridium perfringens, ma solo alcuni, particolari, che appartengono al cosiddetto Ceppo C di questa popolazione batterica.

Il batterio ha in pratica gli stessi effetti di tutti gli altri, produce molta più tossina rispetto agli altri, e gli effetti sono molto più gravi rispetto a quelli che sono prodotti dalle tossine degli altri ceppi.

Infatti, l'effetto della tossina è creare una cancrena, una necrosi, ovvero una propria distruzione dei tessuti (infatti il Clostridium si trova normalmente come batterio di putrefazione, nelle carcasse); gli altri ceppi non sono in grado di produrne così tanta da avere questo effetto nell'intestino (limitandosi ad alterare la permeabilità), mentre questo ceppo, con le sue quantità, ci riesce, portando ad una forma detta enterite necrotizzante.

L'enterite necrotizzante è una vera e propria distruzione dell'intestino, che non si autolimita, e per questo motivo bisogna necessariamente andare in ospedale, dove viene valutata la situazione e, nei casi più gravi, viene addirittura rimossa una parte di intestino, quella completamente necrotizzata, ovvero morta (la necrosi tende a diffondersi, è per questo che l'intestino deve essere rimosso, esattamente come un arto necrotico deve essere amputato per salvare il resto del corpo).

Come prevenire le infezioni da Clostridium perfringens

Le infezioni da Clostridium sono prevenibili utilizzando semplici regole di base per l'igiene degli alimenti.

Bisogna pensare, come prima cosa, che se un alimento è venuto a contatto con il terreno, questo potrebbe essere infetto, e non solo da Clostridium, ma anche da altri batteri, per cui lavare e disinfettare gli alimenti è sempre basilare per evitare le contaminazioni. Molto importante è anche prestare attenzione all'acqua con cui si lavano gli alimenti: in Italia è sempre potabile, ma all'estero può non esserlo, e potrebbe essere infetta.

Uno dei modi con cui l'infezione si diffonde più spesso, poi, è non lavarsi le mani dopo aver toccato un alimento crudo destinato a cottura.

In altre parole, se abbiamo un alimento potenzialmente infetto, come un ortaggio, che mettiamo a cuocere, poi non ci laviamo le mani prima di toccare qualcosa (insalata, frutta sbucciata) che viene invece consumata cruda, è probabile che questo comportamento porti alla trasmissione dell'infezione.

Per quanto riguarda invece la cottura, di solito si pensa che sia un metodo che riesce ad evitare tutte le infezioni batteriche, ma per Clostridium perfringens non è così.

Infatti, questo batterio come abbiamo detto prima è in grado di formare delle spore, che vengono distrutte a una temperatura superiore ai 100 gradi di bollitura dell'acqua. Se, quindi, la cottura in forno riesce a distruggerle, altri tipi di cottura, come la bollitura, non ci riescono.

Questo non è un problema se l'alimento cotto viene consumato subito o congelato, mentre lo è se diamo tempo alla spora di attivarsi nuovamente: se, infatti, non consumiamo il cibo per qualche giorno, anche lasciandolo in frigorifero, il batterio può tornare dalla spora alla forma attiva, di fatto inquinando nuovamente l'alimento. A questo punto è necessaria una seconda cottura per evitare il ritorno dell'infezione.

Nel complesso, quindi, l'infezione da Clostridium perfringens non è solitamente grave, il sintomo più frequente è solitamente qualche giorno di malessere.

Tuttavia, anche se evitare la clostridiosi da perfringens può sembrare banale, in realtà lo è molto meno rispetto a quanto potremmo pensare, specialmente in paesi dove le regole igieniche che abbiamo noi non sono scontate. A molte persone, turisti, è successo di trovarsi in terra straniera a causa di questa patologia, per una vacanza che è stata per loro indimenticabile... purtroppo, non in senso positivo.

 

 

 

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