La medicina omeopatica è una medicina alternativa che viene inglobata all'interno delle pseudoscienze, ossia tutto quell'insieme di teorie o pratiche che sono scientifiche solo in apparenza ma in realtà non aderiscono al metodo scientifico.
Il termine omeopatia deriva dalle parole greche òmoios, che significa simile, e pàthos che significa sofferenza. I farmaci omeopatici sono basati, infatti, sul principio secondo cui la cura per una malattia sarebbe data dall'uso dello stesso principio attivo che in una persona sana induce gli stessi sintomi della persona che ha la patologia. Questa molecola attiva viene chiamata "principio omeopatico" e viene usata per la formulazione del medicinale. Le dosi omeopatiche del principio attivo sono fortemente diluite e l'entità di questa diluizione viene definita "potenza" dell'omeopatico.
I medicinali omeopatici possono essere venduti per legge solo all'interno delle farmacie e possono essere forniti o come farmaci di automedicazione o attraverso la prescrizione del medico. Questo contribuisce a creare confusione, equiparando i farmaci omeopatici ai farmaci tradizionali, nonostante i primi non abbiano efficacia dimostrata.
La medicina omeopatica è stata inventata da un medico tedesco, Samule Hahnemann, agli inizi dell'Ottocento. Fu lui stesso ad enunciarne i principi, contenuti in particolare in una sua opera del 1810. Hahnemann aveva in mente di riformare in modo radicale la medicina del tempo, che egli vedeva come ricca di dibattiti con poca utilità pratica. Infatti, in quel periodo, così come anche durante la fine del Settecento, si erano diffusi due approcci agli studi medici: il primo era maggiormente ricco di speculazioni teoriche, basato sulla ricerche delle cause delle malattie. Il secondo approccio era, invece, fondato sull'osservazione diretta dei fenomeni tramite esperimenti svolti in condizioni controllate.
Hahnemann iniziò i suoi studi sull'omeopatia dalla pianta da cui si estraevail chinino, la cinchona, che in quel periodo era l'unico rimedio a cui era associata la cura di una specifica patologia, ossia la malaria e le febbri intermittenti. Il medico tedesco, quindi, assunse per un certo periodo l'estratto della corteccia di questa pianta, e notò che gli provoca gli stessi sintomi delle febbri intermittenti, con lo stesso ordine temporale ma senza causare la febbre vera e propria.
Sulla base di questa scoperte, e in seguito a diversi altri studi che egli portò avanti, formulò le prime due leggi alla base della sua linea di pensiero, ossia: la legge dei simili e la legge dell'utilizzo di dosi infinitesimali dei rimedi. La prima si basa sul fatto che per curare una patologia è necessario usare una medicina che induca nell'organismo il manifestarsi di una malattia artificiale, che scompare in breve tempo. La seconda legge indica, invece, che le dosi di farmaco da usare sono molto piccole, quanto basta per annullare l'effetto avverso della malattia.
Negli anni dell'Ottocento, Hahnemann pubblico diversi testi, fra cui quello dal titolo "Materia Medica", che oltre a contenere argomenti inerenti la medicina, era anche una condanna nei confronti dei medici contemporanei, attaccando sia quelli che si occupavano della teoria sia quelli che studiavano la pratica. I primi erano per lui solo fautori di speculazioni inutili che non portavano ad un miglioramento della salute del paziente. I secondi invece confondevano, secondo lui, la causa con l'effetto.
Con la scoperta dei microscopi e della biologia cellulare, l'omeopatia fu messa in crisi grazie alle nuove scoperte riguardo le cause di alcune malattie. Con la scoperta del ruolo importante del sistema circolatorio per l'attività immunitaria, il concetto di forza vitale che sta alla base dell'omeopatia venne messo in discussione e perse di credibilità.
Secondo Hahnemann le cause della malattia se non sono derivanti da caratteristiche anatomiche dell'individuo o a carenze nutrizionali, sono da rintracciare in fattori immateriali e spirituali.
Secondo il fondatore dell'omeopatia, la malattia si manifesta attraverso sintomi mentali e fisici avvertiti dal paziente e che possono essere soggettivi. La causa vera e propria della malattia non è riconoscibile ed è un fattore che determina un disequilibrio spirituale della forza vitale, ossia di quella forza che anima gli esseri viventi e gli permette di svolgere le azioni della vita. L'omeopatia, secondo Hahnemann, va a ristabilire la forza vitale del soggetto malato. Per farlo, usa un principio che causa il maggior numero di sintomi possibili simili alla malattia stessa, secondo appunto la legge dei simili.
Le dosi di principio attivo usate sono infinitesimali e calibrate secondo uno specifico procedimento chiamato "succussione". Questo rimanda alla seconda legge enunciata dal medico tedesco stesso nel corso dei suoi studi.
Un altro principio enunciato da Hahnemann è quello del miasma, ossia della predisposizione individuale ad una malattia. Questa causa era ritenuta, dai fautori dell'omeopatia, alla base di quasi tutte le malattie, eccetto quelle di origine virale come la sifilide. Questo principio è contestato anche da molti sostenitori dell'omeopatia stessa.
I farmaci omeopatici hanno come forme farmaceutiche sfere o globuli di saccarosio e lattosio che sono impregnate con il principio attivo. Altri tipi di formulazioni possono essere gocce o sciroppi.
Questi farmaci sono realizzati attraverso diluizioni degli estratti vegetali, animali o minerali, chiamati "tintura madre". Ma cosa vuole dire CH in omeopatia? Le diluizioni sono definite da sigle diverse a seconda della loro entità. Quella 1:10 si definisce DH, quelle 1:100 si chiama diluizione centesimale o CH, quelle 1: 50.000 LM.
In realtà, in seguito a tutte queste diluizioni, non rimane davvero molto del principio attivo originario, a differenza di quanto sostengono i fautori dell'omeopatia. Questo è uno dei principali motivi per cui si ritiene che i prodotti omeopatici non abbiano efficacia e vadano contro i principi della chimica.
Il tipo di terapia viene scelto in base a diversi fattori soggettivi che dipendono dal paziente trattato. Tanto più simili sono i sintomi del soggetto malato alle caratteristiche dell'omeopatico, tanto maggiore sarà la diluizione utilizzata. La durata e la posologia dipendono dalla reattività del paziente e dal tipo di malattia, ad esempio se è acuta o cronica.
Negli anni successivi alle scoperte di Hahnemann, in seguito alle nuove scoperte in campo medico e biologico, il concetto di forza vitale fu rivisto e ampliato. Essa veniva vista ora come la forza in grado si combattere gli squilibri dei sistemi regolatori dell'organismo, come il sistema immunitario. Il principio attivo omeopatico andava, quindi, a curare le disfunzioni a carico di questi sistemi. Di conseguenza, per l'omeopatia moderna, le patologie a carico di questi sistemi regolatori sono le sole che è possibile curare attraverso i medicinali omeopatici.
Le teorie omeopatiche formulate successivamente ad Hahnemann vanno a concentrarsi sopratutto sull'aspetto psicologico della patologia considerata.
Allo stato attuale, i rimedi usati oggi sono circa 5000, ma solo 150 sono quelli di comune utilizzo. Queste formulazioni vengono sperimentate su soggetti sani che registrano i sintomi sia psicologici che fisici che hanno in seguito all'assunzione di un determinato rimedio. Successivamente, gli addetti alla sperimentazione, chiamati repertori, registrano i risultati ottenuti in seguito all'utilizzo clinico del rimedio. Spesso, però, i risultati registrati vengono messi in dubbio, sopratutto per quanto riguarda la loro veridicità. Ancora oggi, quindi, lo studio dell'omeopatia si basa su testimonianze che dimostrano se funziona o meno un certo rimedio.
In Italia, l'omeopatia negli ultimi anni ha subito un calo nelle vendite e nella fiducia che il consumatore ripone in questi rimedi. Dal 2000 al 2013, è infatti passata dal 8,2% di soggetti che avevano utilizzato in rimedio omeopatico almeno una volta nei precedenti 3 anni, al 4%.
Già negli anni in cui Hahnemann pubblicò i suoi studi furono diverse le critiche mosse nei confronti dell'omeopatia. Una delle prime critiche fu in relazione alla rilevazione dei sintomi e delle cause della malattia. Infatti, i sintomi riconosciuti erano esclusivamente quelli che il paziente comunicava, portando quindi la diagnosi su un piano troppo soggettivo, legato spesso anche alla moralità stessa del soggetto considerato. Inoltre, negando il fatto che la malattia potesse avere delle cause materiali si andava contro alcuni studi e convinzioni oggettive sulla patologia stessa.
In realtà, ad oggi non vi sono studi scientifici validi e pubblicati su riviste mediche attendibili che confermino la reale efficacia dei prodotti usati in questa pseudoscienza. Se ci si chiede quindi a cosa serva un medicinale omeopatico si potrebbe rispondere attribuendo a queste formulazioni niente più che un effetto placebo. Questo tipo di effetto è definito come un miglioramento delle condizioni di salute dovuto non tanto al principio attivo somministrato, quanto alla fiducia che il paziente ripone in esso.
A dimostrazione dell'effetto placebo di questi farmaci vi è uno studio del 2010 realizzato in Gran Bretagna, che concludeva che l'uso di questi farmaci può essere considerato una scorretta pratica medica.
Inoltre, molte teorie proposte dall'omeopatia sono in contrasto con le conoscenze scientifiche moderne, soprattutto per quanto riguarda quelle in campo chimico. I meccanismi che stanno alla base dei presunti effetti indotti dai medicinali omeopatici spesso non sono ben chiariti.
Sono stati realizzati diversi studi che avevano come obiettivo la valutazione dei risultati ottenuti tramite le sperimentazioni portate avanti dai fautori dell'omeopatia. Dai risultati si può evincere che spesso questi esperimenti abbiamo degli errori metodologici e non portino alla dimostrazione dell'efficacia dei farmaci omeopatici contro nessuna delle patologie considerate. Nessun effetto quindi contro l'influenza, la demenza, l'induzione del travaglio durante il parto e il cancro.
Uno studio del 2012 ha riportato alcuni effetti negativi provocati dall'uso dei rimedi omeopatici. Queste conseguenze derivano dall'abbandono delle terapie convenzionali, e quindi dall'assenza di una terapia efficace per il suo trattamento, a favore invece di una terapia placebo come quella omeopatica.
Altri effetti avversi derivano dal fatto che spesso le formulazioni omeopatiche sono meno controllate rispetto ai farmaci tradizionali e quindi possono contenere degli eccipienti non sicuri o possono essere usati dei procedimenti di produzione non salutari.
I sintomi che derivano dagli effetti collaterali sono diversi e in alcuni casi si può avere anche la morte, sopratutto in seguito alla sospensione delle medicine tradizionali. Quelli più lievi sono diarrea, mal di testa, eruzioni cutanee, astenia e vertigini.
In alcuni casi, anche se rari, si possono avere delle controindicazioni in seguito all'uso dei farmaci omeopatici; per questo motivo è sempre bene chiedere il parere del proprio medico prima di assumerli. Non risultano controindicati in gravidanza, in caso di intolleranza al glutine o al lattosio, in quanto le dosi usate per la formulazione del farmaco sono minime.
L'omeopatia viene spesso confusa con la fitoterapia, in quanto spesso vengono entrambe associate alle cure naturali. In realtà, la prima può usare anche principi attivi animali, oltre che vegetali, a differenza della fitoterapia che si basa sull'uso di estratti vegetali dall'efficacia dimostrata da studi scientifici validi. Altrettanto non si può dire, invece, dell'omeopatia.
Inoltre, la fitoterapia usa le molecole a concentrazioni che si basano sulle leggi della chimica, che spesso, invece, non vengono rispettate nel caso dell'omeopatia.
La principale differenza, però, tra omeopatia e fitoterapia è che la prima usa i rimedi per provocare i sintomi della malattia, la seconda usa principi attivi per eliminare o ridurre i sintomi della malattia.
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