La colonna vertebrale, grazie alla sua struttura anatomica, possiede una grande flessibilità e capacità di movimento. Essa è formata da un totale di 33-34 vertebre, di cui 7 cervicali, 12 dorsali, 5 lombari, 9 o 10 sacro-coccigee.
Un carico eccessivo e/o l'invecchiamento naturale della colonna, possono portare ad una degenerazione di alcune parti del rachide, ad una perdita di mobilità e a alla formazione di calcificazioni dei legamenti. Dopo quasi mezzo secolo di ricerca, oggi, è possibile effettuare una protesi del disco intervertebrale, l'artroplastica rappresenta una buona soluzione nel trattamento della patologia discale. Grazie a nuove ricerche di bioingegneria applicata alla medicina, che si è interessata alla protesi del disco lombare e del disco cervicale, oggi è possibile svolgere questo tipo di intervento. La difficoltà, di questo filone di sperimentazioni, stava e sta nel riuscire a mantenere e conservare la capacità di movimento e le funzioni meccaniche del disco, anche dopo l'operazione chirurgica. Il disco può essere sostituito completamente oppure si può intervenire solo su una parte di esso; la decisione sarà presa in base al danno causato dalla patologia, alle condizioni del disco e dal rapporto rischio-benefici dell'operazione.
Il disco artificiale è molto complesso da creare, ha elevati costi, dopo l'operazione deve consentire i normali movimenti della colonna vertebrale e deve accomodarsi e plasmarsi perfettamente nel corpo della persona.
Esistono due tipologie di protesi, che si classificano in "non vincolate" e "vincolate", in base alla possibilità di movimento. Entrambe le tipologie di dispositivo hanno vantaggi e svantaggi. I dispositivi vincolati, se correttamente posizionati, hanno la caratteristica di trasferire meno stress sulle faccette articolari (piccole articolazioni che collegano due vertebre), mentre i dispositivi non vincolati consentono di ripristinare un centro di rotazione più fisiologico e naturale.
La protesi del disco cervicale si propone al posto degli interventi classici di discectomia (rimozione dell'ernia) o artrodesi (fusione vertebrale), fin ad oggi utilizzato in pazienti affetti da discopatia o ernia discale cervicale, sui quali il trattamento conservativo non ha funzionato. La cervicale è il primo tratto della colonna vertebrale, formato da sette vertebre, che permettono il movimento della testa ed è forse la parte di colonna più delicata. Tra una vertebra e l'altra si trova il disco, che ha lo scopo di attenuare tutte le pressioni che la colonna subisce. Infatti, il disco intervertebrale, il più grande organo di tessuto fibroso del corpo umano, è costantemente esposto ai carichi pressori. Per via dei forti stress e dei costanti microtraumi avviene una degenerazione discale, ovvero una perdita della resistenza meccanica del disco, che può portare ad una protrusione verso l'esterno del disco.
Le tecniche diagnostiche per le modificazioni discali comprendono:
Nel caso di condizioni di invecchiamento e degenerazione normali e non eccessive, si può procedere con il trattamento farmacologico per placare la sintomatologia dolorifica. Mentre la chirurgia spinale è presa in considerazione nei casi di dolore insopportabile e a fronte di una mancata efficacia del trattamento conservativo. Può essere inserita una protesi del disco completa oppure parziale:
Gli studi mostrano come l'outcome clinico e neurologico per l'artroplastica è superiore ai valori ottenuti nei pazienti operati di artrodesi e non solo il recupero funzionale è più rapido, ma anche la compliance del paziente nei confronti della nuova procedura è maggiore. Dopo l'intervento di protesi il paziente non necessita di tutorizzazione prolungata e può ritornare rapidamente alle normali attività. La protesi è considerata sicura ed efficace per il trattamento della patologia degenerativa discale.
L'incidenza di complicanze perioperatorie, ovvero causate dal tipo di accesso (ematoma, disfagia, disfonia) sono circa del 6,2%, mentre le complicanze tardive (ossificazioni eterotopiche, dislocazione della protesi, necessità di reintervento) sono del 5,2%. L'incidenza di reintervento si aggira intorno al 2,5% entro due anni dall'intervento di protesizzazione. Nell'ambito di queste percentuali sono state identificate quattro cause principali di revisione:
È importante eseguire continui accertamenti neuroradiografici dopo intervento di artroplastica, in base al materiale del dispositivo protesico si utilizzerà un diverso strumento. Le leghe di titanio e i materiali ceramici sono i costituenti dotati di maggiore compatibilità con l'esecuzione di una risonanza magnetica nucleare. Per le protesi composte in lega di cromo-cobalto o acciaio è invece più indicato eseguire una tomografia computerizzata.
Il rachide lombare, ovvero la parte inferiore della schiena, è formato da cinque vertebre lombari e cinque dischi intervertebrali, la fisiologica curvatura lombare è leggermente curvata (lordosi).
Le vertebre lombari compongono il terzo e il penultimo tratto della colona vertebrale. La discopatia degenerativa lombare rappresenta un crescente problema di ogni popolazione ed è riconosciuta come la causa principale di dolore e disabilità negli adulti. Allo scopo di migliorare i risultati del trattamento chirurgico del dolore lombare cronico da discopatia degenerativa, studio e ricerca hanno aperto grandi prospettive introducendo la procedura della protesizzazione totale del disco intervertebrale. Le protesi, a differenza di altri trattamenti più classici, portano con sé alcuni vantaggi clinici ed anatomici, quali:
Negli ultimi 15 anni, grazie ad un maggiore interesse scientifico, sono stati sviluppati materiali biocompatibili e protesi che ricalcano strutturalmente e funzionalmente il disco intervertebrale naturale. L'obiettivo dell'impianto di una protesi lombare, da un punto di vista clinico, è l'eliminazione del dolore, ma soprattutto, da un punto di vista anatomico, è il ripristino di una normale capacità meccanica del tratto interessato.
Le indicazioni per un impianto di protesi lombare sono molto precise e restrittive, per evitare fallimenti indipendenti dal materiale impiantato, ma semplicemente dovuti a un errore di indicazione. Infatti, clinicamente, il paziente ideale per l'impianto di una protesi lombare è:
Inoltre, devono essere sempre attentamente valutati eventuali fattori psicologici che possano condizionare i risultati clinici dell'impianto o che facciano prevedere un risultato o una compliance insoddisfacente da parte del paziente.
Tutte le protesi lombari vengono impiantate attraverso un approccio anteriore retroperitoneale. Si esegue una incisione di 4/6 cm nell'addome, si spostano gli organi e così si accede alla parte anteriore della colonne vertebrale. Questo tipo di accesso rappresenta una causa di possibili complicanze dell'impianto di una protesi lombare a causa della vicinanza di altre vertebre e della tipologia dell'accesso, che impone di attraversare importanti organi, strutture vascolari e nervose che potrebbero essere danneggiati.
Importanti complicanze correlate all'approccio chirurgico (frequenza intorno all'1%) sono:
In Italia non tutte le strutture eseguono questo tipo di intervento e ancora poche hanno un'esperienza di un certo rilievo.
Per chi volesse approfondire rimando a questo articolo interessante e molto completo sullo stato dell'arte di questo tipo di operazione.
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