La piadina o piada, pieda, pida, piè, secondo i dialetti locali, è una preparazione a base di farina di frumento tipica della Romagna e della zona alta delle Marche, in particolare delle provincie di Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini e Pesaro-Urbino.
La piadina si presenta come una sfoglia spianata e circolare, generalmente sottile, e si consuma a fette come fosse pane oppure intera farcita a piacere: salata con salumi, formaggi e verdure oppure dolce con marmellata, miele o cioccolata spalmabile. La piadina romagnola ha origini antichissime, proviene da una tradizione contadina povera e semplice, ma negli anni è stata in grado di conquistare le tavole di tutti i buongustai e ha raggiunto una fama a livello mondiale.
Attualmente la piadina è iscritta nell'elenco dei Prodotti agroalimentari tradizionali italiani (PAT) della regione Emilia-Romagna e alcune associazioni per la promozione e la tutela della piadina romagnola nel 2003 hanno richiesto la certificazione IGP (ottenuta dopo 10 anni nel 2014, vedi articolo sulla piadina romagnola IGP) per le due varianti di questo prodotto: Piadina Terre di Romagna e Piadina Romagnola di Rimini.
Le differenze tra le due piadine riguardano le dimensioni: tradizionalmente, infatti, la piadina preparata lungo la costa (nella zona tra Riccione e Rimini) è più sottile e più larga di quella consumata nell'entroterra. Il disciplinare della piadina riminese prevederà dunque uno spessore fino a 3 mm e un diametro da 23 a 30 cm; e per la piadina delle Terre di Romagna uno spessore da 4 ai 10 mm e un diametro inferiore dai 15 ai 30 cm.
La piadina nel pesarese viene spesso preparata nella versione sfogliata, ancora più gustosa perché più grassa, e con la tipica sfogliatura fatta rigorosamente con lo strutto.
Calorie e valori nutrizionali della piadina
I primi a cucinare una versione rudimentale di piadina sono stati gli Etruschi, i quali furono i pionieri nella coltivazione e lavorazione dei cereali e quindi nella produzione di "sfarinate" (semplici sfoglie ottenute dall'impasto di diverse farine e acqua, senza lievito, e poi cotte su lastre di pietra roventi) che somigliavano molto all'attuale piadina, anch'essa preparata senza lievito e cotta su una piastra di metallo o di pietra. Le sfarinate, le rudimentali piade, continuarono ad essere prodotte anche nell'Antica Roma, dove rappresentavano un cibo da ricchi perchè dovevano essere mangiate appena cotte; già dopo qualche ora, infatti, diventavano dure e non masticabili, quindi non erano adatte ai plebei che, invece, avevano bisogno di un cibo che si conservasse a lungo.
Nel Medioevo ci fu un'inversione dei ruoli, per così dire: dato che tutti i prodotti lievitati erano di dominio e appannaggio esclusivi dei ricchi, sfarinate e piadine semplici, senza lievito, prodotte solo con farine meno pregiate, tipo quella d'orzo, e acqua, divennero il cibo dei poveri. Via via che nacquero le scuole di cucina e che la gastronomia divenne una vera e propria arte, la piadina fu relegata nell'angolo dei cibi poveri, era considerata un "pane rude", diffuso solamente tra i contadini e i ceti meno abbienti che aggiungevano anche ghiande e legumi secchi al suo impasto per renderla più nutriente e saziante possibile.
Durante il Novecento la piadina vive il suo periodo di rivalsa, inizialmente si diffonde su tutte le tavole romagnole, poi diventa un cibo di strada, preparata e cotta al momento dai chioschi lungo la costa adriatica e quindi, grazie ai turisti, già dagli anni Cinquanta ottiene una fama internazionale.
Il primo documento che testimonia un legame forte e indissolubile tra la piadina e la sua zona d'origine, la Romagna, risale al 1371, un testo in cui si legge che la città di Modigliana, in provincia di Forlì, doveva pagare al Cardinale Angelico ben due piade. Più recentemente, nel 1900, il poeta Giovanni Pascoli, originario di San Mauro di Romagna, scrisse una poesia dedicata alla piadina dove la definisce "il cibo nazionale dei romagnoli", donandole quindi sia una maggiore visibilità a livello nazionale che una maggiore dignità culinaria.
Ancora, nel 1920, l'intellettuale Aldo Spallicci creò una rivista chiamata "La Piè", dove analizzava le tradizioni culturali romagnole. Fin dai primi anni del Novecento, dunque, la piadina divenne una specialità gastronomica romagnola, un piatto di cui andare fieri ed orgogliosi.
Essendo molto vasto il territorio dove viene prodotta, non esiste un'unica ricetta della piadina, si parla piuttosto di diverse varianti locali: c'è chi mescola la farina di frumento con la farina di mais, chi usa ancora lo strutto come facevano le nonne e chi lo sostituisce con l'olio, chi usa un po' di lievito, ecc...Anche nell'aspetto le varie piadine romagnole non sono identiche: nella zona del riminese per esempio, è più fine e larga, man mano che si sale più a nord, verso Ravenna, diventa più spessa e stretta.
Di seguito, comunque, riporto una ricetta classica di piadina, alla quale chiunque può apportare le sue modifiche in base ai gusti personali. In alternativa, se non si ha voglia o tempo di preparare una piadina in casa, si può acquistare quella già confezionata di Fresco Piada, un produttore molto attento alla qualità che utilizza solo ingredienti genuini.
Munitevi di un testo romagnolo, è una padella di ghisa dal manico lungo, bassa, piatta e circolare, in alternativa si può utilizzare una padella di acciaio con fondo spesso, o anche una padella di alluminio antiaderente anche se l'alluminio ha una conducibilità troppo alta per questo tipo di preparazione e dunque la cottura sarà più critica perché occorrerà regolare in continuazione l'intensità della fiamma per evitare di bruciare la piadina.
La farina deve essere debole, W 180-200, cioè una farina per dolci, o crostate e biscotti, o anche per pasta fresca. Evitare la farina manitoba o quella per pizza.
In una ciotola capiente mescolare tutti gli ingredienti aggiungendo prima la farina poi lo strutto o l'olio, l'acqua o il latte, il sale e infine il bicarbonato o il lievito. Se si usa anche la farina di mais l'impasto sarà più giallo, se si aggiunge il latte anzichè l'acqua la piadina sarà più morbida. Traferire l'impasto su una spianatoia di legno e continuare ad impastare con le mani fino ad ottenere una palla liscia e omogenea. Riporre l'impasto in una ciotola coperta da un telo inumidito e lasciare riposare per circa mezz'ora. A questo punto dividere l'impasto in 4 palle più piccole e stenderne ognuna con un mattarello creando quattro spianate circolari sottili (circa 25-30 cm di diametro e 2-5 mm di altezza). Mettere sul fuoco il testo romagnolo e farlo riscaldare bene, forare la superficie delle piadine con i denti di una forchetta e poi cuocere una piadina alla volta a fiamma vivace per pochi minuti per lato, è bene girare la piadina spesso durante la cottura aiutandosi con una spatola. La piadina sarà pronta quando sulla sua superficie si formeranno delle bolle d'aria e assumerà un colore bruno.
La piadina può essere farcita a piacere con salumi, porchetta, formaggi morbidi come lo stracchino o lo squacquerone, rucola, pomodorini, verdure grigliate ecc... Nel caso la si volesse mangiare nella versione dolce consiglio di aggiungere un pizzico di zucchero al posto del sale nell'impasto e poi una farcitura di marmellata, cioccolata spalmabile, saba o savor, due prodotti tipici romagnoli, il primo è un mosto cotto, la seconda è una confettura preparata con mosto di uva nera, mele, pere e noci.
La piadina ha 300-350 kcal/hg a seconda della quantità di strutto che viene utilizzata. Dal punto di vista calorico è assimilabile a crackers e grissini, la nota dolente riguarda il peso specifico della piadina, decisamente più alto dei prodotti lievitati. Una piadina di dimensioni normali pesa più di 100 g (si arriva a 180 g per le piadine più spesse), con un apporto calorico che può superare abbondantemente le 500 kcal, alle quali bisogna aggiungere il ripieno che spesso è costituito da ingredienti ipercalorici come salumi e formaggi grassi. Per la piadina valgono dunque le stesse considerazioni dette a proposito della pizza: si tratta di un cibo di strada da consumare una volta ogni tanto, come sostituto del pasto, molto meno interessante (perché pericoloso per la linea) il suo consumo come sostituto del pane perché si tende a mangiarne molto di più.
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