Ormai tutti sanno che esistono grassi buoni e grassi cattivi, soprattutto nei confronti della salute del cuore. E la maggior parte delle persone è anche convinta del fatto che i grassi nocivi siano quelli presenti nella carne e negli alimenti di origine animale in genere (dunque anche nelle uova e nei latticini), mentre i grassi migliori in assoluto siano quelli di origine vegetale, con pesce e olio di oliva al primo posto.
Queste convinzioni sono giuste, in linea di massima, tuttavia volendo ampliare un poco i propri orizzonti, approfondendo il discorso, si scoprirebbe che le cose non stanno esattamente così. Semplificando in questo modo il discorso, infatti, si tende spesso a penalizzare eccessivamente alcuni alimenti in favore di altri, con il rischio di non avere particolari benefici per la salute, a fronte di una penalizzazione certa nella qualità di vita a tavola.
In questo articolo cercherò di sfatare alcuni luoghi comuni, di inquadrare il discorso in modo un po' più approfondito, al fine di elaborare una strategia per la scelta della qualità dei grassi da introdurre nella nostra alimentazione, che sia la più efficace possibile in termini salutistici e gastronomici.
Iniziamo mettendo in chiaro una cosa fondamentale: non esistono cibi buoni e cattivi, bisogna sempre e comunque valutare l'alimentazione nel suo complesso. Un soggetto che si cibasse solo ed esclusivamente di alimenti contenenti grassi buoni, avrebbe con tutta probabilità qualche problema di salute, per un motivo molto semplice: il nostro organismo necessita di tutti i grassi, sia quelli buoni, che quelli cattivi. Questa distinzione è nata dalla semplice constatazione che nella società occidentale, un eccesso di grassi saturi (di origine prevalentemente animale) è molto più probabile, rispetto ad un eccesso di grassi insaturi (di origine prevalentemente vegetale).
La parola chiave è come sempre equilibrio: qualunque tipo di grasso, se in eccesso, diventa cattivo. Se vuoi sapere qual è la ripartizione ideale dei grassi nella dieta, ti rimandiamo a questo articolo dove trattiamo il problema in modo dettagliato. Le linee guida per una sana alimentazione indicano come "ideale" una ripartizione dei grassi alimentari equamente suddivisa tra grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi, che si raggiunge alternando fonti di grassi animali e vegetali, e garantendo un sufficiente apporto di pesce grasso nella dieta.
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Se prendiamo un trancio di salmone, ricchissimo di omega 3, i grassi "buoni" per eccellenza, e lo grigliamo ad alta temperatura, generando quella bella crosticina che piace agli amanti del barbeque, stiamo generando dei composti tossici proprio a causa del fatto che il salmone è ricco in omega 3. Questi grassi sono particolarmente sensibili alla temperatura: si degradano facilmente generando composti che non solo non sono benefici, ma che possono addirittura diventare nocivi.
Lo stesso vale per gli oli di semi (di girasole, di lino, di arachide, ecc), che se ottenuti solo da procedimenti meccanici ("spremuti a freddo"), andrebbero addirittura conservati in frigorifero e in bottiglie scure, perché particolarmente senbili alla luce e alla temperatura. Se invece sono ottenuti per raffinazione, perdono gran parte dei loro benefici e a quel punto, meglio puntare sul classico olio extravergine, che contiene grassi potenzialmente "meno buoni" (perché monoinsaturi) ma non essendo sottoposto a raffinazione, è certamente migliore.
Anche i grassi saturi, se maltrattati abbastanza, generano composti nocivi: anche se usiamo lo strutto o l'olio di palma per friggere, molto resistenti alle alte temperature, otteniamo comunque una certa degradazione dei grassi, che non è di certo benefica per la salute.
Questo significa che non possiamo mangiare fritti o non dovremmo grigliare mai il salmone? No, significa semplicemente che non dobbiamo scegliere il tipo di grassi solamente in base all'origine, ma dobbiamo considerare altri fattori, come per esempio la conservazione e il tipo di cottura.
Qualunque grasso, se sottoposto ad alte temperature, andrebbe considerato "cattivo". Anche se è "buono" in origine.
La strategia che propongo, che non prevede di stare lì col bilancino a pesare qualunque alimento, né di ossessionarsi ogni volta che mangiamo una fetta di salame, si basa sul semplice buonsenso e prevede le seguenti regole:
Il primo punto cosa c'entra con i grassi? Tantissimo. Perché è molto meglio essere magri e mangiare grassi sbagliati, piuttosto che essere in sovrappeso (o peggio obesi) e assumere i grassi giusti. Non esistono grassi buoni o cattivi per chi ne assume troppi.
O in altre parole: i grassi più cattivi in assoluto sono quelli che ci fanno ingrassare.
Detto questo, quali sono i grassi buoni, da assumere regolarmente nella nostra alimentazione? Lo abbiamo appena visto:
I primi vanno preferiti perché non sono dannosi, mentre quelli sottoposti ad alta temperatura lo sono, e abbiamo visto che, paradossalmente, sono più nocivi quelli insaturi rispetto a quelli saturi.
I secondi sono necessari per il corretto funzionamento dell'organismo: sono contenuti soprattutto nel pesce grasso e qualora non si riuscisse ad assumerli nelle giuste quantità, si può ricorrere agli integratori.
Se rispettiamo queste indicazioni, se siamo in peso forma e se pratichiamo un'attività fisica sufficientemente intensa e frequente, non dobbiamo avere paura dei grassi cosiddetti cattivi: basta il buon senso, ovvero evitare di cibarsi solo di alimenti di origine animale, ma alternare il consumo di cibi animali e vegetali.
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