La tubercolosi (spesso abbreviata in "TBC" e conosciuta anche con il termine "tisi") è una patologia infettiva con una storia clinica complessa, causata dal batterio Micobacterium tuberculosis.
Gli organi più colpiti sono i polmoni e il contagio avviene quasi sempre per via aerea; tuttavia, possono essere interessati numerosi altri distretti corporei e la sintomatologia è quanto mai variegata.
Il micobacterium tuberculosis (noto anche come "bacillo di Koch") è un bacillo aerobiotico molto particolare, con marcate differenze rispetto ai batteri più comuni (è privo di membrana esterna e la sua parete cellulare è ricca di acidi micolici).
A causa di queste caratteristiche, il micobatterio si colora male con la classica colorazione di Gram, ma può essere ben visualizzato con la colorazione di Ziehl-Neelsen.
Inoltre, tali involucri cellulari rendono il micobatterio insensibile a molti dei comuni antibiotici e resistenti alla distruzione da parte dei globuli bianchi, anche se vengono fagocitati (i micobatteri possono sopravvivere a lungo al'interno dei globuli bianchi fagociti).
Infine, a differenza della maggior parte degli altri batteri, cresce molto lentamente in coltura e quindi ciò rende assai ardua (o quantomeno lenta!) la diagnosi colturale.
L'infezione si trasmette quasi esclusivamente per via aerea: i soggetti con malattia attiva, attraverso tosse, sputo, starnuti o anche il semplice parlare, emettono delle micro-goccioline di saliva e/o catarro che possono contenere i micobatteri, ognuno dei quali può potenzialmente infettare un altro soggetto.
La tubercolosi è una malattia con un tasso di contagiosità intermedio: si stima che un individuo con patologia attiva sia in grado di infettare mediamente circa 15 soggetti all'anno; capovolgendo il discorso, un soggetto sano che vive a stretto contatto con uno malato ha 1 probabilità su 5 di contrarre l'infezione.
Sono contagiosi soltanto i soggetti con malattia in fase di attività, mentre non lo sono quelli con malattia latente e quelli sottoposti ad adeguata terapia antibiotica.
In seguito al contagio, l'infezione può assumere un decorso clinico estremamente variegato. I principali fattori che rendono conto di questa eterogeneità sono:
La malattia può iniziare allorché si viene in contatto con il micobatterio: dei pazienti esposti al contagio, solo il 30% si infetta.
Di questo 30%, solo il 5% manifesta un'infezione acuta (detta TBC "primaria progressiva"), mentre il restante 95% va incontro ad un'infezione inapparente.
Di questo 95% di soggetti con infezione inapparente, nel corso della vita, il 5% circa va incontro ad una riattivazione dell'infezione, definita TBC "post-primaria".
Le percentuali appena riportate si riferiscono ai soggetti normali immunocompetenti. Nei soggetti con AIDS le percentuali di progressione primaria e tardiva sono decisamente superiori.
Si stima che almeno 1/3 della popolazione mondiale sia venuta in contatto con il micobatterio (fortunatamente la maggior parte non svilupperà mai l'infezione) almeno una volta nella vita.
In totale, nel mondo ci sono più di 10 milioni di individui affetti da TBC attiva e la stragrande maggioranza dei casi è concentrata nei paesi in via di sviluppo.
Fra le infezioni, la TBC è la quarta causa di morte (dietro a infezioni respiratorie acute, AIDS e diarree), con ancora ben 2 milioni di morti all'anno, anch'esse concentrate nei paesi più poveri.
Nei paesi occidentali (tra cui l'Italia), la TBC si configura come una patologia emergente (o, per meglio dire, "ri-emergente"), a dispetto della sua storia lunga e infausta. Infatti, all'inizio degli anni '80 si pensava che la TBC fosse stata praticamente debellata nei paesi più sviluppati.
Invece, negli ultimi decenni, si è verificato un nuovo forte incremento di incidenza di tubercolosi, a causa di due fenomeni principali:
La TBC è una patologia complessa perché può comprendere vari stadi, a partire dalla prima infezione, fino allo sviluppo della malattia conclamata.
Il distretto corporeo più colpito sono i polmoni (85%), mentre solo il 15% delle forme è extrapolmonare.
Nei soggetti immunodepressi, invece, le forme extrapolmonari sono relativamente più frequenti.
La sintomatologia classica della TBC è aspecifica:
Qui di seguito verranno descritte le forme principali di TBC in relazione al distretto colpito.
Come detto, è la forma più tipica e frequente.
L'infezione primaria può dare essenzialmente due quadri:
In seguito alla risoluzione della forma primaria, una certa quota di micobatteri permane in stato di latenza a livello polmonare, tenuta sotto controllo ma non eliminata dal sistema immunitario.
A distanza di anni o anche decenni dall'infezione primaria, di solito a causa di una riduzione delle difese immunitarie (infatti, tale fenomeno è molto più frequente negli immunodepressi), può manifestarsi una delle forme post-primarie.
Dal punto di vista clinico, essa possono avere diverse manifestazioni caratteristiche:
Nei pazienti HIV-positivi, il quadro clinico e radiografico può essere alquanto bizzarro e anche molto diverso da quanto appena descritto.
Come detto, le forme extrapolmonari sono molto più rare delle forme polmonari, almeno nei soggetti normali.
Nei soggetti immunocompromessi invece, a causa dell'AIDS o di altre condizioni (tumori, chemioterapia, terapia immunosoppressiva, diabete), le manifestazioni extrapolmonari tendono a essere relativamente più frequenti, rispetto alle polmonari, e sono tipiche delle forme post-primarie, ovvero delle riattivazioni a distanza di anni dall'infezione primaria.
Qui di seguito verranno elencate le forme principali.
In caso di localizzazione al sistema nervoso centrale, la TBC comporta tipicamente una meningite subacuta o cronica.
Il liquor ha aspetto limpido, non purulento, con basso livello di glucosio al suo interno (poiché i micobatteri ne sono voraci).
Il processo infiammatorio predilige la parte caudale dell'encefalo, in particolare il cervelletto e il tronco encefalico, con conseguente danno dei nervi cranici che da qui si dipartono.
Nei soggetti fortemente immunocompromessi è possibile che sia coinvolto l'encefalo vero e proprio, con formazione di tubercolomi al suo interno.
Le ossa sono una delle localizzazioni extrapolmonari più comuni.
I segmenti scheletrici più colpiti sono le vertebre toraciche e lombari.
Spesso il processo si estende anche ai dischi intervertebrali adiacenti, dando un quadro di spondilo-discite, noto con il nome di "morbo di Pott". Tale manifestazione è molto difficile a guarire e, soprattutto in epoca preantibiotica, tendeva a peggiorare, fino a condurre alla cosiddetta "triade di Pott", che si compone di: dolore, gibbo e paraplegia (il gibbo è una sorta di gobba, dovuta alla deformità causata dal danno vertebrale; la paraplegia è la paralisi degli arti inferiori, dovuta all'estensione del danno anche alle strutture nervose).
Essendo il rene molto vascolarizzato, il micobatterio può facilmente giungervi per via ematogena e spesso rimanervi quiescente, anche per diversi anni.
Soprattutto negli anziani e/o negli immunocompromessi, l'infezione può riattivarsi e diffondersi al resto del sistema uro-genitale (ureteri e vescica; nell'uomo anche prostata, vescichette seminali e epididimi; nella donna anche tube, endometrio e ovaie).
Dato che tale forma è molto rara, mentre le infezioni urinarie classiche sono molto frequenti, non si pensa quasi mai all'eziologia tubercolare e spesso la diagnosi viene posta molto tardivamente, quando si sono instaurati già dei gravi danni anatomici.
A causa della marcata interazione col sistema immunitario, i micobatteri finiscono per ritrovarsi frequentemente all'interno dei linfonodi, dove i globuli bianchi cercano di eliminarli, con scarso successo.
Una forma peculiare, anche se rara, è la cosiddetta "scrofola", ovvero un ingrossamento (anche consistente) dei linfonodi latero-cervicali, che si diceva conferisse al malato un aspetto simile ai maiali (da qui il termine "scrofola"). I linfonodi possono raggiungere dimensioni tali da lacerare la cute, lasciando delle cicatrici deturpanti.
La diagnosi di tubercolosi è molto difficile per una serie di motivi:
L'approccio iniziale al paziente con sospetta tubercolosi comprende l'anamnesi, l'esame obiettivo e una radiografia del torace.
Un ausilio prezioso è rappresentato dall'intradermoreazione alla tubercolina (o "PPD" o "Mantoux"): il test consiste in un'iniezione sottocutanea di una sostanza derivata dai micobatteri; successivamente, a distanza di 2-3 giorni, un medico esamina la cute dove è avvenuta l'iniezione e il test viene considerato positivo se si è formato un infiltrato (un indurimento, non un semplice arrossamento) di almeno 10-15 millimetri.
Tuttavia, questo esame serve sì ad avvalorare il sospetto clinico, ma non è diagnostico, poiché risulta positivo non solo in caso di malattia attiva, ma anche in caso di malattia latente, contatto pregresso e vaccinazione anti-tubercolare.
Negli ultimi anni, alla Mantoux, si stanno affiancando nuovi test dal significato sostanzialmente equivalente, ma eseguiti su prelievo ematico, come il Quantiferon e l'Elispot.
Un metodo diagnostico veloce e accurato è la visualizzazione al microscopio dei micobatteri presenti nelle secrezioni polmonari, dopo colorazione di Ziehl-Neelsen. Questo esame è specifico, ma purtroppo risulta positivo solo in una minoranza di casi, allorchè sono presenti grandi quantità di germi nelle secrezioni.
La sensibilità aumenta se si sottopongono le secrezioni a esame colturale. Lo svantaggio di questa metodica è la lentezza, dato che i micobatteri impiegano fino a 4-6 settimane per proliferare al punto da rendersi detectabili.
La terapia della tubercolosi si basa sull'impiego di antibiotici ed è un argomento estremamente complesso, poiché i micobatteri sono caratterizzati da una resistenza intrinseca a molti dei comuni antibiotici e dalla capacità di acquisire facilmente nuove resistenze.
Pertanto, il trattamento più utilizzato prevede l'utilizzo di ben 4 farmaci (rifampicina, isoniazide, pirazinamide e etambutolo) per 2 mesi e delle sole rifampicina e isoniazide per i successivi 4 mesi.
In alcune forme particolari, può essere necessario continuare la terapia per più di 1 anno.
In caso di resistenza a uno dei principi attivi appena menzionati, si possono utilizzare farmaci della classe dei chinolonici o degli amminoglicosidi.
In caso di soggetti sani venuti a contatto con soggetti con tubercolosi attiva, può essere utile instaurare una chemioprofilassi, a base di isoniazide.
Dato l'importante impatto epidemiologico, in passato era stata tentata la strada delle vaccinazioni per arginare la malattia.
Il preparato vaccinale più utilizzato è il bacillo di Calmette-Guerin (BCG), ovvero un batterio non patogeno, appartenente alla famiglia del micobacterium vaccae e imparentato con il micobacterium tuberculosis.
Inoculando il BCG, ci si prefigge di ottenere una immunità crociata anche verso il micobacterium tuberculosis.
Purtroppo, la maggior parte degli studi scientifici ha dimostrato che il BCG non riduce la probabilità né di infezione primaria da TBC, né delle forme tardive.
Sembra avere una parziale efficacia solo nei bambini piccoli che vivono in zone con alta probabilità di contagio, riducendo la probabilità di sviluppare forme gravi (come le meningee e le miliari).
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