Il mal di schiena è un sintomo che interessa moltissime persone, soprattutto nei paesi occidentali, e che può risultare molto invalidante.
Sebbene nel corso del XX secolo la medicina abbia fatto passi da gigante, il comune mal di schiena non ha subito cambiamenti epidemiologici. In parole povere, il numero di pazienti affetti da mal di schiena e la loro condizione, non è migliorata.
In questo articolo cercheremo di capire dove nasce questo paradosso e soprattutto, come uscirne!
Spesso si legge che il mal di schiena interessa l'80% della popolazione, un dato che viene riportato per fare scalpore, ma che va letto nella sua giusta dimensione e cioè che l'80% delle persone hanno sofferto di mal di schiena almeno una volta nella loro vita.
La prevalenza del mal di schiena (e cioè la percentuale di persone con mal di schiena, in un determinato periodo di tempo) è pari infatti, a seconda degli autori, al 15-30% di pazienti che lamentano una lombalgia il giorno dell'intervista; al 19-43% se il mal di schiena è comparso durante il mese precedente l'intervista; e l'80% se si considera le persone che sono in grado di ricordare un episodio di mal di schiena nel corso della loro vita.
L'incidenza (numero di nuovi casi in un determinato periodo) degli interventi chirurgici di ernia al disco in un anno è pari all'1 per mille; mentre la prevalenza, lungo tutta la vita di una persona, dell'ernia al disco (operata o meno), si attesta intorno al 2%.
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Il mal di schiena può essere causato da patologie specifiche, prime fra tutte le malattie autoimmuni come la spondilite anchilosante, l'artrite reumatoide, o altre patologie croniche come la fibromialgia.
Questi casi, tuttavia, sono la minoranza: la stragrande maggioranza dei mal di schiena sono aspecifici, cioè non causati da condizioni patologiche specifiche.
Sembrerebbe quindi che l'uomo sia condannato al mal di schiena: è quello che sostiene chi pensa che tale condizione sia il prezzo da pagare per la conquista della posizione eretta. In realtà, diversi studi dimostrano che in alcune società la prevalenza e l'incidenza del mal di schiena sono di gran lunga inferiori rispetto ai paesi occidentali. In queste società le persone si muovono, siedono e lavorano in modo sostanzialmente differente, rispetto alle società occidentali.
Secondo molti ricercatori e autori, il mal di schiena dipende dal fatto che l'uomo occidentale utilizza in modo fisiologicamente errato la colonna vertebrale nelle attività quotidiane: stando in piedi, camminando, sedendosi e sdraiandosi nel modo sbagliato. Questo causerebbe dei carichi non fisiologici che porterebbero a degenerazione precoce, e quindi a dolore cronico.
Gli studi nel campo della postura e i metodi per combattere il mal di schiena migliorando l'assetto posturale non sono nati ieri: tra i metodi più conosciuti citiamo quelli di Mezier (1909-1991), di l'Alexander (1869-1955) e di Pilates (1883–1967), che risalgono alla prima metà del XX secolo.
Molte moderne proposte di ginnastica posturale si rifanno ai principi proposti da queste metodologie. Il fatto che anche in questo campo le proposte si moltiplichino senza che l'incidenza e la prevalenza del mal di schiena migliori dimostra che nessuno di questi funziona in modo veramente efficace.
Gli autori di questi metodi avevano capito che il problema del mal di schiena era causato principalmente da squilibri posturali e da un utilizzo scorretto della colonna vertebrale, ma non avevano identificato le cause precise di questi meccanismi.
A cavallo del nuovo millennio, grazie ad alcuni studi (tra cui quello di C. Richardson et al. - 1999) è nata la teoria secondo la quale i pazienti affetti da mal di schiena hanno perso uno specifico meccanismo neuromuscolare di sostegno della colonna vertebrale ad opera di alcuni muscoli profondi (trasverso dell'addome e multifido). La chiave nella cura del mal di schiena, secondo questi studiosi, risiede nella riattivazione di questo meccanismo, tramite uno specifico programma di esercizi.
Negli USA esistono molti approcci, più o meno validi, che si basano sulla rieducazione posturale, mentre in Italia uno degli esperti che ha applicato questa teoria è senz'altro il dott. Giovanni Bersi.
Purtroppo, però, anche questa teoria è stata fortemente messa in discussione e oggi la sua validità è stata molto ridimensionata dagli studi effettuati, che hanno dimostrato che la debolezza addominale e l'instabilità vertebrale conseguente non necessariamente sono la causa del mal di schiena, e quelle disfunzioni alle quali sono affetti coloro che soffrono di lombalgia cronica potrebbero essere addirittura dei meccanismi di difesa dell'organismo... E quindi effetto, e non causa, del mal di schiena.
Un altro aspetto molto importante dell'opera di Giovanni Bersi (e non solo) riguarda l'approccio chirurgico e farmacologico delle patologie degenerative della colonna vertebrale.
La cura del mal di schiena passa necessariamente per la rieducazione dei meccanismi di difesa naturali della colonna vertebrale, che si basano sull'attivazione involontaria di particolari muscoli (trasverso dell'addome e multifido). Il dolore accentua questo fenomeno e fa entrare il soggetto in un circolo vizioso dove il mal di schiena, causato dallo squilibrio muscolare, accentua a sua volta questo squilibrio aumentando il dolore.
Dal punto di vista articolare, dapprima insorge una instabilità, che evolve in degenerazione progressiva dell'articolazione (protrusioni, ernie, artrosi, fusione vertebrale).
I farmaci antinfiammatori/antidolorifici (non steroidei e steroidei) sono molto importanti per interrompere il circolo vizioso interrompendo il dolore e consentendo la riabilitazione che altrimenti sarebbe impedita dalla rigidità articolare causata dal mal di schiena.
L'operazione chirurgica consente di eliminare la pressione sui nervi causati dalla degenerazione dei dischi o dall'artrosi, ma non risolve il problema dell'instabilità, anzi la peggiora perché l'operazione svuota il disco intervertebrale e sacrifica alcune strutture dell'articolazione. Dunque, andrebbe effettuata solamente a seguito del fallimento di tutte le tecniche di eliminazione del dolore, comprese quelle più invasive come l'epidurale, cioè l'iniezione in profondità, nella sede dell'infiammazione, di un mix di farmaci steroidei. Ormai sono tantissimi gli studi che dimostrano non solo che le ernie, le protrusioni e altre degenerazioni della colonna non sono necessariamente causa del mal di schiena, visto che esiste una larga fetta della popolazione che presenta alterazioni degenerative evidenti della colonna vertebrale, senza presentare alcun sintomo doloroso. E d'altro canto, le percentuali di successo degli interventi chirurgici non sono particolarmente elevate (vedi questo video), con un forte rischio di recidiva che di fatto porta a consigliare l'operazione solo in casi estremi.
In ogni caso, sia la terapia farmacologica che quella chirurgica consentono di eliminare i sintomi, ma non risolvono il problema che se non viene affrontato dal punto di vista della riabilitazione neuromuscolare, è molto probabile che si ripresenti.
Come abbiamo visto il mal di schiena aspecifico non può essere risolto con una pillola né con un intervento chirurgico, ma solo con una profonda presa di coscienza da parte del paziente che deve sentirsi responsabile del suo problema e del fatto che può risolvere solo occupandosene in prima persona.
La riabilitazione passa per lo studio dell'anatomia e della fisiologia della colonna vertebrale e dalla pratica quotidiana degli esercizi atti a ristabilire i suoi naturali metodi di difesa.
In questo il mal di schiena è molto simile al sovrappeso, una condizione che si risolve cambiando il proprio lo stile di vita piuttosto che con una visita dal medico, il cui compito (importantissimo) deve essere quello di indicare la strada per la guarigione, strada che però deve essere percorsa dal paziente, in autonomia.
Proprio per questo motivo credo che l'incidenza del mal di schiena rimarrà elevata perché purtroppo la maggior parte delle persone rifiuta di investire il tempo e le energie necessarie per cambiare il proprio stile di vita. La medicina ha le sue colpe in questo, perché ha abituato il paziente ad essere una "macchina da aggiustare" piuttosto che un individuo da educare.
Il mal di schiena aspecifico può colpire anche le persone in forma, dotate di un sistema neuromuscolare di difesa intatto? Senz'altro: i meccanismi descritti non sono l'unica causa del mal di schiena. Ogni articolazione ha un limite di carico fisiologico che viene messo in crisi quando si supera tale carico.
Questo vale soprattutto per gli sportivi professionisti, per vari motivi: una buona postura e una corretta forma di esecuzione è necessaria per ottenere prestazioni di vertice, inoltre gli sportivi professionisti non sono mai stati sedentari ed è improbabile che abbiamo sviluppato vizi posturali tipici di uno stile di vita lavorativo sedentario.
Uno sportivo amatoriale con problemi cronici di schiena dovrebbe ridurre il carico che ha generato il dolore alla schiena (interrompendo la pratica sportica che lo ha generato o riducendo i carichi) e seguire un programma di rieducazione che porti gradualmente a caricare la colonna vertebrale. Paradossalmente, un programma il cui scopo finale sia quello di sovraccaricare la colonna ancora di più rispetto a quando era sana, potrebbe essere quello giusto per risolvere il problema. Spesso ai soggetti che soffrono di lombalgia cronica viene suggerito di evitare i sovraccarichi. Il soggetto, spaventato, teme che la sua schiena non possa più essere sollecitata e si comporta di conseguenza con un atteggiamento eccessivamente difensivo che porta, nel tempo, ad una debolezza strutturale che espone la schiena a rischi enormi, perché una schiena debole può essere messa in crisi dalle normalissime attività quotidiane. Al contrario, una schiena forte, in grado di resistere sotto carichi anche importanti, non avrà alcun problema nelle attività quotidiane. Ovviamente il programma di allenamento deve essere impostato in modo oculato, con i giusti esercizi e la giusta progressione.
L'esame delle feci è una procedura diagnostica che consiste nella raccolta e nell'analisi di un campione di feci, al fine di individuare alcune eventuali condizioni patologiche.
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