Il tumore del fegato, detto anche carcinoma epatocellulare (o epatocarcinoma, EC) rappresenta il 5,4% di tutti i casi di tumore e rappresenta nel mondo la quinta causa di morte per cancro.
In alcune aree geografiche la sua incidenza è in aumento a causa del contagio con virus dell'epatite B (HBV) e C (HCV) diffusi negli anni 60 con aghi riciclati, trasfusioni infette e rapporti sessuali non protetti.
L'incidenza dell'epatocarcinoma varia a seconda delle aree geografiche, mostrando un'incidenza elevata in alcune zone dell'Asia e dell'Africa e una scarsa incidenza del Nord America e in Europa.
Il principale fattore di rischio è senza dubbio la cirrosi epatica. Qualsiasi tipo di cirrosi, anche quella dovuta all'abuso di alcol, può portare all'EC, tuttavia è una frequente complicanza delle cirrosi ad eziologia virale. In Italia infatti il 60% dei pazienti con EC sono positive al virus dell'epatite C (HCV) e vi è un aumentato rischio di sviluppo di questo tumore anche nei pazienti affetti da epatite B (HBV).
Il tumore del fegato non è un tumore che causa una specifica sintomatologia.
Il principale segno di insorgenza di una neoplasia epatica può essere un marcato peggioramento della funzionalità del fegato.
Il dolore non è sempre presente, quando c'è è localizzato principalmente in epigastrio e in ipocondrio destro.
La diagnosi di carcinoma epatocellulare si basa principalmente sull'esecuzione di esami strumentali volti ad evidenziare la neoplasia.
Dal punto di vista dell'esame obiettivo, alla palpazione, il fegato può apparire ingrandito e aumentato di consistenza.
In prima istanza, come esame strumentale si utilizza l'ecografia, esame sicuro e non invasivo in grado di, oltre evidenziare il tumore, definirne la natura solida o meno.
Nei pazienti ad alto rischio di sviluppo di tumore (cirrotici compensati e portatori cronici di epatite) si effettua una sorveglianza clinica mediante l'esecuzone ogni 6 mesi di un'ecografia dell'addome.
In un paziente cirrotico, in presenza di un nodulo di dimensioni uguali o superiori a 2 cm, la diagnosi di tumore è molto probabile. Si effettua una TC spirale trifasica con mezzo di contrasto e si conferma la diagnosi osservando una rapida eliminazione del mezzo di contrasto nella fase finale dell'esame.
Se il nodulo invece è di dimensioni comprese tra 1 e 2 cm, si richiede la concordanza di almeno 2 esami strumentali prima di porre diagnosi di EC, proprio perchè la vascolarizzazione della lesione può risultare ancora immatura e quindi la TC trifasica non è sufficiente.
Se il nodulo è inferiore a 1 cm, è praticamente impossibile fare diagnosi certa con esami strumentali ed è molto difficile anche effettuare una biopsia a causa delle piccole dimensioni della lesione. In questi casi si procede ogni 3 mesi all'esecuzione dell'ecografia dell'addome superiore e se la lesione appare stabile per un periodo di 18 mesi si torna alla sorveglianza ogni 6 mesi, altrimenti se aumenta di volume si procederà in base alle dimensioni come spiegato in precedenza.
Tuttavia, come sempre nei casi di tumori, la diagnosi di certezza si ottiene solamente mediante l'esame istologico, effettuato su campioni di tessuto prelevati con la biopsia.
Le biopsie su formazioni epatiche vengono effettuate mediante guida ecografica e sono svolte solo nei casi in cui il rischio di sanguinamento sia basso e influenzi la scelta di trattamento.
Le complicanze emorragiche della biopsia con ago fine sono molto rare (minori dell 0,5%) ma vanno tenute in considerazione in quei pazienti con grave compromissione epatica (e quindi problemi della coagulazione). Nei pazienti cirrotici, visto appunto l'alta probabilità di insorgenza di tumore epatico, la biopsia viene fatta solo ed esclusivamente nei casi molto dubbi.
Dal punto di vista sierologico, l'alfa fetoproteina (AFP), solitamente prodotta durante il periodo della vita fetale, raggiunge livelli elevati in caso di tumore primitivo epatico e per questo a volte viene preso in considerazione come marker per la progressione della neoplasia. Valori superiori ai 400 ng/ml sono fortemente indicativi di tumore epatico.
Il classico sistema di classificazione dei tumori (TNM) per quello epatico non è adeguato in quanto le migliori stadiazioni combinano numero, volume e invasione vascolare del tumore con la funzionalità del fegato (criteri di Child-Pugh). Questi ultimi criteri prendono in considerazione i valori di albumina sierica, bilirubina totale, INR, presenza di ascite ed encefalopatia epatica. A seconda dei valori riscontrati si ottiene un punteggio, che classifica i pazienti in 3 classi: A, B e C, a seconda della loro percentuale di sopravvivenza.
Per esempio, nella stadiazione di Barcellona (BCLC) oltre alla funzionalità epatica, si considerano anche le condizioni del paziente (performance status). Essa include 4 stadi, permettendo la selezione dei migliori candidati per le terapie disponibili. Ne fanno parte i pazienti asintomatici, con piccoli tumori idonei per terapie radicali (resezione del tumore e del segmento epatico, trapianto o ablazione loco-regionale).
La scelta del trattamento è legata principalmente alla presenza o meno di cirrosi, al numero delle lesioni, alle loro dimensioni e al grado di deterioramento della funzione del fegato.
Nei pazienti non affetti da cirrosi, nei quali la funzionalità epatica è conservata, si opta per la resezione del segmento epatico colpito dalla neoplasia.
Nei pazienti tuttavia affetti da cirrosi, o nei quali la funzionalità epatica sia compromessa, il trapianto di fegato rimane una delle opzioni terapeutiche migliori.
Se la lesione è < 5 cm (o siamo in presenza di meno di 3 lesioni di diametro < 3 cm) con il trapianto epatico la sopravvivenza a 5 anni si aggira sul 75%.
Tuttavia, per lesioni di dimensioni superiori ai 6 cm, il trapianto non è indicato in quanto è alta la probabilità che il tumore abbia già dato invasione vascolare.
Un approccio complementare, per migliorare la riuscita del trapianto, sono le terapie ablative locoregionali (come la chemioembolizzazione) effettuate durante l'attesa del trapianto e capaci di ridurre la progressione vascolare del tumore. La chemioembolizzazione consiste nell'iniezione intratumorale di sostanze chemioterapiche mediante via arteriografica.
In caso di tumori insorti in pazienti non idonei a resezione e/o trapianto, si possono mettere in atto terapie locoregionali come l'alcolizzazione del nodulo (si inietta nella massa tumorale dell'alcol) o la termoablazione mediante radiofrequenze. Quest'ultima opzione terapeutica è migliore per i tumori superiori ai 2 cm, mentre è sovrapponibile all'alcolizzazione in quelli di dimensioni inferiori.
La chemioterapia per via sistemica è poco utilizzata e di dubbia efficacia, si utilizzano soprattutto le antracicline, mentre non è dimostrato il ruolo terapeutico del tamoxifene.
Al momento della diagnosi, le dimensioni del tumore non sono predittive in senso di sopravvivenza del paziente. Il più importante fattore predittivo di sopravvivenza è l'invasione venosa, che può avvenire anche per tumori di piccole dimensioni.
L'EC raddoppia il suo volume in un tempo variabile da 1 a 20 mesi circa.
La prognosi nelle neoplasie epatiche è severa, sono tumori difficilmente guaribili se non con resezione o trapianto d'organo e spesso compaiono su fegati già compromessi dal punto di vista funzionale.
Le cause di morte più frequenti sono rappresentate dal sanguinamento digestivo massivo e dall'encefalopatia porto-sistemica per l'instaurarsi del quadro di ipertensione portale.
L'esame delle feci è una procedura diagnostica che consiste nella raccolta e nell'analisi di un campione di feci, al fine di individuare alcune eventuali condizioni patologiche.
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