La spondilite anchilosante è una poliatrite reumatica che colpisce il rachide e le articolazioni sacroiliache, talora anche le anche, le spalle e le ginocchia, e porta, con decorso cronico, alla anchilosi totale delle articolazioni interessate.
La spondilite anchilosante è relativamente frequente, soprattutto nelle popolazioni caucasiche e anglosassoni.
Il decorso è molto lento, con successive remissioni e riaccensioni della malattia.
Dapprima la poliartrite si manifesta alle articolazioni sacroiliache, in modo simmetrico, quindi al rachide lombare, dorsale e cervicale. Sono colpite spesso anche le articolazioni costo-vertebrali, la cui infiammazione determina una ridotta espansibilità toracica, più raramente le anche ed eccezionalmente anche le articolazioni periferiche.
Nelle forme più complete della malattia (che a volte si arresta alla fase di sacroileite e lombo artrite), e nella fase avanzata dell'anchilosi, il rachide diventa completamente rigido, con appianamento della lordosi lombare, accentuazione della cifosi dorsale e diminuzione della lordosi cervicale, l'escursione respiratoria è assai ridotta e il paziente deve piegare le ginocchia per guardare avanti.
L'aspetto radiografico della colonna è detto "a canna di bambù", con i corpi vertebrali fusi tra loro e i dischi che tendono a scomparire e ossificare.
Se la anchilosi interessa anche le anche, diventa impossibile camminare.
Non è ancora chiaro quale sia l'evento che fa ammalare di spondilite. Sicuramente esiste una predisposizione genetica, in quanto il 90% degli ammalati è positivo all'antigene HLA B27, anche se solo il 20% di chi è positivo a questo antigene svilupperà la malattia.
I soggetti colpiti da spondilite che non presentano l'antigene HLA B27 sviluppano di solito forme meno aggressive della malattia.
I sintomi iniziali della malattia sono quelli di una lombalgia, continua, poco influenzata dal riposo e particolarmente intensa al mattino.
A volte vi è irradiazione ai glutei e alla faccia posteriore delle coscie fino al ginocchio (sciatica mozza). Può accompagnarsi febbricola, lieve astenia, ma in generale le condizioni rimangono buone.
A volte vi è interessamento all'intestino (malattia di Crohn o colite ulcerosa), alla prostata e alle vie urinarie, più raramente agli occhi (uveite).
Gli ammalati di spondilite anchilosante vengono spesso diagnosticati dopo anni dall'esordio della malattia, perché i sintomi vengono scambiati per una comune lombosciatalgia. Questo rappresenta un grave problema perché chi agisce contro la malattia nel suo stadio iniziale, ha una probabilità molto maggiore di riuscire ad arrestare completamente la malattia, tornando alla normalità. Col passare del tempo, si instaurano difetti posturali e dolori ad essi associati che poi sono molto più difficili da far regredire.
Tra gli esami di laboratorio, spesso è aumentata la VES e la proteina C reattiva, mentre, come già detto, molto frequente è la positività all'antigene HLA B27.
I malati di spondilite anchilosante spesso devono avere la fortuna di avere a che fare il prima possibile con un bravo medico, che intuisca la presenza della malattia in base ai sintomi e indirizzi il paziente a un reumatologo che confermi la diagnosi. Come in tutte le patologie degenerative, prima avviene la diagnosi e migliore sarà il decorso.
La terapia medica e fisica della spondilite anchilosante è simile a quella dell'artrite reumatoide. Per alleviare i dolori alle articolazioni si utilizzano i FANS di ultima generazione, selettivi nei confronti della COX 2.
La maggior parte dei farmaci a lenta azione (farmaci di fondo o DMARDs) usati nell'artrite reumatoide o non è stata studiata o non risulta efficace per la spondilite.
La sulfasalazina può essere utile, in particolar modo quando sono interessate le articolazioni periferiche.
I nuovi farmaci biologici o anti TNF si sono rivelati molto efficaci e costituiscono una speranza di rallentare efficacemente la spondilite anchilosante, anche se ancora non vengono utilizzati come farmaci di fondo se non in quei soggetti che hanno già sperimentato altri farmaci, risultati inefficaci.
Notevole importanza riveste la terapia fisica, oggi è ormai dimostrato che qualunque tipo di attività fisica è meglio del riposo, dunque non solo le classiche attività consigliate, ma anche quelle che a prima vista sembrerebbero dannose per la schiena, sono più efficaci del riposo per contrastare il decorso della spondilite.
Gli esercizi che classicamente vengono consigliati sono la rieducazione posturale globale (RPG), fatta da terapisti esperti nel trattamento di questa patologia che conoscono gli esercizi per mobilizzare la colonna bloccata; tutti gli sport aerobici che coinvolgono il movimento della colonna e non causano un aumento del dolore, primo fra tutti il nuoto ma anche la camminata e ancora meglio il Nordic Walking, che scarica le articolazioni degli arti inferiori, spesso interessati dall'infiammazione. I pazienti affetti da spondilite perdono rapidamente il tono muscolare del "core", i muscoli che stabilizzano e proteggono la bassa schiena, e dunque l'allenamento dovrebbe essere mirato al rafforzamento di questi muscoli, tramite esercizi specifici (come quelli di Pilates e tecniche affini), senza aver paura di caricare troppo la schiena: anche gli esercizi con i pesi, eseguiti con una buona tecnica, sono indicati.
L'intervento chirurgico riguarda soprattutto le artroprotesi all'anca e alle ginocchia bloccate dalla spondilite, più raramente si effettuano interventi sulla colonna.
L'esame delle feci è una procedura diagnostica che consiste nella raccolta e nell'analisi di un campione di feci, al fine di individuare alcune eventuali condizioni patologiche.
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