Il tumore al seno (o tumore alla mammella) è uno dei più diffusi al mondo.
La sua probabilità di comparsa aumenta con l'età, raggiungendo il picco massimo a 50 anni e mantenendosi costante negli anni successivi.
Negli ultimi anni i tumori alla mammella sono aumentati, ma è diminuita la loro mortalità grazie ai progetti di screening (mammografia) e al miglioramento delle tecniche di intervento.
I fattori di rischio per il tumore al seno possono essere suddivisi in:
Genetici: coloro che hanno un familiare malato di tumore alla mammella hanno una probabilità doppia rispetto alla popolazione generale di contrarre questa neoplasia. Le mutazioni più riscontrate sono a carico dell'oncosoppressore p53 e dei geni BRCA-1 e BRCA-2. Coloro che sono portatori di mutazione di questi 2 ultimi geni dovrebbero sottoporsi alla mammografia già prima dei 30 anni.
Riproduttivi: la precocità della gravidanza e il numero di gravidanze, insieme all'allattamento al seno sembrano ridurre le probabilità di insorgenza del tumore al seno.
Dietetici e costituzionali: una dieta ricca di grassi animali e l'obesità sono un fattore di rischio importante soprattutto dopo la menopausa. Il tessuto adiposo (cioè il grasso) è un gran produttore di estrogeni (ormoni femminili) che in grandi quantità aumentano il rischio di tumore al seno. Il rischio è legato sia alla quantità di tessuto adiposo ma anche all'arco di tempo in cui esso è presente. Se si è sovrappeso già da giovani, aumenta il periodo di esposizione agli estrogeni prodotti dal tessuto adiposo e si aumenta la possibilità di insorgenza di un tumore (vedi paragrafo prevenzione).
Contraccettivi orali: l'uso della pillola sembrerebbe aumentare lievemente il rischio di sviluppo di tumore al seno, questo soprattutto con i dosaggi che venivano utilizzati anni fa. Ora sono in commercio preparati con minor dosaggi ormonali e che riducono ulteriormente il rischio legato a questo metodo contraccettivo.
Come spesso si dice prevenire è meglio che curare e questo motto calza a pennello per il tumore al seno.
E' molto importante una dieta equilibrata ricca di fibre vegetali, poca carne e pochi zuccheri, che riduce il rischio di insorgenza del tumore alla mammella del 30%.
Il Progetto Diana, promosso dall' Istituto dei Tumori di Milano, si occupa proprio di sensibilizzare le donne ad effettuare piccoli cambiamenti dietetici che potrebbero però ridurre l'insorgenza e le recidive del tumore al seno.
Alti livelli di insulina (ormone prodotto dal pancreas per ridurre gli zuccheri nel sangue) sembrerebbero aumentare il rischio di tumore.
Quindi l'obiettivo è di ridurre l'insulina e quindi gli zuccheri nel sangue, in quanto la secrezione di insulina aumenta proporzionalmente all'assunzione di alimenti ad alto indice glicemico.
Sembrano essere utili per la prevenzione cibi come:
Da limitare invece cibi come: carne rossa e insaccati, uova, latticini,
zuccheri (non solo nei cibi e nei dolci ma anche le bevande gassate e zuccherate), burro, strutto, margarina.
Va sottolineato che una corretta alimentazione riduce l'insorgenza di qualsiasi tipo di tumore e che i cibi da limitare non sono da bandire completamente dalla tavola, ma basta che si consumino in quantità adeguate.
Uno stile di vita molto attivo, senza mai tralasciare l'attività sportiva i cui benefici non si limitano alla prevenzione del tumore alla mammella ma alla prevenzione delle patologie cardiovascolari.
Sembra infatti che praticare un'attività fisica regolare possa addirittura ridurre del 20-30% la probabilità di ammalarsi di tumore al seno, e questo sembrerebbe ancora più valido dopo la menopausa.
Sembrerebbero necessarie circa 3 ore a settimana di esercizio fisico intenso (in cui aumenta la respirazione e la sudorazione come nella corsa) oppure 4-6 ore settimanali di esercizio fisico moderato (tipo le passeggiate a passo veloce e sostenuto).
Inoltre lo stile di vita attivo aiuterebbe anche a prevenire le recidive e addirittura le donne colpite dal tumore trarrebbero benefici, in quanto 3-5 ore settimanali di attività fisica dimezzerebbero il rischio di morte per tumore.
Infatti l'esercizio fisico rinforza il sistema immunitario (che ci difende dalle malattie) e favorisce l'aumento degli anti-ossidanti naturali (endogeni) in grado di annullare l'azione dei radicali liberi, sostanze tossiche per le nostre cellule.
Probabilmente il consiglio più importante è evitare il sovrappeso. Le donne obese o che hanno avuto problemi di linea nell'età giovanile sono più predisposte a sviluppare il tumore della mammella (circa il 10%). Ecco perché è importante mantenersi in forma mediante una dieta equilibrata, una moderata attività fisica, e controllare il proprio peso corporeo.
Si avvale di numerosi esami, suddivisi in base all'età della donna. È importante che la diagnosi precoce diventi un fatto culturale, un'abitudine, cui sottoporsi una volta all'anno per prevenire il tumore al seno. Solo se praticata con continuità è utile alla prevenzione, non serve sottoporsi alla mammografia una volta ogni 10 anni, bisogna farlo regolarmente!
Gli strumenti a nostra disposizione sono:
MAMMOGRAFIA: è il metodo più utilizzato, efficace soprattutto nella fascia di età tra i 50 e 70 anni (per la consistenza della mammella), con frequenza ogni 1-2 anni. È l'esame salvavita, permette di riconoscere anche tumori piccoli e quindi intervenire prima che diventino più grandi.
ECOGRAFIA: in caso di protesi al seno oppure nella ragazze giovani, dai 25-30 anni o nelle donne che non abbiano allattato, che hanno quindi una mammella più consistente. Una ecografia 1 volta all'anno quindi consigliata.
VISTA SENOLOGICA: fatta da un medico competente è bene farla anche 1 volta all'anno dai 25/30 anni in modo da riconoscere un possibile nodulo.
AUTOPALPAZIONE: tecnica che non sostituisce nessuna delle precedenti, ma può essere utile alla donna per eventualmente individuare delle formazioni "sospette". Bisognerebbe insegnare questa tecnica già alle ragazze di 16-18 anni che possono così capire la struttura della loro ghiandola mammaria.
Quando si effettua l'autopalpazione si può sentire un nodulo duro, non dolente, a margini mal delimitati. Possono essere presenti anche noduli simili a quelli sopra descritti ma localizzati sotto l'ascella, indice di localizzazione del tumore in un linfonodo. Non dobbiamo però scordarci che un nodulo ascellare può essere dovuto a molte altre patologie e non per forza ad un tumore alla mammella, ma a scanso di equivoci è meglio segnalarne la presenza al medico. Anche l'escrezione di sangue dal capezzolo può essere segno di tumore, ma questo segno è piuttosto infrequente.
Il principale fattore prognostico è la presenza di metastasi ai linfonodi. Nei pazienti senza metastasi ai linfonodi, la sopravvivenza a 10 anni è del 75% (3/4 dei malati sono vivi dopo 10 anni dalla diagnosi), se si hanno metastasi linfonodali invece scende al 25% a 10 anni (1/4 dei malati sono vivi dopo 10 anni dalla diagnosi). Inoltre maggiore è la quantità di linfonodi colpiti più infausta è la prognosi.
Importanti sono anche la dimensione del tumore iniziale e la presenza sulle sue cellule di recettori per gli estrogeni. Se il tumore presenta recettori per gli estrogeni si può utilizzare una terapia ormonale (tamoxifene) che cerchi di ridurre le dimensioni del tumore e renda più semplice l'asportazione di quest' ultimo.
Recentemente è stato scoperto il recettore HER-2 ed è stata sviluppata una terapia molecolare (trastuzumab) mirata ad agire su questa proteina che il tumore può presentare. Sembra ridurre le dimensioni del tumore, facilitando così l'intervento chirurgico e migliorando la prognosi. Purtroppo sia i recettori per gli estrogeni che la proteina HER-2 non sempre sono presenti nel tumore e questo limita l'uso di queste terapie.
Il trattamento chirurgico rappresenta il cardine per la cura del tumore al seno, insieme alla radioterapia (o a volte sostituito da essa). L'intervento oggigiorno cerca di essere il più conservativo possibile (se il tumore è piccolo si preferisce asportare un quadrante di mammella anziché tutta) e in alcuni centri specializzati viene affiancato da radioterapia intraoperatoria (IORT, più efficace contro le recidive locali e con miglior protezione dei tessuti vicini).
Il cavo ascellare viene sempre indagato in cerca di metastasi e, grazie alla metodica del linfonodo sentinella, i linfonodi vengono tolti unicamente se colpiti da metastasi. Può essere utilizzata anche una chemioterapia sia prima dell' intervento, per ridurre le dimensioni del tumore e rendere più efficace la rimozione, che successivamente all' intervento, se si ha un alto rischio che il tumore possa ritornare. La principale polichemioterapia (utilizzo di più di un chemioterapico) è la CFM: ciclofosfamide-methrotexate e fluorouracile somministrata per 3-6 mesi.
Il tumore alla mammella è il principale tumore che colpisce la donna ed ha prognosi migliore se trovato quando è ancora di dimensioni esigue. Importantissimi sono quindi la diagnosi precoce con gli screening che il Sistema Nazionale ci propone (mammografia), ma anche la prevenzione con una dieta equilibrata, attività sportiva e controllo del proprio peso corporeo.
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