La riflessologia plantare è una tecnica, non supportata da studi scientifici validi, che si basa sul principio secondo cui applicando un massaggio specifico in determinati punti del corpo, in particolare i piedi e le mani, si ha di riflesso un effetto su altri organi e apparati del corpo umano.
Questa tecnica fa parte delle terapie olistiche, ossia a tutto quell'insieme di tecniche che mirano a stimolare l'autoguarigione dell'organismo attraverso il riequilibrio di tutto il corpo. Secondo queste discipline, tutte le diverse componenti della vita di una persona vanno ad influenzare il suo benessere generale. Proprio in questo ambito ha la sua base la riflessologia plantare, che come potremmo immaginare fa, quindi, parte della medicina alternativa.
La riflessologia plantare viene oggi proposta più tendenzialmente come medicina complementare a quella tradizionale, senza invece intenderla come sua sostituta o alternativa. Viene praticata da un terapista chiamato "riflessologo", che non è un medico e come tale non fa diagnosi, ma affianca e accompagna la terapia proposta dal medico, che il riflessologo non può in nessun caso modificare. La riflessologia plantare, infatti, non è in realtà una terapia riconosciuta dalla legge italiana come facente parte delle cure mediche.
Il principio generale di funzionamento della riflessologia plantare è che se avviene la stimolazione di specifiche zone del corpo, si ha un effetto anche sui punti lontani del corpo. In seguito a questa stimolazione, si favorirebbe il riequilibrio dell'organismo, stimolando la sua capacità di autoguarigione.
A sostegno di questo principio, sono state elaborate diverse teorie dai sostenitori della tecnica. Una di queste riguarda la stimolazione nervosa. Infatti, le terminazioni nervose, presenti in alcuni punti, sono collegate ad altre zone in cui potrebbe verificarsi un dolore. Esercitando una pressione sulle zone nervose, si riesce a stimolare il cervello a reagire all'evento che ha provocato dolore.
Altra teoria usate per dare forza alla validità di questa tecnica, si basa sul controllo cerebrale dell'apparato endocrino. Partendo da questo principio, se si esercita un massaggio su una zona in cui si prova dolore, si va a stimolare la produzione ormonale, dietro azione del cervello. Questo avrà come conseguenza la risoluzione del dolore e quindi un'azione terapeutica.
Allo stesso modo, la pressione esercitata su alcuni punti del corpo andrebbe a stimolare il sistema linfatico e sanguigno, migliorando la circolazione dei fluidi corporei in entrambi.
La riflessologia plantare è basata, quindi, su punti specifici chiamati "punti riflessi" su cui si pratica la pressione o la stimolazione. Questi punti vengono visti, dai suoi sostenitori, come degli interruttori che vengono riattivati in seguito alla loro stimolazione, andando ad agire sugli organi collegati, che fanno da "accumulatori" di energia o potenziale elettrico. Questo porterebbe, quindi, ad una riattivazione della circolazione elettrica. Negli anni è stata realizzata una mappa di questi punti che collega ciascuno di essi ad una specifica parte del corpo.
Inoltre, l'efficacia della riflessologia plantare è spiegata, secondo i suoi fautori, sulla base anche dell'importanza della psiche e sulla loro influenza sui disturbi fisici.
La nascita di questa tecnica risale a tempi molto antichi: siamo nel 5000 a.C. in Cina e India, in cui la medicina locale usava la forza e la pressione esercitata su punti del corpo considerati campi energetici, al fine di ottenere una cura. All'interno delle medicine orientali nasce e viene utilizzata a scopo terapeutico la riflessologia plantare, che veniva usata in particolare dalla medicina Ayurvedica.
La testimonianza dell'antica storia di questa tecnica è data da un dipinto sulle pareti di una tomba, "la Tomba dei Medici", risalente al 2330 a.C., in cui è rappresentato un massaggio ai piedi e alle mani.
In realtà, la riflessologia plantare si è diffusa sia in Oriente che in Occidente andando però a dividersi in due discipline diverse: la Riflessologia Orientale e la Riflessologia Occidentale. Entrambe hanno lo stesso principio comune ma mentre la prima usa i principi della medicina tradizionale cinese, la seconda usa quelli della medicina tradizionale occidentale, basati quindi sul metodo scientifico. Quella occidentale, inoltre, nasce e si diffonde proprio con le prime scoperte in campo neurologico.
Un'altra differenza tra i due tipi di riflessologia è nella tecnica usata per la terapia. Nella versione occidentale la pressione esercitata è al di sotto della soglia del dolore sopportata del paziente. sfruttando quindi un'azione rilassante ai fini terapeutici. Al contrario, invece, succede in quella orientale, che differisce anche nei punti su cui si esercita la pressione, ossia gli stessi dell'agopuntura.
Ippocrate, medico greco, portò questa pratica in Occidente tra i suoi discepoli e ancora oggi è infatti molto usata nel mondo occidentale. In particolare, proprio in questi paesi nel 1834 alcuni ricercatori evidenziarono il collegamento tra il piede e alcuni organi. Successivamente, scoprirono che alcune parte del piede potevano essere usate a scopi anestetici in seguito all'esercizio di una pressione specifica e svilupparono una tecnica per realizzare interventi senza anestesia. In particolare, questa procedura fu completata da un medico americano, William Fitzgerald. Fu poi utilizzata da molti dentisti e si diffuse negli USA, attraverso anche libri che ne parlavano diffusamente. Questa procedura fu chiamata, in particolare, "terapia zonale" e si basava sulla suddivisione del corpo in 10 zone in cui scorreva energia e che venivano stimolate. Successivamente, la pratica che inizialmente coinvolgeva tutte le zone del corpo, si concentrò sulla pressione esercitata sul piede, promossa sempre negli USA da altri medici.
Nei primi anni del '900 si diffuse la riflessologia plantare anche in Italia, in cui alcuni ricercatori pubblicarono degli studi su questa pratica. In generale, però, la riflessologia plantare non gode di opinioni positive nel mondo accademico e quindi non sono molte le ricerche che la hanno come oggetto.
I sostenitori di questa tecnica indicano come sua migliore applicazione la cura di disturbi passeggeri, come l'indigestione e l'emicrania. Questo perchè andrebbe a liberare endorfine, ristabilendo il buon funzionamento dell'apparato endocrino.
Il terapeuta che pratica la riflessologia plantare, specifica sempre che è necessario comunque chiedere una diagnosi del medico, perchè ciò che fa questa pratica è solo una sorta di anestesia della parte interessata e dolorante.
Per avere efficacia, i fautori della tecnica dicono che deve essere applicata da personale esperto, che conosca i punti su cui effettuare la pressione nonchè anche come effettuarla. La durata della seduta varia dai 10 minuti per la prima seduta, ai 30 minuti di quelle successive, che devono essere effettuate a 2 settimane di distanza le une dalle altre.
Per effettuare la riflessologia plantare, chi la applica usa le mani come strumento prevalente, ma talvolta possono essere usati altri strumenti, come mollette, denti di pettine e elastici per capelli.
Nella versione occidentale si esercita la pressione nel punto prescelto, aumentando l'intensità finché non si avverte un leggero fastidio.
Vi sono poi specifici sensi di orientamento e dei movimenti da effettuare durante il massaggio, ciascuno dei quali renderà conto dell'efficacia della riflessologia plantare nel benessere di stomaco, schiena o altre porzioni del corpo.
La riflessologia plantare è controindicata in caso in cui il paziente abbia vasculopatie degli arti inferiori, come flebiti e varicosi, ma anche in caso di piede diabetico, presenza di verruche o infezioni micotiche in genere.
Eccetto i casi citati sopra, non vi sono ulteriori controindicazioni all'applicazione della tecnica.
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