La farina integrale è, per definizione, quella ricavata da tutto il chicco di frumento nella sua integrità. In realtà la stragrande maggioranza delle farine in commercio sono composte da farina integrale ricostituita, ovvero da farina raffinata (0 o 00) alla quale viene aggiunta la parte esterna del chicco (crusca, cruschello, tritello) ricca di fibre, fino al raggiungimento del valore minimo di legge per quanto riguarda la quantità di ceneri.
Infatti la legge non impone che la farina sia derivata dal chicco nella sua integrità, ma definisce solo un valore minimo (e uno massimo) per le ceneri (che dipendono dalla quantità di crusca, e quindi di fibre), come abbiamo visto parlando di come viene prodotta la farina e cosa sono le varie tipologie (00, 0, 1, 2, integrale).
Questo tipo di farina è chiamata "ricostituita", perché appunto alla farina raffinata vengono ridate le fibre perdute durante la macinazione e l'abburattamento (setacciatura).
Viene da chiedersi perché viene fatto tutto questo: non si farebbe prima a macinare il chicco intero? In realtà no, e i motivi sono almeno due: uno pratico, uno tecnico.
Il motivo tecnico riguarda il fatto che i mulini moderni sono progettati per produrre le farine raffinate e quindi sono inadatti alla macinazione del chicco intero, i vari passaggi servono per svestire il chicco, rimuovere la parte esterna, e arrivare alla fine ad ottenere un prodotto diviso nelle sue differenti parti: gli "scarti" e la farina più o meno raffinata.
Le farine macinate a pietra invece non prevedono passaggi intermedi: il chicco viene frantumato completamente in un solo passaggio nella macina, e lì si ottiene la "vera" farina integrale. Poi la farina ottenuta può essere setacciata per eliminare parte della crusca, ma la crusca in questo caso è più fine rispetto a quella ottenuta dai mulini cilindrici, e quindi si nota anche meno all'interno della massa della farina, che risulta essere più omogenea.
La crusca ostacola la formazione del glutine: le farine integrali, anche se hanno più proteine rispetto a quelle raffinate (a parità di grano utilizzato) hanno una forza e una attitudine ad essere panificate molto inferiore rispetto alle farine raffinate. Più la crusca viene sminuzzata in particelle fini, più aumenta il suo potere di "indebolire", rendendola meno panificabile, la farina integrale. I moderni mulini a cilindri riducono la crusca in grosse scaglie, che quando aggiunte alla farina raffinata interferiscono di meno nella formazione del glutine. Inoltre, nella farina ricostituita si può partire da una miscela di farine con il W desiderato, per poi aggiungere la crusca in scaglie. In parole povere le farina ricostituite presentano il vantaggio di essere panificabili e di poter essere "personalizzate" meglio come caratteristiche (W in primis).
Le farine integrali "vere", dunque, e soprattutto se macinate a pietra, sono mediamente poco panificabili, ovvero occorre più esperienza e capacità panificatoria per ottenere risultati soddisfacenti.
In rete è ovviamente già partita la campagna denigratoria contro queste farine. L'accusa (in realtà indefinita: molti dicono che non sono la stessa cosa, ma non si capisce bene perché una dovrebbe essere peggiore dell'altra, l'impressione è che semplicemente non lo sappiano nemmeno loro...) è quella di contenere poche fibre: in realtà la legge di fatto impone un quantitativo minimo (non direttamente, ma indirettamente con il vincolo minimo sulle ceneri), dunque non è possibile trovare in commercio una farina integrale con il 2,5% di fibre come purtroppo si legge in alcuni siti... Non rispetterebbe i vincoli di legge. La quantità di fibre minima è garantita (anche se un valore preciso non lo si può fornire), in ogni caso basta leggere l'etichetta obbligatoria per verificare l'esatto contenuto di fibre della farina in esame.
Un'altra accusa riguarda il fatto di non contenere il germe: innanzitutto abbiamo visto che il germe non contiene nulla di particolarmente interessante (in quantità interessanti), quindi la salute non ci perde niente (semmai ci guadagnamo qualche grasso in meno). I grassi del germe (ripeto: per la gran parte non essenziali) di sicuro possono ossidare diventando eventualmente anche nocivi. Inoltre non è vero che tutte le farine ricostituite non contengono il germe: ci sono in commercio farine speciali, ricostituite proprio per evitare che il germe si deteriori a causa del calore sprigionato dalla macina, prodotti questi di livello superiore... Eppur ricostituiti.
Insomma: da una farina integrale, dal punto di vista salutistico, ci si aspetta che contenga le fibre e non ci si deve aspettare tanto altro. E le fibre nella farina ricostituita ci sono. Dunque cosa cambia rispetto a quella "vera"? Poco o niente.
Una vecchia circolare del 2003 consentiva nei prodotti l'utilizzo della dicitura "farina di frumento integrale" sia che si trattasse di integrale "vera" che ricostituita.
Oggi, tuttavia, le nuove regole di etichettatura impongono, quando un prodotto non contenga solo un ingrediente, di indicarli tutti quanti. Quindi nell'etichetta di un pane in cassetta (per esempio) fatto con farina integrale ricostituita dovremmo trovare la dicitura farina integrale (farina, crusca) o due distinti ingredienti come nell'immagine qui sopra (farina di frumento, crusca di frumento, ...) o qualcosa del genere considerando tutte le possibili varianti sul tema.
Come la penso sui prodotti integrali in genere lo potete leggere qui, non è un argomento che ritengo strategico in una corretta alimentazione. E tantomeno mi scalda questa nuova campagna contro qualcosa di assolutamente normale, di non dannoso per la salute e che non nasconde nessuna truffa. Come abbiamo visto non è l'integralità "vera" a determinare la qualità di una farina, primo perché la maggior parte delle farine sono ricostituite, secondo perché esistono farine ricostituite di altissima qualità, terzo perché le farina integrali "vere" sono quasi sempre meno panificabili rispetto alle "sorellastre" ricostituite.
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