La ventilazione e lo scambio gassoso sono le funzioni più nobili del polmone che hanno lo scopo di garantire i normali processi di ossigenazione e normali attività metaboliche a livello dei tessuti dell'organismo.
Quando la funzione del polmone è compromessa si può arrivare ad una condizione di insufficienza che, come per altri organi, indica l'incapacità del polmone di assolvere la sua funzione.
Si parla infatti di insufficienza respiratoria (IR) quando il polmone non è in grado di procedere ad un'adeguata ossigenazione del sangue arterioso oppure non è in grado di prevenire la ritenzione di anidride carbonica (CO2).
L'insufficienza respiratoria è una sindrome che si definisce sulla base di dati di laboratorio: l'esame indispensabile per la diagnosi è sicuramente l'EGA (emogasanalisi), ovvero un prelievo di sangue arterioso (solitamente effettuato pungendo l'arteria radiale al polso) che permette di misurare le pressioni parziali dei gas arteriosi e il pH ematico e valuta la gravità e il decorso dell'insufficienza respiratoria durante la terapia.
I 3 parametri fondamentali dell'EGA per la diagnosi di IR sono: la pressione parziale di ossigeno (PaO2), la pressione parziale di anidride carbonica (PaCO2) e il pH del sangue arterioso.
In caso di ipossiemia, avremo PaO2 < 55 mmHg (valore normale 80-100 mmHg), se si associa anche ipercapnia avremo PaCO2 > 45 mmHg (valore normale 37-43 mmHg) e un pH che può essere < 7.35 (acidosi respiratoria, soprattutto nelle forme acute senza il compenso renale) oppure normale (pH ematico 7.38-7.42).
La classificazione dell'IR si basa o sulle modalità di insorgenza oppure sull'alterazione dell'EGA (emogasanalisi).
Secondo le modalità di insorgenza, la distinguiamo in: acuta, cronica e cronica riacutizzata.
L'IR acuta è solitamente un quadro di gravità severa che si instaura in tempi brevi. Può essere ipossiemica o ipossiemica ed ipercapnica: in questo caso si associa sempre il quadro dell'acidosi respiratoria scompensata, in quanto i meccanismi di compenso renale richiedono tempi prolungati per instaurarsi (almeno 24 ore). Avremo una PaO2 inferiore a 55 mmHg, una PaCO2 superiore ai 50 mmHg e un pH del sangue arterioso inferiore a 7,35 in quanto manca ancora il compenso dell'acidosi da parte del rene.
L'IR cronica è invece un quadro di modesta gravità perché si instaura lentamente nel tempo e l'organismo ha comunque il tempo di adattarsi. Anche essa può essere ipossiemica o ipossiemica ed ipercapnica ma il pH è maggiore di 7,35 in quanto si osserva in genere un aumento dei bicarbonati plasmatici grazie al compenso renale e quindi il pH risulta vicino ai valori di normalità.
Se ad un certo punto, in un paziente con IR cronica, interviene un aumento rapido della PaCO2, che non riesca ad essere compensato da meccanismi cronicamente già impegnati, si ha una riduzione del pH con la comparsa del quadro dell'IR cronica riacutizzata. Essa differisce dall'IR acuta perché, una volta risolta la riacutizzazione, si ripristina il quadro dell'insufficienza respiratoria cronica compensata.
In base alle alterazioni dell'EGA, definiamo l’insufficienza respiratoria ipossiemica oppure ipossiemica-ipercapnica.
Nell'IR ipossiemica (tipo I) abbiamo una PaO2 diminuita con tuttavia una PaCO2 normale o ridotta; mentre nell'IR ipossiemica-ipercapnica (tipo II) abbiamo, come dice la definizione stessa, una riduzione della PaO2 e un aumento della PaCO2 > 45 mmHg, con o senza acidosi repiratoria (il pH ematico può essere quindi normale o inferiore a 7,35).
Solitamente l'insufficienza respiratoria di tipo I è dovuta a patologia del parenchima polmonare (Lung Failure), mentre quella di tipo II ad alterazioni della capacità ventilatoria polmonare (Pump Failure) causata ad esempio da problemi cerebrali (ictus, overdose da narcotici o sedativi, ecc), midollari (SLA, traumi, poliomielite, ecc), muscolari (sclerosi multipla, miastenia, tetano, avvelenamento da insetticidi, ecc).
Le cause principali di insufficienza respiratoria possono ricondursi all'alterazione delle funzioni principali del polmone.
Si avranno pertanto malattie che causano ipoventilazione, altre che alterano la diffusione dei gas nel polmone, altre che portano allo squilibrio Ventilazione/Perfusione (V/Q) e infine si possono creare degli shunt che ''mischiano'' il sangue arterioso e quello venoso alterando così le pressioni parziali dei gas in essi contenuti.
Vediamo brevemente nel dettaglio quali sono le condizioni che causano ipossiemia.
Ipoventilazione alveolare. Il volume di aria inspirata che arriva agli alveoli nell'unità di tempo (ventilazione alveolare) risulta diminuito. La riduzione della ventilazione alveolare comporta una notevole riduzione della PaO2 e della saturazione dell'ossigeno, ma il pH si modifica poco anche se le variazioni di PaO2 sono elevate. L'ipoventilazione provoca sempre un aumento della PaCO2. Può essere dovuta a problemi di origine centrale (encefalici) oppure anche intossicazione da farmaci.
Alterazione della diffusione. Normalmente nei capillari polmonari la PaO2 è quasi identica a quella presente degli alveoli dopo neanche un secondo di contatto tra le due superfici (membrana degli alveoli polmonari e membrana dei capillari).
Tuttavia esistono alcune malattie (sarcoidosi, asbestosi, artrite reumatoide, granulomatosi di Wegener, fibrosi polmonare idiopatica, sclerodermia, ecc…) che alterano lo spessore della membrana alveolo-capillare causando quindi un aumento del tempo necessario per la diffusione dell'ossigeno nel sangue e contribuendo così all'instaurarsi dell'ipossiemia.
Squilibrio V/Q. Ventilazione (V) e perfusione (Q) risultano non equilibrate in diverse regioni polmonari, in pratica c'è una zona del polmone perfusa dal sangue ma non ventilata, con il risultato che la diffusione dei gas diventa inefficace. Nel polmone normale di un soggetto in piedi, il rapporto ventilazione-perfusione diminuisce dall'apice verso la base del polmone. Il rapporto ventilazione/perfusione può essere seriamente compromesso in malattie come la BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva), l'asma, la fibrosi cistica, l'embolia polmonare, il versamento pleurico o le malattie interstiziali del polmone.
Shunt. Possono essere intrapolmonari o extrapolmonari. Gli shunt intrapolmonari sono delle fistole artero-venose piuttosto rare, mentre gli extra-polmonari sono dovuti a difetti cardiaci congeniti, che colpiscono il setto interatriale o interventricolare.
Anche un'area polmonare non ventilata ma perfusa, come un lobo in fase di consolidamento polmonitico, costituisce uno shunt. In questi shunt in pratica una parte di sangue raggiunge il circolo arterioso passando tuttavia da aree alveolari non ventilate e quindi con una concentrazione di ossigeno minore e si crea una situazione di ipossia.
Le patologie che possono creare questi shunt sono le polmoniti o le contusioni polmonari, l'edema polmonare acuti, l'ARDS, lo pneumotorace, la fibrosi polmonare, ecc..
I meccanismi invece che causano ipercapnia sono l'ipoventilazione e l'alterazione del rapporto V/Q.
I segni e i sintomi dell'insufficienza respiratoria sono legati principalmente all'apparato respiratorio e a quello neurologico.
Il paziente di solito lamenta fatica a respirare (dispnea), un aumento della frequenza degli atti respiratori (tachipnea) e, osservando il soggetto, si può rilevare l'uso dei muscoli respiratori accessori (rientro degli spazi intercostali ed evidenza della fossa sovraclaveare). Spesso si osserva cianosi della cute, soprattutto nella zona intorno alle labbra e alle unghie (assumono un colorito bluastro). Di solito si riscontra anche tachicardia, dovuta all'aumento della gittata cardiaca.
Dal punto di vista neurologico, il soggetto può lamentare disturbi dell'attenzione, incoordinazione motoria, agitazione e insonnia.
Nelle forme croniche, dove quindi si instaura una sorta di adattamento alla condizione di ipossia, si possono osservare poliglobulia, cioè un aumento del numero dei globuli rossi (sono le cellule che trasportano l'ossigeno ai tessuti) e il cuore polmonare cronico.
Tuttavia, nelle forme di IR di tipo II, dove, oltre all'ipossia, si osserva ipercapnia e quindi un aumento della PaCO2, compaiono turbe motorie (mioclono, tremori, ecc…), della coscienza (disturbi dell'attenzione, dell'orientamento, della comprensione del linguaggio e della vigilanza), stupor fino allo stato avanzato di coma. Tutti questi sintomi fanno parte di un quadro clinico denominato encefalopatia ipercapnica.
La terapia consiste nel garantire ovviamente un'adeguata ventilazione ed ossigenazione al soggetto.
Nei casi di IR ipossiemica si ricorre alla somministrazione di ossigeno tramite cannula nasale o maschera Venturi e, nel caso in cui non sia sufficiente, si intraprende la ventilazione meccanica.
Lo scopo dell'ossigenoterapia è quello di riportare i livelli di ossigenazione nel sangue a valori normali. Si rende necessaria la somministrazione di ossigeno quando PaO2 < 60 mmHg e la saturazione dell'ossigeno < 90%.
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