Per capire se la dieta abbassi o meno il metabolismo è necessario andare a vedere il modo in cui il nostro organismo immagazzina le energie che assumiamo ma anche il modo in cui le consuma.
La quantità di energia spesa durante la nostra giornata, quello che viene definito nel linguaggio comune come "metabolismo", ossia il TDE, è la somma di più componenti. Una di queste è la quantità di energia spesa a riposo, o REE, utilizzata per svolgere le normali funzioni dell'apparato cardiocircolatorio e di quello respiratorio, nonchè per il mantenimento dell'equilibrio omeostatico a livello intra- ed extra- cellulare. Questo è definito anche metabolismo basale e impiega circa il 60% della spesa energetica totale. La seconda componente è la termogenesi indotta dalla dieta, o TEF, ossia l'energia spesa per la digestione. Essa corrisponde a circa il 5-10% delle calorie totali. La terza e ultima componente è l'energia utilizzata quando l'organismo non è a riposo, ossia la NREE, che viene usata per svolgere l'attività fisica, nonchè tutte le altre attività quotidiane. Esso occupa circa il 30-40% delle calorie totali consumate.
Nel corso dell'evoluzione dell'uomo, il corpo si è sviluppato in modo da conservare le energie assunte attraverso gli alimenti, per fra fronte ad eventuali situazioni di carestia. Solo nei nostri tempi moderni, infatti, si ha una grande abbondanza di cibo; in passato, in particolare nei primi periodi dell'evoluzione umana, il digiuno e le carestie potevano durano molto a lungo. Avere quindi la capacità di immagazzinare energia nel tessuto adiposo sottoforma di grasso, o in minima parte come proteine e glicogeno muscolare, costituiva un grande vantaggio dal punto di vista evolutivo. Il metabolismo efficiente è in realtà quello che è in grado di conservare energie e svolgere le attività con la minor spesa energetica.
Il nostro genoma possiede geni e alleli che codificano per queste funzioni e vi sono dei fini meccanismi di controllo che coordinano la conservazione e il consumo dell'energia. Vi è un limite alla quantità di energia che il corpo umano può bruciare, come se fosse un freno che impedisce di esaurire in modo eccessivo le riserve energetiche. Esso è rappresentato da quello che viene definito "massimo tasso metabolico" o "sustained metabolic rate" ed è un valore multiplo del metabolismo basale.
Oggi, abbiamo libero accesso al cibo e la nostra vita è molto più sedentaria di quella che facevano gli esseri umani solo fino a poche decine di anni fa. Di conseguenza, aumenta l'obesità, sopratutto nel mondo occidentale. I geni, quindi, che regolano l'immagazzinamento dell'energia, devono far fronte a questi cambiamenti nello stile di vita. Vi sono delle variabili individuali, dovute ad un diverso assetto genetico, che predispongono in misura maggiore o minore all'obesità, in dipendenza però delle proprie abitudini di vita. Alcuni studi hanno dimostrato come alcuni individui, nello stesso ambiente favorente l'obesità, hanno diverse tendenze ad immagazzinare energie ed una diversa capacità di rispondere a livello metabolico all'aumento e alla diminuzione dell'energia introdotta o consumata.
Il sistema nervoso centrale regola i meccanismi che coinvolgono la conservazione dell'energia e il suo consumo, ma le persone obese e quelle invece normopeso possono presentare delle differenze in merito: ecco cosa significa quando si parla di metabolismo lento e veloce.
Sono diverse le cause del rallentamento del metabolismo. Alcuni studi hanno visto che solo in alcuni casi si ha il mantenimento del peso corporeo raggiunto in seguito ad una dieta ipocalorica, e questo è dovuto a precise strategie che coordinano l'energia introdotta e consumata in un complesso meccanismo che coinvolge anche l'apparato neuroendocrino, ma che è mediato anche da segnali che coinvolgono il tessuto adiposo e l'apparato gastrointestinale, il tutto controllato dal fegato e dal sistema nervoso centrale.
In seguito alla riduzione del peso corporeo, è stato visto che si hanno delle modifiche nella capacità del corpo di consumare energia. Una persona precedentemente obesa, avrà la necessità di 300-400 kcal in meno per mantenere un determinato peso corporeo raggiunto, rispetto ad un'altra persona che non è mai stata obesa e che ha lo stesso peso e composizione corporea. Questa diminuzione della spesa energetica si ha sopratutto in soggetti che hanno perpetrato la perdita di peso per lunghi periodi di tempo, che possono andare da 6 mesi a 7 anni.
Alcuni studi hanno però visto che la riduzione della spesa energetica non riguarda la porzione del TEF, ossia della termogenesi indotta dalla dieta, che non sembra diminuire in seguito alla riduzione del peso corporeo.
Altre ricerche mettono in evidenza come la riduzione del metabolismo basale in seguito alla perdita di peso sia in realtà minima e poco rilevante, andando a costituire circa il 10-15% della riduzione totale della spesa energetica.
La riduzione più evidente nella spesa energetica si ha invece nella porzione metabolica che riguarda la NREE, ossia le calorie consumate non a riposo. Questo conferma ancora in misura maggiore come l'esercizio fisico sia fondamentale per la riduzione del peso corporeo.
Nel rallentamento del metabolismo, e quindi in un minor mantenimento del peso corporeo ridotto, agiscono anche variabili individuali, dovute alla diversa risposta nella produzione del cortisolo, ossia l'ormone dello stress, in seguito all'evento comunque stressogeno che è la dieta ipocalorica. A seconda, quindi, del genere, dell'età, del tipo di regime alimentare seguito e della stabilità del peso corporeo raggiunto, si può avere un aumento, una riduzione o addirittura nessuna variazione nei livelli di cortisolo circolanti.
Inoltre, è stato visto che in seguito alla riduzione del peso corporeo si ha anche una diminuzione del senso di sazietà che è accompagnata dallo stesso andamento nella spesa energetica. Questo predispone di conseguenza ad un più semplice recupero del peso corporeo perso.
Il blocco e il rallentamento del metabolismo possono essere dovuti a varie cause, fra cui lo stress, la carenza di sonno, un regime eccessivamente restrittivo nella quota di carboidrati assunti, un'infiammazione oppure un adattamento alla dieta che si sta seguendo.
Per il mantenimento del peso corporeo raggiunto in seguito ad una riduzione, intervengono molti meccanismi diversi, in cui sono coinvolti vari distretti corporei. In particolare, si ha un aumento dell'attività dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene, una riduzione di quello ipotalamo-ipofisi-tiroide e di quello ipotalamo-ipofisi-gonadi.
Gli ormoni tiroidei agiscono sulla spesa energetica, andando ad incrementarla in seguito all'aumento della pressione sanguigna e del consumo di ATP (cioè l'energia chimica prodotta dall'ossidazione dei macronutrienti) da parte del muscolo. Infatti, i soggetti che hanno un deficit nella produzione degli ormoni tiroidei tendono ad accumulare più peso rispetto a quelli affetti invece da ipertiroidismo. In seguito alla riduzione del peso corporeo, ma anche durante il mantenimento del peso raggiunto, è stata osservata la riduzione dei livelli circolanti dell'ormone tiroideo T3.
Il TSH è un ormone secreto dall'ipofisi che stimola la produzione degli ormoni tiroidei. Questo ormone non sembra diminuire in seguito alla restrizione calorica, ma si ha una riduzione del TRH, ormone che stimola a sua volta la produzione del TSH e che è secreto dall'ipotalamo.
In questo contesto, anche il sistema nervoso autonomo svolge un ruolo importante nella spesa energetica, perchè è coinvolto nei segnali che regolano l'immagazzinamento dell'energia, nonchè il suo utilizzo. In seguito alla perdita del peso si hanno dei cambiamenti a livello nervoso, andando a regolare anche le modifiche che avvengono a livello endocrino.
In un soggetto che deve invece guadagnare peso, e mantiene quindi un elevato peso corporeo, si osserva un aumento della concentrazione degli ormoni tiroidei T3 e T4, nonchè anche del tono del sistema nervoso autonomo, una maggior spesa energetica nella porzione del metabolismo che coinvolge le attività effettuate non a riposo (NREE) e anche un aumento della spesa energetica totale (TDE). Inoltre, si ha anche un aumento dei livelli circolanti di leptina e una maggior efficienza muscolare. I meccanismi fisiologici ed endocrini si oppongono maggiormente alla riduzione del peso piuttosto che al suo aumento.
Un altro ormone coinvolto nell'abbassamento del metabolismo è la leptina, la cui riduzione è osservata in seguito alla perdita del peso e durante la fase del mantenimento. La leptina è un importante mediatore dei meccanismi che stanno alla base della spesa energetica e dell'immagazzinamento dell'energia. Essa è prodotta dagli adipociti e ha una concentrazione nel sangue che aumenta con il crescere della massa grassa. Essa ha effetto anoressizzante, ossia contrasta l'iperfagia e diminuisce la fame. Infatti, sia nei topi che negli esseri umani è stato osservato un aumento dell'iperfagia in caso di deficit di leptina.
Questo effetto della leptina è dovuto alla sua capacità di regolare, aumentandoli, neuropeptidi anoressizzanti, come POMC. Inoltre, essa determina una riduzione di quelli oressigeni, che inducono cioè sensazione di fame, fra cui il neuropeptide Y.
In seguito alla riduzione della massa grassa, si ha una concomitante diminuzione della leptina e di conseguenza si ha una maggior sensazione di fame, stimolando quindi una maggior assunzione di cibo. A questo proposito, alcuni studi hanno proposto la somministrazione di leptina in essere umani e in cavie animali che ne sono carenti, avendo come effetto l'aumento della spesa energetica, la diminuzione dell'introito calorico e l'aumento dell'attività del sistema nervoso simpatico. Inoltre, si ha anche una normalizzazione della funzionalità dell'asse ipotalamo-ipofisi-tiroidi e surrene. Questa somministrazione di leptina, determina un aumento nel plasma di questo ormone 10 volte maggiore rispetto ai valori fisiologici. In ogni caso, potrebbe essere un approccio farmacologico da approfondire per aiutare nel mantenimento del peso corporeo perso.
Lo stress può determinare un rallentamento nella perdita del peso per diversi motivi. Fra questi abbiamo una maggior richiesta di cibi dolci e una maggior sensazione di fame. Inoltre, si ha anche un aumento nella produzione del cortisolo, ossia l'ormone dello stress. In particolare nelle donne, specie in quelle in menopausa in cui si ha un aumento fisiologico dei livelli di cortisolo circolanti, il cortisolo stimola un risparmio energetico, portando ad una maggior deposito addominale del grasso. Uno studio ha dimostrato che si ha una maggiore riduzione del peso corporeo in seguito ad un programma di gestione dello stress, che include anche un rilassamento a livello muscolare.
Una dei fattori che maggiormente incidono sulla spesa energetica è l'attività fisica che, come abbiamo visto, incide maggiormente sulla spesa energetica totale. Essa è la principale componente che consente il mantenimento del peso raggiunto in seguito alla riduzione della massa grassa. Questo risultato è maggiore se si aumenta l'intensità dell'attività fisica effettuata. Questo è dovuto all'aumento dell'efficienza muscolare in seguito alla riduzione del peso corporeo e ad un maggior utilizzo degli acidi grassi liberi come fonte energetica da parte dei muscoli.
Dal punto di vista biochimico, infatti, si osserva come in seguito alla perdita di peso si ha la diminuzione degli enzimi coinvolti nella glicolisi e nell'ossidazione, aumentando di conseguenza l'efficienza dell'ossidazione degli acidi grassi liberi.
Dal punto di vista nutrizionale sono diverse le strategie che possono essere adottate al fine di evitare un rallentamento del metabolismo. Esse dipendono dal soggetto e dalla sua storia dietetica passata, cioè dal regime alimentare che ha seguito nel corso della sua vita. In molti casi, solo l'aiuto di un professionista della nutrizione potrà "sbloccare" determinate situazioni.
In linea generale, si dovrebbe evitare di seguire diete ipocaloriche per periodi di tempo eccessivamente lunghi. Ogni 2-3 mesi si dovrebbe fare una "pausa" di circa 2 settimane in cui si segue comunque un'alimentazione sana ma normocalorica.
Inoltre, durante il periodo di perdita di peso, è bene inserire durante la settimana dei pasti ricchi di carboidrati, che fungano da pasti liberi. Essi sono molto importanti per evitare un eccessivo abbassamento del metabolismo e quindi un blocco nella perdita del peso. Per lo stesso motivo, in alcuni casi si può valutare la ciclizzazione dei carboidrati o delle calorie, strategia che di solito funziona in menopausa come strategia per accelerare il metabolismo.
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