Tra i tanti materiali che utilizziamo in cucina, e che ogni giorno vengono in contatto con i nostri alimenti, ci sono i contenitori in plastica. Li utilizziamo praticamente sempre, per necessità di vario tipo: portare il pranzo in ufficio, conservare alimenti in frigo o in congelatore, riporre ingredienti secchi (come l'aglio, il sale o il pepe); tutti alimenti che non sono destinati ad essere buttati, ma mangiati.
Sappiamo, anche solo per sentito dire, che la plastica non è uno dei materiali più salutari, per noi, e nemmeno per l'ambiente. Perciò, in questo articolo cercheremo di capire meglio come si scelgono i contenitori in plastica, e quali sono più o meno adatti alla conservazione dei nostri alimenti. Il problema principale, infatti, è la migrazione delle materie plastiche, ovvero il fatto che le materie plastiche passino all'interno dell'alimento e noi le mangiamo.
Questi materiali possono essere inerti, ovvero ingeriti ed espulsi senza essere assorbiti dall'organismo, o dannosi, perché alcune materie plastiche sono degli interferenti endocrini.
Le materie plastiche per alimenti sono strettamente regolamentate, e rientrano dal punto di vista normativo all'interno del gruppo di prodotti che sono i MOCA, i Materiali a Contatto con gli Alimenti, insieme a pellicole, alluminio e tutto ciò che, appunto, può venire in contatto con ciò che mangiamo. La plastica, peraltro, è forse il materiale più normato (i Reg. CE 282/2008, 975/2009, 10/2011 sono tutte normative europee relative alla plastica negli alimenti, per cui il settore è tenuto molto sotto controllo) e questo dipende, chiaramente, dai tantissimi tipi di plastica esistenti. La maggior parte di queste plastiche non sono alimentari.
Tra le plastiche alimentari, però, ce ne sono alcune che sono idonee al contatto con gli alimenti, per cui hanno un utilizzo più ampio, mentre sono numericamente inferiori quelle idonee alla conservazione degli alimenti. Esempio banale, un bicchiere o un piatto di plastica sono idonei al contatto con gli alimenti, ma non alla loro conservazione, mentre un contenitore apposito può anche essere utilizzato per conservare. Questo perché la migrazione dei materiali da un bicchiere di plastica è trascurabile nelle poche ore in cui si utilizza, mentre se stesse a contatto con degli alimenti per diversi giorni inizieremmo ad avere qualche problema. Di questo bisogna tenere conto perché capita non di rado di lasciare a lungo del cibo dentro un bicchiere di plastica o un piatto di plastica.
In linea generale, per sapere se una plastica è idonea o meno al contatto con gli alimenti si fa sempre riferimento al simbolo della forchetta e del bicchiere, introdotto dal Reg. CE 1935/2004, con il quale l'azienda dichiara che il materiale è idoneo al contatto con i cibi. Al contatto, però, perché non si fa riferimento alla temperatura di contatto o alla conservazione; questo perché i polimeri usati (la "base" della plastica") cambiano così tanto da materiale a materiale che sarebbe impossibile raccogliere tutte le informazioni in un simbolo, e in ogni caso le altre informazioni non sono state standardizzate.
Per cui, per sapere se quel materiale è idoneo o meno al contatto, l'unica cosa che possiamo fare è leggere le istruzioni del contenitore (si, quelle che di solito si buttano via subito...), dove si trova scritto se il prodotto è idoneo alla lavastoviglie, al contatto con la fiamma e con le alte temperature, all'inserimento nel microonde, alla conservazione degli alimenti.
Questo vale per tutti i prodotti in plastica: ad esempio, su una confezione di contenitori in plastica, casuale, trovata in casa leggo "Non usare il recipiente per alimenti/liquidi al di sopra dei 40°", perché il rispetto della normativa che abbiamo menzionato prima e quindi delle condizioni (compare il simbolo di forchetta e bicchiere) per cui la migrazione non avviene c'è soltanto quando viene rispettato questo limite nell'utilizzo. Se ci metto un alimento caldo, la plastica potrebbe migrare; devo quindi optare per un altro contenitore.
Da notare che in etichetta, per la plastica, devono comparire anche la ragione sociale e l'indirizzo dello stabilimento in cui il prodotto è stato confezionato, nonché il numero di lotto, che serve a non utilizzare quel contenitore nel caso fosse segnalato, tramite sistemi di allerta, che quella partita di plastica è difettosa.
L'etichetta della plastica per alimenti non è esauriente come quella degli alimenti stessi, e soprattutto non è standardizzata. L'unico simbolo che troviamo sempre e comunque è quello della forchetta e del coltello, oltre a quello dell'omino e del cestino (che significa "non disperdere nell'ambiente dopo l'uso", ma non riguarda il contatto con gli alimenti).
I simboli che invece possono essere utili sono quelli relativi al riciclaggio, che possono dare informazioni sulla possibilità di riciclare quel prodotto. Non è una cosa strettamente alimentare, e comunque è volontaria per cui si può non trovare senza che il contenitore sia illegale (a differenza di forchetta e bicchiere). ìSe c'è, abbiamo delle informazioni in più, mentre se non compare dobbiamo fare riferimento solo alle indicazioni contenute sull'etichetta.
Nel caso in cui il simbolo compaia, notiamo tre freccette che ruotano su di loro, formando un triangolo; all'interno possiamo trovare un codice numerico (che per la plastica va da 01 a 07, più alto indica altri materiali) e sotto una sigla composta da alcune lettere. Vediamo che cosa significano le sigle per quanto riguarda la plastica.
Queste le indicazioni per capire, nei limiti del possibile, che cosa contengano i materiali plastici e quanto siano pericolosi per la nostra salute. Da notare che, se possibile, quando andiamo ad acquistare questi contenitori è sempre importante controllare tutte le informazioni a disposizione, e se possibile preferiamo quelli con il codice di riciclaggio bene in vista, evitando i codici 3, 6 e 7: è vero che non è obbligatorio, ma quando si tratta della nostra salute è sempre meglio avere qualche garanzia in più.
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