L'anoressia è una sindrome che fa parte dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), che comprendono anche la bulimia, il binge eating disorder (disturbo da alimentazione incontrollata) e il night eating syndrom (sindrome da alimentazione notturna).
L'anoressia è conosciuta a livello scientifico da tre secoli, infatti il primo trattato medico, pubblicato a Londra, risale al 1694.
Tuttavia, questa malattia esiste da secoli, e quasi sempre è stata vissuta come forma di protesta nei confronti dell'ambiente sociale.
L'anoressia colpisce circa lo 0,5% dei giovani tra i 14 e i 20 anni (il 90% dei quali sono ragazze), l'inizio della malattia avviene, in genere, tra i 12 e i 18 anni.
Tra i sintomi più diffusi dell'anoressia, si segnalano:
Le conseguenze dell'anoressia possono essere varie e anche molto gravi, fino alla morte, che sopraggiunge nel 15% dei soggetti colpiti, in genere per insufficienza cardiaca o renale o per le infezioni.
L'anoressia esordisce quasi sempre con una dieta dimagrante, che procura una grande gratificazione e soddisfazione personale, soprattutto se il disagio e la sofferenza di partenza erano considerevoli.
La seconda fase dell'anoressia inizia quando termina lo stato di benessere dovuto alla perdita di peso, la mente del soggetto viene invasa progressivamente da pensieri ossessivi riguardanti il cibo. Tale desiderio di nutrirsi è così intenso che la persona diventa sensibile a ogni odore, profumo e stimolo riguardante il cibo, e tutto il resto viene messo in secondo piano: nasce così la paura di ingrassare e di perdere il controllo faticosamente acquisito. In tale fase si accentuano i rituali ossessivi e le regole rigide del comportamento alimentare: l'umore diviene depresso, irritabile, ansioso, e genitori e parenti che circondano la ragazza cominciano ad accorgersi che qualcosa non va e a criticare il suo comportamento.
Durante la terza fase dell'anoressia si accentuano sempre più le emozioni negative; vengono anche compromesse le funzioni delle attività mentali superiori come la concentrazione, la memoria, la capacità di giudizio critico.
Ci si trova quindi nell'impossibilità di seguire una normale attività sia scolastica che lavorativa, si diventa iperattivi, iniziano i disturbi del sonno.
Nello stadio finale dell'anoressia, che precede la morte, l'ossessione per il cibo lascia il posto a un profondo stato di depressione e di astenia: il soggetto non si rende più conto di cosa sta succedendo, e solo se costretto con la forza a mangiare è possibile un recupero.
Molte ragazze che sono uscite dall'anoressia hanno affermato che solo nella fase iniziale la capacità di comprensione rimane intatta e il pensiero orientato verso un forte desiderio di dimagrire, mentre dalla seconda fase in poi la lucidità di ragionamento è compromessa; dunque il trattamento dovrebbe iniziare quanto prima, altrimenti solo un forte processo di costrizione può far desistere una ragazza dal perseverare.
Personalmente ho sempre ritenuto che l'anoressia sia una malattia psicologica che ben poco c'entra con il modello estetico di magrezza proposto dai media, men che meno con il mondo della moda. Per questo, riporto questo pezzo di Umberto Veronesi, che a mio parere disegna molto bene uno degli aspetti sociali dell'anoressia. Sottolineo l'importanza dell'ultima frase: si fa un gran parlare dell'anoressia perché molto più tragica dell'obesità, ma non dimentichiamoci mai che la prima fa qualche migliaio di morti l'anno, la seconda diversi milioni con un costo sociale nemmeno lontanamente paragonabile.
"Si ritiene comunemente che il modello di magrezza imperante fra le modelle stia diffondendo il mito del "magro è bello" e stia spingendo tante ragazze nel tunnel della malattia. In realtà le radici del disagio delle giovani che rifiutano il cibo fino alla morte sono ben più profonde e affondano in un rapporto, appunto patologico, con l'alimentazione. Che il cibo abbia un valore anche culturale, non è una novità. Nelle vecchie generazioni era essenzialmente una conquista e un premio a fronte di un buon comportamento. Nelle famiglie, la punizione più comune per un bambino che si comportava male era andare a letto senza cena. Una malattia non va confusa con un capriccio. Oggi la disponibilità di cibo è tale che succede l'esatto contrario: è il bambino che ricatta la famiglia minacciando di non mangiare, se non ottiene qualcosa. Quando, però, quel "qualcosa" non è l'ennesimo capriccio, ma è un bisogno profondo di amore e di approvazione, il rifiuto del cibo diventa punizione nei confronti di chi non concede quell'amore. E poi anche nei confronti di se stessi, perché si è incapaci di guadagnarlo. In questi casi il rifiuto del cibo è un rifiuto “globale” della vita, non lontano dal meccanismo che spinge tanti giovani nelle braccia della droga. Spesso l'anoressia colpisce le ragazze ed esprime una competizione (o comunque un rapporto sbagliato) con la propria madre. Ed è in questo ambito che bisogna intervenire.
Non possiamo dunque limitarci a incolpare i modelli estetici, ma dobbiamo avere il coraggio di riconoscere i segni della solitudine esistenziale dei nostri ragazzi. Non è un caso se l'anoressia è completamente sconosciuta nei paesi più poveri, dove il cibo ha una valenza esclusivamente positiva. Invece in Italia si stima che oggi una percentuale fra lo 0,5 e l'1% delle nostre adolescenti si ammali di anoressia nervosa.
Siamo di fronte, dunque, a una tipica malattia del benessere consumistico. Non dimentichiamo che il vero problema socio-sanitario dei nostri tempi è legato all'eccesso di cibo: l'obesità."
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