La malattia di Kawasaki (MK) è una vasculite acuta sistemica autolimitante di incerta eziologia, che colpisce i vasi di medio calibro di tutti i distretti dell'organismo, ma soprattutto le coronarie, dando quindi problemi cardiaci di tipo ischemico (infarto).
È una patologia pediatrica e rappresenta la seconda causa di vasculite nei bambini e la principale causa di patologia cardiaca acquisita in età pediatrica nei paesi industrializzati.
La sua eziologia è ancora ignota e sconosciuta. Sono ovviamente state avanzate diverse ipotesi, come l'eziologia infettiva, autoimmune o genetica. Tuttavia si pensa che sia una malattia multifattoriale.
I dati epidemiologici disponibili in letteratura sono americani e giapponesi; mancano dati europei.
La malattia di Kawasaki colpisce, come detto in precedenza, soprattutto i bambini al di sotto dei 5 anni e i lattanti. Il picco per età e sesso si colloca tra 9 e 11 mesi.
Questo non esclude ovviamente che possano essere colpiti anche bambini di età maggiore, che peraltro vanno incontro a un rischio maggiore di complicanze cardiovascolari in quanto la diagnosi viene posta più tardivamente.
Secondo gli studi, sembra esistere una maggiore incidenza della malattia nei maschi rispetto alle femmine (rapporto maschi: femmine pari a 1,5-1,7:1).
Inoltre, è stata osservata una certa stagionalità per la MK, con picco d'incidenza nel tardo inverno ed inizio primavera.
A livello mondiale le incidenze annuali riportate variano tra 3,4 e 100/100.000 bambini di età inferiore a 5 anni secondo le differenti etnie, con una maggiore prevalenza in quella asiatica.
La MK è caratterizzata da diversi segni e sintomi che si possono presentare in associazione ma anche con il progredire della malattia.
Essendo una vasculite, quindi un processo infiammatorio che colpisce i vasi sanguigni, ci può essere febbre, elevata e remittente che per definizione deve durare per più di 5 giorni.
La febbre può essere accompagnata da eritema palmo-plantare o a volte edema doloroso alle estremità (mani e piedi) soprattutto nella fase acuta della malattia.
Entro 2-3 settimane dall'esordio della febbre può comparire una desquamazione intorno alle unghie che dopo 1-2 mesi può lasciare il posto alle linee di Beau, che consistono in solchi trasversali ungueali.
L'eritema può colpire anche altre zone del corpo come le labbra, la mucosa orale, accompagnato da secchezza, fissurazioni e a volte sanguinamento.
Un altro segno di questa malattia può essere il rash maculo-papuloso o simil orticaria che colpisce il tronco e le estremità.
Possono inoltre essere presenti congiuntivite bilaterale (generalmente non dolorosa) e linfoadenopatia cervicale, solitamente unilaterale con uno o più linfonodi di diametro superiore a 1,5 cm, spesso fissi sul piano sottostante.
Altre manifestazioni cliniche possono colpire molti apparati, ma soprattutto quello cardiaco (pericardite, miocardite, endocardite, insufficienza mitralica, insufficienza cardiaca, aritmie), gastrointestinale (diarrea, vomito, dolori addominali, idrope acuta della colecisti), nervoso (meningite asettica, ipoacusia neurosensoriale, paresi facciale periferica unilaterale), articolare (artriti).
La complicanza più temibile della MK è quella di sviluppare ectasie o aneurismi delle arterie coronarie che possono determinare cardiopatia ischemica, infarto miocardico o morte improvvisa. Tali sequele possono verificarsi sia in pazienti non trattati (15-25%), sia in pazienti adeguatamente trattati, anche se il trattamento precoce riduce il danno coronarico nella maggior parte dei pazienti.
Purtroppo non esiste un test o un esame che permetta di porre diagnosi di certezza, per questo ci si basa sulla presenza di diversi criteri clinici per formulare la diagnosi.
I criteri clinici diagnostici sono:
In base alla presenza di questi segni, si distinguono 3 forme di malattia di Kawasaki: tipica, atipica e incompleta.
Tipica. Si caratterizza per la presenza di febbre per più di 5 giorni associata a 4 di questi segni: rossore di entrambe le congiuntive, eritema delle labbra e della mucosa orale, anomalie delle estremità, rash, linfoadenopatia cervicale.
La diagnosi può anche essere effettuata se, oltre a 4 segni, compaiono anomalie all'ecocardiogramma e la febbre dura almeno da 4 giorni.
Atipica. Presenta sintomi che in genere non si rilevano nella MK (coinvolgimento renale, polmonite a lenta risoluzione, pancreatite acuta, paralisi del faciale, ecc…) in associazione alla febbre (la cui presenza è assolutamente fondamentale).
Incompleta. Si riferisce ai pazienti che non presentano il numero sufficientedi criteri diagnostici in associazione alla tipica febbre.
Gli esami di laboratorio non aiutano nella diagnosi, spesso infatti sono del tutto normali.
Si può rilevare un aumento dei leucociti, VES e PCR nella fase acuta, oltre all'aumento di colesterolo, HDL, transaminasi e gamma GT.
Dal punto di vista strumentale, per le complicanze vascolari, di importanza fondamentale risulta essere l'ecocardiogramma con color doppler.
L'ecocardiografia deve essere eseguita in tutti i pazienti con MK secondo il seguente schema: all'ingresso, dopo 2 settimane, 4 e 8 settimane dall'inizio della malattia. Nei pazienti persistentemente febbrili, con anomalie coronariche, alterazione della funzione ventricolare sinistra, insufficienza mitralica o versamento pericardico, possono essere necessari controlli più frequenti.
Se presenti segni d’ischemia spontanea, effettuare coronarografia o cardio TC.
Quando presenti, il 50-67% degli aneurismi coronarici va incontro a risoluzione 1-2 anni dopo l'esordio.
Nei vasi in cui non si ha risoluzione delle anomalie, possono svilupparsi anche delle stenosi (restringimenti) o delle occlusioni che possono aumentare nel tempo.
La principale causa di morte nella MK è infatti l'infarto miocardico acuto (IMA) causato da una occlusione trombotica in una arteria stenotica e/o aneurismatica.
I decessi dipendono dalle sequele cardiologiche, sia a breve termine, con un picco di mortalità tra 15 e 45 giorni dopo l’esordio della febbre, sia a lungo termine, anche in età adulta.
A seconda della fase della malattia che ci si trova a curare, esistono diversi obiettivi da perseguire.
Durante la fase acuta bisogna infatti cercare di ridurre l'infiammazione che colpisce la parete delle coronarie in modo da prevenire la trombosi, mentre nei bambini che hanno già sviluppato un aneurisma di questi vasi si devono prevenire l'infarto e la morte improvvisa.
Il trattamento iniziale consiste nell'uso contemporaneo di immunoglobuline endovena (IVIG) e di aspirina (ASA). Sia le immunoglobuline che l'aspirina hanno effetto antinfiammatorio e quindi sono indicate nei casi di vasculite come questa malattia.
La terapia va iniziata nei primi 10 giorni dalla comparsa della febbre caratteristica (se possibile entro i primi 7).
L'aspirina è utilizzata nella fase acuta a dosi elevate in quattro somministrazioni giornaliere fino a 48-72 ore dalla scomparsa della febbre per la sua attività antinfiammatoria, e nella fase di convalescenza a basse dosi per l'attività antipiastrinica, per 6-8 settimane nei pazienti senza alterazioni coronariche dall'esordio, per tempo indefinito nei bambini che sviluppano coronaropatie.
Per la terapia a lungo termine, invece, si utilizza sempre l'aspirina nei bambini asintomatici con patologia stabile o lieve, mentre se vi è un aneurisma si associa un anticoagulante come l'eparina o il warfarin (se l'aneurisma è gigante).
L'esame delle feci è una procedura diagnostica che consiste nella raccolta e nell'analisi di un campione di feci, al fine di individuare alcune eventuali condizioni patologiche.
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