Gli antipsicotici o neurolettici sono degli psicofarmaci utilizzati in patologie psichiatriche con componente psicotica, in particolare nella schizofrenia; ma anche in alcuni casi di disturbi dell'umore, psicosi indotta da sostanze tossiche o stupefacenti, taluni casi di demenza.
La denominazione "neurolettico", anche se storica e ormai di uso comune, è un po' fuorviante e si riferisce al fatto che questi farmaci tendono a "stendere", a sedare il paziente, ma ciò, teoricamente, rappresenta un effetto collaterale e non un effetto specifico di questi farmaci.
Come tutti gli psicofarmaci, gli antipsicotici sono utili nell'attenuare la sintomatologia di alcune patologie ma non sono in grado di contrastarne il meccanismo patogenetico alla base e tantomeno di guarirle.
La patologia in cui sono maggiormente utilizzati è la schizofrenia. Essa si caratterizza per una sintomatologia suddivisibile essenzialmente in due grossi tronconi:
Gli antipsicotici sono efficaci soprattutto nel ridurre la sintomatologia positiva, che è quella più socialmente disturbante, mentre hanno un effetto scarso sulla sintomatologia negativa di tipo affettivo e praticamente nullo sul declino cognitivo; questi ultimi aspetti, sebbene possano sembrare meno rilevanti ai fini dell'"accettazione sociale", lo sono e molto per il paziente.
L'effetto farmacologico principale degli antipsicotici consiste nel bloccare alcuni recettori della dopamina e, in particolare, il recettore D2.
In realtà, la maggior parte degli antipsicotici interferisce anche con numerosi altri recettori e ciò spiega parte degli effetti terapeutici ma anche collaterali. Gli effetti secondari degli antipsicotici sono dovuti all'interferenza coi recettori della dopamina D1, D3, D4, della serotonina, dell'istamina, dell'acetilcolina muscarinici e delle catecolamine α-adrenergici.
Gli antipsicotici sono suddivisibili in due grandi categorie:
Gli antipsicotici sono disponibili in formulazioni iniettabili (utili nelle fasi acute e/o nei pazienti non collaboranti) e pastiglie (da usare nelle fasi croniche).
Superato l'episodio acuto, è necessario che i farmaci vengano assunti in cronico, a tempo indefinito.
Per i pazienti non collaboranti, che non possono o non vogliono aderire alla terapia cronica per via orale, esistono delle formulazioni iniettabili a lento rilascio, le quali, tuttavia, sono disponibili solo per alcuni principi attivi.
Dato il gran numero di bersagli recettoriali, non stupisce che gli effetti collaterali siano numerosi e che i distretti corporei potenzialmente colpiti siano molteplici. I principali effetti avversi sono elencati qui di seguito.
Sono dovuti all'effetto del recettore D2 e quindi sono più marcati con gli antipsicotici tipici.
Antagonizzando la dopamina, si verifica un quadro di Parkinson iatrogeno, caratterizzato da rigidità, tremore, bradicinesia (movimenti lenti e ridotti) e amimia. Il Parkinson si tratta con agonisti dopaminergici, ma ciò evidentemente non è possibile perché si andrebbe ad esacerbare la psicosi.
Inoltre possono verificarsi delle distonie acute, ovvero una intensa rigidità muscolare, che insorge acutamente ed è localizzata ad alcune aree. Essa può essere molto pericolosa se coinvolge la muscolatura respiratoria e può necessitare di trattamento urgente.
In seguito a trattamenti prolungati, i pazienti possono sviluppare acatisia, ovvero un'irrequietezza motoria con incapacità di star fermi e/o discinesie tardive, cioè movimenti abnormi involontari o distonie, che si instaurano col tempo.
La pesante sedazione data dagli antipsicotici può essere utile, inizialmente, nei pazienti molto agitati, ma, a lungo termine, contribuisce al peggioramento della performance cognitiva e della situazione affettiva.
Si possono verificare anche alterazioni del sonno e aumento del rischio di crisi convulsive.
La dopamina inibisce il rilascio di prolattina, quindi gli antipsicotici causano un aumento della prolattina. Ciò può esitare in riduzione del desiderio sessuale, amenorrea, ginecomastia (aumento di volume della ghiandola mammaria, tipicamente nei maschi), galattorrea (secrezione lattea o pseudo-lattea dal capezzolo, nei maschi o nelle donne, in condizioni in cui non dovrebbe esserci latte).
Inoltre sono frequenti aumento dell'appetito, aumento di peso, innalzamento della temperatura corporea e diabete mellito.
Sono dovuti all'inibizione dei recettori colinergici muscarinici: cicloplegia, secchezza delle fauci, ritenzione urinaria, stipsi, riduzione della motilità gastrica, tachicardia.
Sono dovuti all'inibizione di alcuni recettori delle catecolamine e sono: ipotensione ortostatica (ovvero abbassamento della pressione quando si passa, da distesi o seduti, alla stazione eretta), aneiaculazione, miosi.
È una grave sindrome acuta caratterizzata da iperattivazione muscolare, con conseguente rilascio in circolo di enzimi muscolari e ipertermia. Si verifica nello 0,1% dei pazienti che assumono antipsicotici e la mortalità è del 10% circa.
Alcuni antipsicotici (in particolare la clozapina), possono avere degli effetti collaterali gravi, anche se rari, dovuti ad un'ipersensibilità individuale.
Tra questi ricordiamo l'agranulocitosi (ovvero la marcata riduzione dei granulociti, con aumento importante del rischio di infezioni) e la miocardite eosinofila (una grave infiammazione del muscolo cardiaco).
Da sempre, le malattie psichiatriche e ancor più il loro trattamento rappresentano un argomento molto controverso e fonte di eterni dibattiti nell'ambio della comunità scientifica.
Alcuni medici sostengono che gli psicofarmaci, e gli antipsicotici in particolare, esplichino il loro effetto principale, meramente, attraverso la sedazione del paziente, senza influire positivamente sulla storia naturale della malattia; anzi, in alcuni casi potrebbero addirittura peggiorarla, andando a incrementare la sintomatologia negativa.
D'altro canto, i pazienti psicotici rappresentano un problema sociale, oltre che medico, non indifferente e la loro gestione risulterebbe molto difficile se non si adoperassero dei farmaci, seppure molto tossici, come gli antipsicotici.
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