I pesticidi, o fitosanitari o fitofarmaci, nella farina sono un argomento molto dibattuto, che ha generato molto clamore e anche un'inversione di tendenza del mercato che, negli ultimi anni, specie quello della pasta, si è concentrato sempre di più sull'uso di farine di solo grano italiano, ritenute dall'opinione pubblica più sicure di quelle importate dall'estero. Ma è davvero così?
Vediamo di approfondire l'argomento nel corso di questo articolo.
I pesticidi nelle farine, e negli alimenti in genere, sono regolamentati da leggi ben precise che stabiliscono sia la dose che il tempo di somministrazione di queste sostanze alle colture. Inoltre, è regolamentato anche l'intervallo di tempo, chiamato "tempo di carenza", ossia il periodo che deve passare tra il trattamento della coltura con il pesticida e la raccolta del prodotto. Questo tempo è importante affinché si riduca la concentrazione del fitofarmaco nel raccolto finale.
Nel prodotto finito viene anche stabilito un valore soglia, chiamato "limite massimo di residuo", che è considerato il limite massimo sicuro per il consumo umano. Periodicamente il rispetto di questi limiti viene monitorato dal Ministero della Salute, attraverso i laboratori certificati che realizzano dei controlli a campione sui prodotti in commercio.
In genere, il limite massimo di residuo è molto inferiore al limite considerato tossico per l'uomo, motivo per cui non si devono fare allarmismi se vi sono dei limiti leggermente superiori ai valori di legge.
Va comunque detto che l'uso dei pesticidi è importante che sia ridotto in quanto questi prodotti hanno non solo una ricaduta sulla salute umana, ma anche un grande impatto ambientale. Questo perchè i fitofarmaci vanno a distruggere insetti utili e colture spontanee in modo non controllato e non voluto da chi li utilizza.
Nel 2017, Coldiretti aveva posto l'accento sulla necessità di fare attenzione ai cereali di importazione estera, perchè analizzando i dati relativi al 2015, aveva rilevato che quelli stranieri sono risultati 3 volte più a rischio di avere valori di pesticidi al di sopra dei limiti di legge.
Successivamente, la testata giornalistica Il Fatto Alimentare aveva osservato come dai dati presi in considerazione dalla Coldiretti, ossia quelli del controllo ufficiale del Ministero della Salute sui prodotti fitosanitari nei cereali, sia nazionali che importati, l'interpretazione che se ne poteva dare era ben diversa. Infatti, tra tutti i campioni analizzati, ben l'83,2% dei cereali importati, contro l'83,7% di quelli italiani, non avevano residui di pesticidi. Il 16,5% di quelli nazionali, e il 15,5% di quelli esteri, avevano valori al di sotto dei limiti di legge. Rimane, quindi, lo 0,8% di quello straniero contro lo 0,3% di quello italiano che superava i limiti di legge.
L'interpretazione della Coldiretti appariva quindi fortemente faziosa e a svantaggio dei cereali importati. Inoltre, come sottolineato dal Fatto Alimentare stesso, spesso la presenza di pesticidi negli alimenti è sotto forma di residuo derivante dalla rotazione dei campi e dalla presenza dei pesticidi nel terreno. Un esempio è il tanto celebre glifosato, in Italia vietato nella coltivazione del grano a partire dal 2016, ma permesso per altre colture, come i pomodori. Di conseguenza, in seguito alla rotazione dei campi, è possibile riscontrare una piccola percentuale di glifosato nelle farine, valore che, secondo quanto abbiamo visto, è nella maggior parte dei casi inferiore ai limiti di legge.
Qualche anno più tardi rispetto all'articolo di Coldiretti, e precisamente nel 2019, è stato pubblicato un altro articolo sul tema pesticidi e farine, dalla rivista Il Salvagente. L'articolo ha reso noto un'analisi, fatta dalla rivista stessa, su diversi campioni di farine in vendita, di diverse tipologie. Precisamente, sono state analizzate 13 diverse farine, di diverse marche tra quelle più diffuse in Italia: 7 di queste farine erano di grano tenero, 4 erano preparati per pizza e 2 erano di semola di grano duro. Sono stati presi in considerazione non solo i residui di pesticidi, ma anche la presenza eventuale di micotossine, di corpi estranei, i livelli di proteine e altri parametri di qualità.
Dai risultati, per quanto riguarda i pesticidi, solo due farine di due marchi diversi sono risultati completamente privi di pesticidi, ossia quelle dei marchi di farina La Molisana e Esselunga. Nelle altre farine analizzate vi erano tracce di pesticidi, glifosato compreso, sempre al di sotto dei limiti di legge. Oltre al glifosato sono stati trovati residui di clormequat e pirimiflos metiale, di cui non si conoscono alla perfezione gli effetti sulla salute.
Secondo l'aggiornamento Istat basato sul periodo 2002-2013, in Italia l'uso dei pesticidi nelle colture si è ridotto del 29.2%, una diminuzione davvero significativa. La tendenza oggi è, infatti, l'uso di tecnologie biologiche e biodinamiche che permettono di combattere le infestazioni da parassiti, funghi e insetti senza l'uso di fitofarmaci. Questa tendenza è stata anche registrata dall'Istat stesso, che ha visto come la superficie di territorio italiano coltivata a biologico è aumentata del 23,1% nel 2010-2013. Per contro, un rapporto dell'Eurostat che prende in considerazione lo stesso arco di tempo, ha rilevato come l'Italia sia il primo paese in Europa per uso di fitofarmaci nelle colture. Successivamente, nel 2018 l'uso dei pesticidi in Italia rispetto alla media europea è diminuito leggermente, e ora siamo in terza posizione rispetto al consumo di pesticidi a livello europeo.
Le farine biologiche non sono completamente esenti dai pesticidi, in quanto in parte rimangono sul terreno e vengono assorbite dalle colture. Inoltre, nell'agricoltura biologica, in realtà, i limiti massimi di residuo fissati sono esattamente gli stessi di quelli fissati per le colture non biologiche. Dalle indagini europee, però, è emerso che i prodotti biologici hanno un residuo inferiore rispetto alle altre colture e più raramente si riscontrano campioni fuori norma.
Una differenza rilevante per il consumatore, potrebbe esserci nella scelta di farine di grani antichi certificati, o meglio in quelle di produttori locali che più difficilmente usano o hanno la necessità di usare pesticidi per le loro colture.
Il problema con le farine derivanti dai piccoli produttori e che è necessario essere davvero sicuri della buona applicazione delle tecniche di produzione secondo le regole igieniche. La produzione della farina, infatti, consta di diversi processi che precedono lo stoccaggio, ciascuno dei quali può potenzialmente essere sede di contaminazione da parte di corpi estranei e parassiti. È quindi necessario assicurarsi che il produttore abbia i necessari macchinari e rispetti le dovute procedure di produzione.
La preoccupazione di alcuni esperti è il dubbio sul cosiddetto "effetto cocktail", ossia sulle potenziali conseguenze della presenza di diverse tipologie di pesticidi in contemporanea nello stesso alimento e nella stessa farina, seppure a basse dosi ed inferiori ai limiti di legge.
Alcuni esperti, come possiamo ad esempio leggere in questo articolo, sono del parere che, sebbene al di sotto dei limiti di legge, il sommarsi delle molecole di pesticidi potrebbe avere un impatto sulla salute del consumatore. Uno degli effetti sarebbe quello dell'aumento dei processi infiammatori, con un'alterazione del microbiota intestinale. Inoltre, viene più volte evidenziato come tra gli effetti possibili ci sarebbero l'aumento della sensibilità al glutine e della celiachia. Il dibattito è, tuttavia, ancora aperto e non si è ancora certi se tutte queste conseguenze siano reali o solo supposizioni.
In conclusione, possiamo dire che la scelta del biologico e del locale, per quanto riguarda le farine, non sempre è quella che ci rende esenti da pesticidi e ci garantisce l'assoluta sicurezza alimentare. Pertanto, l'unico metodo che ci permette di avere una minor assunzione di pesticidi è avere un'alimentazione varia e completa, alternando le diverse tipologie e marchi di farina scelti.
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