Indipendentemente da quali altre cause si associno, l'obesità “essenziale” o primitiva o primaria risulta sempre da un bilancio energetico positivo, cioè da un persistente squilibrio relativo tra ciò che si mangia (= troppo) e ciò che si consuma (= troppo poco).
Le cause per le quali si giunge a questo stato sono principalmente due: iperalimentazione e scarsa attività fisica.
Succede molto spesso che l'obeso non riesca a mantenere il peso raggiunto dopo una terapia dimagrante. Anche se non è l'unica responsabile, esiste una causa fisiologica per questo fenomeno, ed è dovuta al fatto che essi hanno una ridotta capacità di consumare le calorie introdotte con la dieta. Questa ridotta capacità è almeno in parte legata a caratteristiche ereditarie per la combinazione di alcuni geni sfavorevoli; tuttavia va precisato che si tratta di caratteristiche genetiche fortemente influenzate dall’interazione con l’ambiente, ovvero da cosa facciamo in termini di stili di vita e di stili di alimentazione.
Per fare un esempio semplice, un ragazzo può avere tendenzialmente (ovvero per la sua genetica) una ridotta capacità a bruciare calorie, ma questa si riduce progressivamente ancora di più se, ignorando la tendenza al sovrappeso, questo stesso ragazzo non aumenta l’attività fisica, non riduce l’introduzione di calorie e non modifica la sua alimentazione in modo da contrastare questa sua tendenza innata.
Dunque si può dire che la ridotta capacità a bruciare calorie viene acquisita (qui nel significato più corretto di peggiorata) durante lo svilupparsi della malattia obesità, e permane anche dopo aver raggiunto il peso ideale. Questa ridotta capacità di bruciare le calorie ed ossidare i lipidi nella persona post-obesa può contribuire a spiegare la facilità di questi pazienti a ricadere nel problema obesità e la loro difficoltà a mantenere il peso raggiunto.
Le caratteristiche dei genitori sono tra gli aspetti più spesso considerati come aventi un ruolo determinante nella patogenesi della obesità infantile. Le ricerche sull'ambiente familiare hanno evidenziato il ruolo del comportamento dei genitori come pure la loro obesità e/o il loro comportamento alimentare nel favorire la obesità dei figli.
I genitori inevitabilmente offrono un modello di apprendimento ai figli e contribuiscono in modo preponderante alla costruzione della qualità dei processi affettivi e di attaccamento nella relazione con i figli.
Lo stile di vita familiare (spesso mal definito e confuso, con la tendenza a minimizzare o nascondere i problemi e a presentare di sé e della propria famiglia un’immagine migliore di quella reale), la qualità delle relazioni interpersonali all’interno della famiglia (caratterizzate per lo più dall'ambiguità anche dei rispettivi ruoli – con fratelli o nonni ad esempio che fanno da genitori, oppure con figli che comandano o al contrario subiscono senza alcun tentativo di individualità), e qualità delle espressioni emotive (solitamente indefinite e confondenti, il che si unisce in modo spesso contraddittorio al controllo delle caratteristiche esteriori), sono situazioni tipiche che finiscono con il creare intorno al bambino una condizione di "vuoto" o "solitudine affettiva", che il bambino in questione percepisce come inevitabile, come parte della propria esistenza, ovvero come passivamente imposta dall'ambiente circostante. Questa condizione spesso e in modo determinante contribuisce allo sviluppo di una obesità essenziale.
È dunque molto importante educare il bambino (e la sua famiglia) in modo tale che non si sviluppino quei tratti della personalità che porterebbero facilmente il bambino a diventare un adulto obeso. Per fare questo è essenziale comprendere i bisogni del bambino durante le varie fasi della crescita e agire concordemente (si consiglia a tal proposito di leggere gli altri articoli, dedicati alle fasi di crescita).
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