Sono innumerevoli le tipologie di birra esistenti al mondo, più o meno una cinquantina, almeno le più famose.
Viene da stupirsi se si pensa a come la combinazione di soli 4 ingredienti (acqua, orzo, luppolo e lievito) possa creare così tanti gusti e stili diversi di birra, che si differenziano per tanti fattori, tra cui ricordo i principali.
Ma la principale differenziazione che raggruppa gli stili birrai si basa sul tipo di fermentazione.
Tutte le categorie merceologiche della birra possono essere fatte risalire al gruppo di appartenenza in base a 3 tipo di fermentazione messa in atto:
Le birre a bassa fermentazione sono tutte quelle birre prodotte ad una temperatura compresa tra i 5 e i 10°C, che impiegano circa 5 o 6 settimane di maturazione e che fanno uso di ceppi di lieviti appartenenti al genere Saccharomyces Carlsbergensis.
Il nome di questo lievito deriva dal fatto che il suo scopritore, Emil Christian Hansen, stava lavorando nella fabbrica della Carlsberg quando lo scoprì nel 1882. Questo particolare lievito, una volta portata a termine la fermentazione, scende nel fondo del tino dove si sedimenta e forma una sorta di marmellata che può essere riutilizzata per una produzione successiva.
Le birre a bassa fermentazione sono le più diffuse al mondo con circa il 90% della produzione totale mondiale, di questa categoria fanno parte tutte le Lager (americane o europee), le Pils (tedesche o ceche), le Bock (tedesche), le Rauch (tedesche), le Marzen e le Munchner (di Monaco di Baviera), le tipo Vienna (austriache), le Dry (giapponesi), le Ice (americane).
Generalmente sono accomunate da un gusto secco, deciso e alquanto amarognolo, in gergo detto "luppolato", e hanno un colore trasparente e brillante.
Le birre ad alta fermentazione rappresentano circa un 10% della produzione di birra mondiale, eppure sono le preferite dagli anglosassoni. Si caratterizzano per essere prodotte ad una temperatura compresa tra i 15 e i 25°C, per un periodo di maturazione molto breve, circa 15 giorni, e per l'impiego di un ceppo di lieviti chiamati Saccharomyces Cerevisiae.
Questi lieviti, a differenza di quelli adatti alla bassa fermentazione che si sedimentano sul fondo, rimangono sempre in superficie, formando un cappello sulla cima del tino, che funge da trappola per le bollicine di CO2, e poi, una volta terminata la fermentazione, la coltre di lieviti può essere asportata con grandi cucchiai e riutilizzata.
A questa categoria appartengono le Ale (belghe, scozzesi o inglesi), le Trappiste e le Abbazia (belghe), le Blanche (belghe), le Weizen o Weiss (tedesche), le Saison (belghe), le Barley Wine (inglesi), le Berliner (tedesche), le Oud Bruin (belghe), le Stout (irlandesi) e le Porter (inglesi).
Sono generalmente birre dal colore opaco e torbido, molto profumate e dal gusto più fruttato e agrumato rispetto a quelle a bassa fermentazione.
Un discorso a parte va fatto per le birre a fermentazione spontanea, la cui fermentazione, cioè, avviene all'aria aperta, in tini lasciati scoperti di modo che possano essere attaccati dai batteri e dai lieviti presenti naturalmente nell'ambiente.
Questa particolare tecnica di produzione è antichissima ed esiste solo in Belgio, in particolare nella zona chiamata Payottenland, vicino Bruxelles, dove nell'aria girano questi particolari lieviti, i Batteriomyces Bruxellensis e i Batteriomyces Lambicus, che andando a contatto con il mosto creano birre dal gusto molto acidulo, con note fruttate.
La produzione di queste birre avviene solo nel periodo compreso tra ottobre ed aprile, poiché questi lieviti con il caldo estivo danno vita a fermentazioni anomale e insoddisfacenti. Rappresentano neanche l'1% del mercato mondiale di birra e vengono consumate quasi esclusivamente in loco.
Queste birre vengono chiamate anche Lambic (dal nome dei batteri).
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