La temperatura di cottura è molto importante perché a seconda del livello di temperatura avvengono nei cibi delle trasformazioni dei nutrienti, alcune delle quali desiderabili, altre meno, sia dal punto di vista del gusto che da quello salutistico.
Prima di addentrarci nell'analisi delle temperature di cottura dei cibi, bisogna capire la sostanziale differenza tra la temperatura di cottura intesa come temperatura della sorgente di calore, e la temperatura che l'alimento raggiunge durante la cottura.
Nella maggior parte dei forni il calore è trasmesso al cibo per irraggiamento e convezione: nella cottura in forno statico prevale l’irraggiamento, nel forno ventilato la convezione. Nel primo caso, la temperatura di cottura ha una importanza relativa perché il calore non è trasmesso direttamente dall’aria, ma dalle onde elettromagnetiche emesse dalla superfici roventi del forno. Nel secondo caso, invece, il calore è trasmesso dall’aria che si trova esattamente alla temperatura impostata.
Tuttavia, in entrambi i casi non bisogna confondere la temperatura di cottura con la temperatura che il cibo raggiunge in superficie (e tantomeno al suo interno), perché bisogna considerare l’evaporazione dell’acqua e la trasformazione chimica dei nutrienti. Se portiamo l’acqua a contatto con un corpo a 200 gradi essa non raggiungerà i 200 gradi, ma al massimo la sua temperatura di ebollizione, e qui si stabilizzerà finché non è completamente evaporata. Così, la superficie di un cibo ricco di acqua portato a 200 gradi non oltrepasserà i 100 gradi finché gran parte dell’acqua non sarà completamente evaporata.
Dunque, occorre un certo periodo di tempo affinché la superficie dell’alimento raggiunga la temperatura di cottura impostata. Nel frattempo, cosa succede all’interno dell’alimento? L’acqua migra verso la superficie del cibo andando a rimpiazzare quella che sta evaporando, dunque il cibo si disidrata internamente. Il gradiente di umidità, cioè la differenza tra l’umidità in superficie e quella al cuore, è tanto più elevata quanto maggiore è la temperatura di cottura.
Vediamo cosa comportano questi fenomeni e come possano essere sfruttati per scegliere la giusta temperatura di cottura.
Per scegliere la corretta temperatura di cottura bisogna conoscere le trasformazioni dei nutrienti con la temperatura.
Esistono alcuni livelli di temperatura molto significativi per la cottura dei cibi:
Tutte queste trasformazioni, tranne l’ultima che è sempre da evitare, possono essere positive o negative a seconda dei casi. Una cosa è certa: bisogna evitare di carbonizzare i cibi per una questione di gusto ma soprattutto per evitare l’ingestione di sostanze tossiche che si formano sempre nel cibo bruciato.
Da quanto detto fin'ora si evince che limitare la temperatura di cottura non è una buona strategia sia perché in questo modo non si sfruttano appieno le potenzialità della cottura al forno, sia perché non si hanno comunque garanzie contro la formazione di sostanze tossiche. Per esempio, cuocendo un alimento a 180 gradi per troppo tempo la superficie raggiunge i 180 gradi e le sostanze tossiche vengono comunque prodotte. Questo avviene anche a temperature inferiori di cottura: se cuocete delle frutta a 160 gradi per molte ore, a un certo punto la superficie risulterà completamente disidratata e inizierà a carbonizzare.
D'altro canto, la pizza viene cotta nei forni a legna o in quelli elettrici a temperature che sfiorano i 400 gradi eppure risulta essere perfettamente cotta. Questo avviene perché l’impasto contiene acqua che limita la temperatura in superficie facendole superare di poco i 100 gradi, mentre al cuore la pizza non supera i 60-70 gradi ed è per questo che rimane così morbida.
Il segreto è il giusto abbinamento tra temperatura e tempo di cottura: solo questi due fattori scelti oculatamente evitano di bruciare i cibi.
Le cotture a temperature superiori a 150 gradi servono per sviluppare gli imbrunimenti dovuti alle reazioni di Maillard, utili in quasi tutte le preparazioni: nella carne (producono l’aroma di carne arrostita), nei dolci lievitati (producono gli imbrunimenti superficiali che conferiscono l’aroma di tostato), nella frutta (producono l’aroma di caramello), ecc. Maggiore è la temperatura di cottura, più velocemente avverrà la perdita di liquido della superficie del cibo, più rapidamente si arriverà a temperature prossime a quella dell'ambiente di cottura.
Se cuociamo un cibo a 150 gradi, la superficie arriverà gradualmente a 150 gradi e non supererà tale valore. Si tratta quindi di una cottura sicura perché non si supereranno mai i 180 gradi, dunque molto difficilmente il cibo verrà bruciato producendo sostanze tossiche. Il calore avrà più tempo di trasferirsi all’interno del cibo, cuocendolo e facendo evaporare l’acqua al suo interno. Questo fenomeno non è sempre positivo, anzi.
Prendiamo un roast-beef: la temperatura all’interno deve mantenersi inferiore ai 65 gradi, mentre all’esterno deve raggiungere i 150 gradi per arrostirsi. Se cuociamo il roast-beef a 180 gradi, quando l’esterno raggiunge i 150 gradi, l’interno supera i 70 gradi, le proteine coagulano, il liquidi vengono espulsi ed evaporano, il roast-beef diventa duro: lo abbiamo stracotto.
Se invece lo cuociamo a 220 gradi, nel giro di 15-20 minuti la superficie raggiunge i 150-180 gradi, si arrostisce producendo aromi molto piacevoli, non appena questo avviene abbassiamo la temperatura a 150 gradi e continuiamo la cottura finché l’interno non raggiunge i 60 gradi. La cottura è perfetta.
Prendiamo ora una torta: se l’impasto è molto umido e deve perdere molta acqua, sarà meglio cuocerlo a 160 gradi per un tempo maggiore: la superficie non carbonizza e l’interno a poco a poco perde l’acqua in eccesso. Se invece vogliamo un dolce ben dorato ma umido all’interno, dovremo cuocerlo a una temperatura più alta per meno tempo, così da limitare l’evaporazione e contemporaneamente portare la superficie a temperature idonee alla formazione delle reazioni di Maillard. Se invece non vogliamo che avvengano, per niente (come nel creme caramel) cuoceremo il dolce a 120 gradi, a bagnomaria per accelerare la cottura (l’acqua trasmette il calore meglio dell’aria) ma soprattutto e per limitare la temperatura del recipiente che contiene il dolce a 100 gradi. Questo, infatti, riscaldato per irraggiamento potrebbe superare i 120 gradi portando la superficie del dolce a una temperatura eccessiva.
Concludendo, la maggior parte dei cibi in forno può essere cotta a una temperatura compresa tra i 150 e i 200 gradi. La scelta della temperatura va fatta in base alle considerazioni fatte in precedenza.
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